C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando. Un docufilm che racconta il diritto alla salute sotto attacco e l’eroismo di chi lotta per una sanità dedicata alla sua comunità. Intervista a Vittorio Agnoletto.
C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando. Un docufilm che racconta il diritto alla salute sotto attacco e l’eroismo di chi lotta per una sanità dedicata alla sua comunità. Intervista a Vittorio Agnoletto.
di Laura Tussi
A cinquant’anni dalla nascita del Servizio Sanitario Nazionale, il tema del diritto alla salute torna al centro del dibattito pubblico in un contesto segnato da privatizzazioni, diseguaglianze territoriali e da una crescente difficoltà di accesso alle cure. Il Governo Meloni aveva promesso di ridurre le liste d’attesa e invece sono diventate una delle principali criticità del Servizio Sanitario Nazionale, con un numero crescente di cittadini che rinuncia alle cure o alle visite specialistiche a causa dei tempi troppo lunghi per accedere ai servizi pubblici. Secondo i dati ufficiali dell’Istat, quasi un italiano su dieci ha rinunciato a trattamenti medici nel 2024 a causa delle difficoltà legate alle liste d’attesa e ad altri problemi del sistema sanitario. Un dato in aumento sia rispetto all’anno precedente sia rispetto al periodo pre-pandemico.
Le lunghe attese non riguardano solo visite specialistiche o esami di base. In diverse regioni le tempistiche per prestazioni come visite ginecologiche, mammografie o colonoscopie possono superare anche i due anni. In alcune aree del Paese si registrano attese di oltre 700 giorni per esami diagnostici, mentre in regioni come Sardegna e Puglia i tempi medi per prestazioni considerate di routine arrivano a superare i 600-900 giorni, evidenziando profonde disuguaglianze territoriali. Una conseguenza sempre più evidente di questa situazione è il ricorso crescente alla sanità privata o, in alternativa, la rinuncia alle cure. Molti cittadini, soprattutto appartenenti alle fasce più fragili, non riescono a sostenere i costi delle prestazioni a pagamento e finiscono per posticipare o abbandonare del tutto controlli e terapie. Le liste d’attesa diventano così uno strumento di selezione sociale, che mina il principio costituzionale dell’universalità del diritto alla salute.
In questo quadro, mentre l’esecutivo rivendica l’adozione di misure organizzative, i dati indicano che la situazione complessiva è peggiorata. I tempi di accesso alle cure continuano ad allungarsi e cresce il numero di persone escluse di fatto dal Servizio Sanitario Nazionale, confermando come senza un deciso cambio di rotta e senza investimenti pubblici adeguati il problema delle liste d’attesa sia destinato a restare una ferita aperta del sistema sanitario italiano.
È in questo scenario che si colloca il docufilm C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando, diretto da Federico Greco e Mirko Melchiorre, presentato in numerosi festival e proiettato in tutta Italia come strumento di informazione e mobilitazione civile e oggi disponibile su alcune piattaforme
Il film intreccia la vicenda simbolica di Cariati, in Calabria, dove la popolazione lotta per la riapertura dell’ospedale chiuso, con una riflessione più ampia e globale sullo smantellamento della sanità pubblica, dando voce a esperti, attivisti e intellettuali come Ken Loach, Jean Ziegler, Gino Strada e Vittorio Agnoletto.
Il tema è molto semplice: la conquista del diritto all’assistenza sanitaria pubblica in tutto il mondo e l’attacco che il neoliberismo porta a questo diritto nel tentativo di trasformare la nostra salute in merce e di trasformare un diritto universale in un profitto per pochi. La particolarità del film è proprio quella di tenere insieme un racconto che si svolge in un piccolo paesino della Calabria – ed è una storia vera di una popolazione che si oppone alla chiusura di un ospedale, anzi che lotta per ottenerne la riapertura – con la dimensione nazionale, europea e globale, mostrando che la situazione è simile in diverse parti del mondo dove la sanità pubblica è sotto attacco.
A livello mondiale nel 1948 l’OMS stabilisce che la salute non è solo assenza di malattia. Che rapporto sussiste tra questa affermazione e quanto stabilito nella nostra Costituzione?
Vi è un parallelismo impressionante, una coincidenza incredibile di date tra l’elaborazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’affermarsi del diritto alla salute nel nostro Paese.
Nel 1948 entra in funzione ufficialmente l’OMS che elabora la definizione di salute come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Nello stesso anno entra in vigore la Costituzione italiana che all’articolo 32 tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.
Trent’anni dopo, nel 1978, la conferenza dell’OMS a Alma Ata riafferma la salute come diritto umano fondamentale e, nello stesso anno, in Italia nasce il Servizio Sanitario Nazionale con la legge 833, universalistico e finanziato dalla fiscalità generale. Sono i due momenti più alti dell’affermazione del diritto alla salute.
Poi inizia la fase discendente: si esaurisce la spinta dei movimenti e prende forza il pensiero neoliberista, che mette il mercato al centro di tutto. Da quel momento la sanità pubblica diventa un terreno di conquista per il profitto.
Quali sono le principali tappe che ripercorre il film?
Il film attraversa l’affermarsi del neoliberismo e i suoi effetti concreti sulla sanità pubblica, fino ai giorni nostri, quando arriviamo ad avere reparti gestiti da privati all’interno degli ospedali del SSN. In Italia un passaggio decisivo è stato il blocco delle assunzioni e il mancato adeguamento degli stipendi, che ha portato alla fuga all’estero in vent’anni di circa 180.000 operatori sanitari.
A livello globale si racconta la trasformazione dell’OMS, sempre più condizionata da finanziamenti privati, e l’ingresso in campo della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, che attraverso i Piani di Aggiustamento Strutturale hanno imposto tagli devastanti a sanità e istruzione in molti Paesi, soprattutto africani. Politiche che, negli anni successivi, sono state applicate anche in Europa, come in Grecia e Portogallo.
Come si è sviluppato il rapporto tra neoliberismo e sanità?
La sanità è diventata uno dei principali ambiti di investimento per il capitale privato. Nel film si ricorda come Wikileaks abbia svelato documenti riservati del TiSA, l’accordo sul commercio dei servizi, in cui la sanità viene indicata come settore strategico per ottenere enormi profitti, a patto che Stati, realtà religiose e associazioni di volontariato facciano un passo indietro.
Per il neoliberismo non conta la salute, ma la malattia: più malati ci sono, più aumentano i profitti. La prevenzione non interessa ai privati, mentre per il pubblico dovrebbe essere l’elemento centrale, perché meno malattie significano meno spesa e più benessere collettivo.
Quali sono i messaggi che lancia il film?
Il messaggio è semplice e potente: cambiare è possibile. Se le persone si informano, si organizzano e lottano, possono ottenere risultati. La storia di Cariati (conclusasi positivamente con il reinserimento dell’ospedale nel piano sanitario regionale qualche mese dopo l’uscita del film) dimostra che l’iniziativa dal basso può arrivare a coinvolgere anche figure con grande visibilità e capacità di incidere. Il destino non è già scritto, ma il conflitto sulla salute è universale e non ha confini. Difendere il diritto alla salute significa difendere un bene comune fondamentale per tutte e tutti.

Commenti
Posta un commento