Militarizzare i porti militarizzare i territori
Quando si parla di militarizzazione dei porti dovremmo prima chiederci se a poca distanza degli stessi non sia collocata una industria di armi o qualche base militare Usa e Nato, nel caso di Livorno e di Genova c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Prendiamo ad esempio la vendita di armi italiane ad Israele, rapporti commerciali floridi nell'ultimo decennio da quando, governo Monti, furono venduti 30 velivoli da addestramento avanzato M-346 della Alenia Aermacchi, gruppo Finmeccanica (oggi Leonardo S.p.A.), : velivoli definiti da combattimento multi-ruolo “fighter attack”.
Da allora le vendite sono state incessanti, nel Febbraio 2019 viene sottoscritto un accordo per la vendita di sette di elicotteri AW119Kx d’addestramento avanzato per le forze aeree israeliane, in cambio dell’acquisto da parte dell’Italia di tecnologia miltare made in Israele, meno di un anno fa sono stati venduti altri 5 elicotteri .
Solo tra il 2016 e il 2020 le esportazioni militari italiane a Israele hanno raggiunto oltre 90 milioni di euro tra armi semiautomatiche, bombe e missili, strumenti per la direzione del tiro e apparecchi per l’addestramento militare.Nella vendita di armi troviamo coinvolte anche alcune Banche italiane
Nel 2019 il Governo italiano ha autorizzato l’esportazione di materiale bellico per un valore di 5,17 miliardi di euro e l’Egitto risulta il principale cliente dell’industria italiana con 871,7 milioni di euro di commesse, per questa ragione , al di là delle note diplomatiche, ben poco è stato fatto nel caso di Giulio Regeni.
Negli anni scorsi sono nati alcuni comitati contro il potenziamento della base Usa Nato di Camp Darby denunciandone il collegamento al porto di Livorno e alla ferrovia per il rapido trasporto di armi.
Interventi infrastrutturali richiesti per anni dal Comando Militare americano e autorizzati dalle amministrazioni locali e dal Governo Italiano in cambio del ritorno all'italia di alcuni ettari della macchia mediterranea , già facenti parte di Camp Darby, subito utilizzati dall'esercito italiano per l'addestramento di reparti speciali da utilizzare nelle aree di guerra.
La presenza di Camp Darby, 1000 ettari di pineta e 125 bunker è strettamente connessa alla militarizzazione del porto di Livorno, Camp Darby nasce dopo guerra ed è il più grande deposito di materiale bellico fuori dai confini degli Stati Uniti
La movimentazione delle armi e la distribuzione a livello mondiale, dai porti della costa atlantica degli Stati Uniti (Wilmington, Charleston, Jacksonville e Brunswik) per il rifornimento di materiale bellico dei depositi di Camp Darby e da qui in Asia ed Africa e ovunque siano schierati soldati, marinai, aviatori, marines e guardie costiere, dipende dal Comando Interforze “Surface Deployment and Distribution Command (SDDC).
Prendiamo ad esempio la vendita di armi italiane ad Israele, rapporti commerciali floridi nell'ultimo decennio da quando, governo Monti, furono venduti 30 velivoli da addestramento avanzato M-346 della Alenia Aermacchi, gruppo Finmeccanica (oggi Leonardo S.p.A.), : velivoli definiti da combattimento multi-ruolo “fighter attack”.
Da allora le vendite sono state incessanti, nel Febbraio 2019 viene sottoscritto un accordo per la vendita di sette di elicotteri AW119Kx d’addestramento avanzato per le forze aeree israeliane, in cambio dell’acquisto da parte dell’Italia di tecnologia miltare made in Israele, meno di un anno fa sono stati venduti altri 5 elicotteri .
Solo tra il 2016 e il 2020 le esportazioni militari italiane a Israele hanno raggiunto oltre 90 milioni di euro tra armi semiautomatiche, bombe e missili, strumenti per la direzione del tiro e apparecchi per l’addestramento militare.Nella vendita di armi troviamo coinvolte anche alcune Banche italiane
Nel 2019 il Governo italiano ha autorizzato l’esportazione di materiale bellico per un valore di 5,17 miliardi di euro e l’Egitto risulta il principale cliente dell’industria italiana con 871,7 milioni di euro di commesse, per questa ragione , al di là delle note diplomatiche, ben poco è stato fatto nel caso di Giulio Regeni.
Negli anni scorsi sono nati alcuni comitati contro il potenziamento della base Usa Nato di Camp Darby denunciandone il collegamento al porto di Livorno e alla ferrovia per il rapido trasporto di armi.
