Licenziamenti alla Venchi.
Sabato 28 dicembre, in una Firenze caotica invasa da turisti provenienti da ogni angolo del mondo, a poche centinaia di metri dal Duomo, un presidio promosso dalla Cub e dal Collettivo Politico 13 Rosso (con l'adesione del Sindacato Generale di Base) raggruppava decine di lavoratori e solidali contro i licenziamenti alla Venchi, azienda alimentare fondata 144 anni fa, sede a Cuneo ma da anni presente nel capoluogo Toscano con numerosi punti vendita. Una azienda con marchio (produttore di cioccolato) noto in tutto il mondo e un fatturato annuo da 80 milioni di euro.
Abbiamo chiesto ad uno dei licenziati di spiegarci le ragioni di questa vertenza e testualmente riportiamo la sua testimonianza
Circa un anno fa, io e altri due miei colleghi siamo stati licenziati
per una storia che rasenta l'inverosimile. Tutto inizia in una normale
giornata di lavoro. Erano quasi le tre del pomeriggio e prima di finire
il mio turno di lavoro, ricordo di essere sceso nello spogliatoio per
andare al bagno, quando nel passare vicino nell'armadietto di un mio
collega ho avvertito un evidente odore di marijuana, al che, quasi
istintivamente mi è venne da esclamare: "qualcuno ha portato il
ramerino?", scambiando una serie di battute con uno dei ragazzi poi
licenziati presente in quel momento nello spogliatoio.
Una
volta finiti i miei bisogni fisiologici tornai in laboratorio per
terminare le ultime cose che avevo da fare. Concluso il turno di
lavoro, ritornai nello spogliatoio per cambiarmi e vi trovai un altro
mio collega che ammise essere il possessore della marijuana,
specificando da subito di averla regolarmente acquistata in un negozio in Via del Corso(quindi un prodotto legale ..n.d.r). Dopo
un altro scambio di battute, avvenute sempre all'interno dello
spogliatoi riguardo il forte odore emanato, tra me e gli altri due
colleghi licenziati, me ne sono andato a casa.
Il giorno seguente, al mio arrivo a lavoro, fui convocato nell'ufficio del negozio in cui era presente il Capo Area, il quale mi spiegò che una collega gli aveva riferito di ciò che era avvenuto il giorno prima, ovvero che qualcuno aveva portato della marijuana nel negozio e che io e un altro collega ne eravamo a conoscenza, ragion per cui avremmo dovuto denunciarlo, per l'azienda era inaccettabile che qualcuno portasse determinate sostanze all'interno del negozio.
Il giorno seguente, al mio arrivo a lavoro, fui convocato nell'ufficio del negozio in cui era presente il Capo Area, il quale mi spiegò che una collega gli aveva riferito di ciò che era avvenuto il giorno prima, ovvero che qualcuno aveva portato della marijuana nel negozio e che io e un altro collega ne eravamo a conoscenza, ragion per cui avremmo dovuto denunciarlo, per l'azienda era inaccettabile che qualcuno portasse determinate sostanze all'interno del negozio.
La richiesta di "delazione" fu però immediatamente rimandata al mittente sia da me che dall'altro ragazzo.
Dopo un paio di giorni, una volta arrivato a lavoro, mi fu consegnata dalla store manager una busta contenente la lettera di sospensione a tempo indeterminato sia per me che per gli altri due lavoratori in questione.
Passati circa quindici giorni, fummo chiamati ed "interrogati" individualmente, dovevamo scegliere tra licenziarci e una denuncia per detenzione e spaccio di stupefacenti, ma pure questa richiesta venne declinata da tutti e tre.
La settimana seguente avvenne un ulteriore incontro questa
volta collettivo, nell'ufficio dell'avvocato di Venchi, dove era
presente anche l'AD di Venchi. Durante l'incontro, esponemmo "a muso
duro" le nostre ragioni specificando il fatto la richiesta di licenziarsi
per evitare un'azione penale, era inaccettabile e che non ci
saremmo fermati davanti a queste pressioni. Dopo due
giorni ci furono consegnate le lettere di licenziamento per aver violato
il regolamento aziendale imputandoci di essere venuti meno ai principi di correttezza e buona fede, detto in altri termini era venuta meno la fiducia dell'azienda
nei nostri confronti. Un licenziamento che giudico ingiusto alla luce di quanto sopra riportato, per questo ho intrapreso una causa con il sostegno sindacale (della Cub) e politico di varie realtà tra le quali il Collettivo Politico 13 Rosso.
Il processo è iniziato da circa due mesi, per ora non c'è niente di nuovo, ma si va avanti sia per vie legali che con la lotta sindacale.
Sorgono spontanee alcune riflessioni
- Di quale danno di immagine si sta parlando? Il danno di immagine è piuttosto causato dalla campagna sindacale intrapresa contro il licenziamento, un ritorno negativo dopo i licenziamenti impugnati con il ricorso alla Magistratura del Lavoro.
- Le battute tra lavoratori sono avvenute lontano dai clienti, sicuramente travisate e di fatto hanno colpito dei lavoratori sindacalizzati in una azienda dove quasi nessuno sciopera stando ai dati fornitici da alcuni dipendenti.
- Mentre il Parlamento esistono quasi 10 proposte di legge per la liberalizzazione della Canapa light, continuano gli atteggiamenti oscurantisti da parte di numerosi datori di lavoro
- l'amministratore delegato del gruppo è tra i finanziatori di Italia Viva e di Matteo Renzi (https://www.lettera43.it/daniele-ferrero-renzi-venchi/), tra i finanziatori dell'ex presidente del Consiglio non mancano esponenti dell'imprenditoria già noti per non essersi fatti troppo scrupoli nel lasciare a casa lavoratori alle loro dipendenze (http://www.ilgiornale.it/news/politica/quanto-fico-fare-impresa-farinetti-lascia-casa-90-1489971.html; https://www.iltempo.it/politica/2014/08/31/news/farinetti-caccia-meta-dei-dipendenti-a-firenze-primo-sciopero-di-eataly-952492/)
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