E dopo lo sciopero i morti sul lavoro torneranno ad essere dei fantasmi? La inutilità degli Rls se subordinati alla filiera della sicurezza aziendale
Siamo in presenza di un costante ricorso alla terziarizzazione che alimenta non solo una crescente e incontrollata precarietà del lavoro ma la tendenza a ridurre il costo del lavoro a carico delle imprese accrescendo i rischi per la salute e sicurezza, come si evince anche dai dati statistici su infortuni, malattie professionali . Se i fattori di rischio aumentano con la precarizzazione del lavoro, puntando sulla riduzione dei costi come soluzione per uscire dalla crisi, infortuni e malattie professionali sono dietro l'angolo.
Se il ruolo dei Rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza (Rls) resterà in subordine alle figure aziendali e interno a quella filiera della sicurezza, che poi sovente sicurezza non è, decisa dalle parti dotariali, i lavoratori e le lavoratrici avranno ragioni da vendere nel credere inutile il ruolo degli stessi Rls al fine di salvaguardare la nostra salute e sicurezza.
L'Ue si dava alcuni obiettivi, entro il 2020, rimasti invece intenti disattesi, ad esempio si parlava di potenziare le normative nazionali in materia di salute e sicurezza, normative che invece sono state progressivamente indebolite, si parlava di aiutare le piccole e medie imprese ad attuare strumenti e politiche di prevenzione quando invece sono stati decisi interventi atti a semplificare le procedure in materia di lavoro, appalti e sicurezza.
E
sempre riguardo ai buoni propositi della Ue rimasti disattesi, si
annunciava la prevenzione delle malattie legate al lavoro quando invece è
stata depotenziata la medicina del lavoro e quella preventiva. E per
concludere, invece di considerare l'innalzamento dell'età anagrafica
della forza lavoro sono stati accresciuti i carichi e le mansioni
esigibili
Le malattie di origine lavorativa sono sempre piu' diffuse, oltre a quelle vecchie se ne aggiungono altre, nonostante la riduzione delle ore lavorate infortuni e morti non diminuiscono a conferma che il problema è stato da anni sottovalutato. Cosa significa poi elaborare le politiche e le strategie nazionali per la salute e sicurezza sul luogo di lavoro quando invece domina incontrastata la logica della riduzione dei costi, fiscali e non, a carico della impresa?
Veniamo da anni nei quali è stata depotenziata ogni struttura preposta al controllo dei cantieri, mancano ispettori, medici del lavoro, numerosi enti locali inseguono la sicurezza urbana depotenziando gli uffici preposti al controllo dei cantieri e dell'ambiente. Salute e sicurezza non sono una priorità da anni e nonostante gli accorati appelli dei politici contro le morti sul lavoro, appelli al posto dei quali vorremmo fatti concreti, non ci sembra di vedere gli Enti locali particolarmente attivi sull'argomento salute e sicurezza avendo ridotto anche i controlli ambientali atti a verificare lo stato di salute del territorio e della popolazione che in esso abita.
I piani di prevenzione a livello locale sono documenti che non affrontano quasi mai le questioni salienti come l'ambito produttivo, non ci risulta che sia stato effettuato un monitoraggio per accertare le condizioni in cui versano i macchinari e gli strumenti di lavoro, registriamo invece l'aumento degli straordinari esigibili, anche grazie ai contratti nazionali, aumenta lo stress lavoro correlato e i pericoli cancerogeni ai quali sono sottoposti lavoratori e cittadini.
La vera questione da affrontare è ben altra ossia prendere atto che le politiche fino ad oggi seguite non hanno prodotto i risultati sperati, si è pensato che il problema fosse legato a campagne generiche, pagate con i soldi pubblici, all’assistenza e al supporto alle imprese, soprattutto le piccole e medie, da parte delle Istituzioni.
Queste imprese dal canto loro hanno investito ben poco in tecnologia e sicurezza e continuano a pensare che la riduzione del costo del lavoro o le delocalizzazioni produttive siano le armi migliori per accrescere la loro stessa competitività sui mercati e, al contempo, attuano, con il sostegno attivo dei sindacati, protocolli tanto generici quanto inefficaci al fine di limitare i fattori di rischio.
Non si dice ad esempio che questi protocolli vanno ad occultare invece l'aumento dei carichi di lavoro, lo straordinario in aumento, l'aumento dei ritmi, il ricorso alla flessibilità e alla precarizzazione, non si ammodernano i macchinari e gli strumenti di lavoro e a alla fine , senza investimenti, viene meno la stessa competitività.
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