Interventi infrastrutturali richiesti per anni dal Comando Militare americano e autorizzati dalle amministrazioni locali e dal Governo Italiano in cambio del ritorno all'italia di alcuni ettari della macchia mediterranea , già facenti parte di Camp Darby, subito utilizzati dall'esercito italiano per l'addestramento di reparti speciali da utilizzare nelle aree di guerra.
La presenza di Camp Darby, 1000 ettari di pineta e 125 bunker è strettamente connessa alla militarizzazione del porto di Livorno, Camp Darby nasce dopo guerra ed è il più grande deposito di materiale bellico fuori dai confini degli Stati Uniti
La movimentazione delle armi e la distribuzione a livello mondiale, dai porti della costa atlantica degli Stati Uniti (Wilmington, Charleston, Jacksonville e Brunswik) per il rifornimento di materiale bellico dei depositi di Camp Darby e da qui in Asia ed Africa e ovunque siano schierati soldati, marinai, aviatori, marines e guardie costiere, dipende dal Comando Interforze “Surface Deployment and Distribution Command (SDDC).
La presenza nevralgica di Camp Darby è legata alla cosiddetta lotta al terrorismo che poi significa intervenire da parte degli Usa in tutta l'area mediorientale, e non solo, assicurando un rapido rifornimento di armi ed equipaggiamenti alle truppe in tempi molto brevi. E questa rapidità è favorita dal collegamento via mare della base al porto di Livorno e via ferrovia verso gli aeroporti italiani, quello di Pisa in primis , città nella quale da anni è present un hub militare pensato per garantire lo smistamento di armi e uomini nell'arco di pochi giorni.
Il Surface Deployment and Distribution Command si avvale della flotta della Maritime Security Program, una partnerschip pubblico-privato consentita a navi di proprietà statunitense, con bandiera ed equipaggio americani.
Il Maritime Security Program è stato creato nel 1996 dal Congresso con il compito di garantire accesso al trasporto marittimo commerciale al fine di soddisfare le esigenze degli Stati Uniti in tempo di guerra.
Navi della flotta del MSP da anni fanno regolarmente scalo a Livorno con attività di spedizioni in oltre 180 porti di 22 Paesi sotto il coordinamento dall’839° Battaglione Trasporti SDDC per le forniture di tutto il Mediterraneo, Mar Caspio, Mar Nero e la grande maggioranza del continente Africano.
Non parliamo di generi alimentari e di prima necessità ma di bombe, razzi, munizioni, esplosivi ad alto potenziale, oltre a tank, blindati, jeep e camion.
Le navi della flotta del Maritime Security Program fanno regolarmente scalo al porto di Livorno e quando saranno completati i lavori di collegamento con la base di Camp Darby il traffico via mare aumenterà vistosamente.
Il Governo italiano è stato complice attivo nel rifacimento della banchina interna alla base sul canale dei Navicelli di Tombolo Docks e nella costruzione di un nuovo troncone ferroviario di 2,5 km dalla stazione di Tombolo all area di stoccaggio munizioni, con due terminal e un ponte girevole sul canale dei Navicelli.
Non sono solo soldi americani ma dei contribuenti italiani visto che tra le opere previste ci sono anche gli interventi previsti per lo Scolmatore il Fosso dei Navicelli, il consolidamento degli argini del canale, la via ferroviaria fino al porto, nuovi binari ferroviari sui piazzali interni al porto e l'adeguamento della rete ferroviaria agli standards della mobilità militare e collegamento stradale tramite svincolo di fronte alla base della Via Aurelia con la E 80.
La costruzione del nuovo troncone ferroviario ha comportato il taglio di un migliaio di alberi ad alto fusto con le fin troppo timide prese di posizione delle associazioni ambientaliste.
Sempre nel 2017 viene annunciato un Piano di Emergenza Esterna per le aree portuali di Livorno interessate da naviglio a propulsione nucleare con la presenza di sottomarini nel porto livornese senza che sia mai stato diffuso un piano di emergenza ed evacuazione in caso di contaminazione radioattiva o di qualsiasi altro tipo di incidente con emissioni di sostanze tossiche per la salute pubblica, senza un adeguato piano di sicurezza e prevenzione presente in altri paesi nei quali esistono norme ben definite di protezione della popolazione.
Non è da ora che il porto di Livorno è soggetto alla militarizzazione nonostante siano presenti al suo interno traffici commerciali e la presenza di migliaia di passeggeri
E' quindi evidente che la militarizzazione dei porti, dai quali partono i rifornimenti bellici destinati a paesi impegnati in guerre e repressione dei popoli, sia strettamente connessa con gli affari delle industrie di armi, il potenziamento delle basi militari Usa e Nato, la sempre piu' pericolosa commistione tra civile e militare e la criminalizzazione dei lavoratori portuali, come accaduto a Genova, che hanno pubblicamente denunciato l'uso a fini militari dei porti.
CUB Pisa
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