Unità, fratellanza, donazioni ...ma come si mangia?


Se il sistema palesa crepe e contraddizioni  i governanti corrono ai ripari, intanto i datori di lavoro pubblico e privati chiedono collaborazione ai loro dipendenti, di moderare i toni e  non essere conflittuale al sindacato.

A chi giova il conflitto e poi come sarebbe possibile  attuarlo in presenza di questa emergenza? Scioperare, esigere igienizzazioni e sanificazioni dei luoghi di lavoro, pretendere lo smart working e il rispetto delle normative di sicurezza è oggi cio' che possiamo\dobbiamo fare insieme agli ammortizzatori sociali per quanti restano senza lavoro e con la produzione bloccata

I problemi non sono rappresentati dai linguaggi aspri o dal mancato rispetto delle forme, le proteste di quanti non hanno i soldi per vivere ( nonostante la censura mediatica di chi vorrebbe impartire lezioni  di democrazia alla Cina) iniziano a occupare le cronache dei giornali, la sostanza del problema è che il contagio va acuendo le disuguaglianze economiche e sociali, le disparità di trattamento tra lavoratori a seconda delle funzioni svolte.

Non faremo il pieno di adrenalina di fronte alle rivolte del pane, vorremmo solo evitare atteggiamenti ipocriti da unità nazionale, le morali dei vertici dello Stato, delle banche e delle istituzioni in generale che hanno imposto tetti di spesa, politiche di austerità e un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento selvaggio della natura . 

Sono gli stessi ad avere delocalizzato per anni le produzioni di quei dispositivi di protezione individuale che oggi arrivano in dono da Cuba , Russia e Cina, sono gli stessi ad avere aspettato l'8 Marzo per la Gara Consip di acquisto delle mascherine. Sono gli stessi ad avere stravolto la sanità pubblica a colpi di tagli e spending review, gli stessi fautori, fino a pochi giorni fa,  dell'autonomia differenziata, degli egosimi regionali che rischiano di gettare sul lastrico intere regioni del paese . 

Consigliamo di leggere in questi giorni Repubblica e Corriere, i due grandi giornali a tiratura nazionale che obiettano sulle statistiche ufficiali di morti e contagi e denunciano come una buona parte delle mascherine non sia mai arrivata a destinazione. Perfino i quotidiani nazionali di sistema non sono teneri verso le scelte dell'Ue e del sistema Italia.

Allora chiediamo per quale ragione dovrebbero essere le vittime delle politiche di austerità a tacere, oppure i medici e il personale sanitario (51 medici morti e quasi 6500 contagiati) che subiscono sulla loro pelle, e a costo della loro vita, i tagli alla sanità pubblica.

Come chiedere il silenzio a tutti quei lavoratori, o lavoratrici, costretti ad andare a lavoro, e a a rischiare la pelle,  perchè le loro prestazioni vengono giudicate essenziali anche quando tali non sono, come imporre la quarantena della parola agli esclusi dagli ammortizzatori sociali che magari dovranno  indebitarsi con le Banche (se lor signore prestiti concederanno) per andare avanti.

A quanti invocano unità nazionale e silenzio vorremmo chiedere conto delle morti e dei contagi nelle carceri, delle aziende chiuse troppo tardi, degli eventi pubblici non sospesi a fine Febbraio, delle politiche di austerità imposte per anni che hanno ridotto al collasso il welfare.

E quando il contagio sarà nelle regioni del Sud ci chiediamo come sarà possibile combatterlo, e vincerlo, in presenza dei gravi limiti della sanità di tante Regioni Meriodionali con pochi posti letto e strutture insufficienti a fronteggiare l'emergenza.

Di tutto cio' a chi dovremo chiedere conto a emergenza finita? E la paura delle rivolte sociali non rappresenta la cattiva coscienza delle politiche di austerità?

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