Il disinteressato interesse Usa per la Nigeria
L’interesse per
la Nigeria da parte Usa non è tanto quello verso la tutela della minoranza cristiana, su spinta interna
dei settori conservatori e della destra religiosa statunitense, quanto per le incredibili risorse possedute da questo
paese.
Da inizio mandato
ad oggi Trump ci ha abituato a giustificazioni bizzarre per coprire interventi
militari all’estero.
Analizzando i
rapporti commerciali tra Nigeria e paesi Ue si capisce che sono in ballo
innumerevoli interessi: l’acquisto da Leonardo di 24 velivoli da combattimento
M-346FA e dieci elicotteri AW-109 con tanto di hub di manutenzione annunciato
in Africa. Poi ci sono i 12 aerei da addestramento Alpha Jet sostituiti
nell’esercito francese da mezzi più moderni.
Gli Alpha Jet sino acquisiti attraverso la società francese SOFEMA (Société Française d’Exportation de Matériel Militaire et Aéronautique), specializzata nell’acquisto e nell’ammodernamento di hardware militare francese. E infine l’acquisto da parte del governo nigeriano, un anno e mezzo or sono, di 43 UAV armati Bayraktar TB2, azienda turca all’avanguardia nei droni che recentemente ha acquistato anche la divisione militare della Piaggio.
Risultati della ricerca per “nigeria” – Analisi Difesa
Alla luce di queste considerazioni è possibile
ipotizzare un intervento, quello Usa, destinato a conquistare a prezzi
stracciati i mercati delle materie prime nigeriane lanciando nel frattempo a quel Governo un
messaggio chiaro sui futuri acquisti di armi da guerra?
Ma un'ulteriore spiegazione potrebbe arrivare dal non paper del Ministro Crosetto sulle minacce ibride, argomento sul quale si è ripetutamente soffermato nel corso del 2025 e a tal riguardo, è bene prendere atto della esistenza di una nuova definizione di guerra che porta ad interventi diffusi e preventivi solo per salvaguardare forniture di materie prime, o accessi a mercati privilegiati per gli attori occidentali, contro la stessa volontà di governi e popolazioni locali
Microsoft Word - NON_PAPER_59 ITA (002)
Le infrastrutture critiche costituiscono il pilastro del funzionamento di un Paese e rappresentano un bersaglio primario delle minacce ibride. Se danneggiate o compromesse, esse possono avere un impatto gravissimo sulla sicurezza nazionale, sull’economia e sul benessere della popolazione. Rientrano in questa categoria settori quali: energia (centrali elettriche, gasdotti, rete di distribuzione elettrica); trasporti (aeroporti, ferrovie, porti, strade); telecomunicazioni e IT (reti internet, centrali telefoniche, data center); sanità (ospedali, strutture sanitarie, reti di emergenza); finanza (banche, sistemi di pagamento, mercati finanziari). Basta colpire uno di questi settori per mettere in forte difficoltà una intera Nazione.
..........nuove vulnerabilità assumono un rilievo crescente: materie prime critiche: l’UE dipende quasi totalmente da fornitori extraeuropei, in particolare dalla Cina (98% per i magneti permanenti, 100% per le terre rare pesanti). L’Italia presenta una dipendenza da importazioni di circa il 47%, oltre il doppio della media UE; choke points marittimi: il canale di Suez e Bab el-Mandeb sono oggi strumenti di guerra ibrida. Come riportato da molte fonti, gli attacchi condotti dai ribelli Houthi nel Mar Rosso avrebbero di fatto risparmiato le navi russe e cinesi, costringendo molte altre imbarcazioni a circumnavigare l’Africa con costi e tempi aggiuntivi. È ormai un dato riportato anche dalla stampa che, per l’Italia, circa il 40% del commercio marittimo passa da Suez6. Questi numeri parlano chiaro: dipendiamo fortemente da altri in settori cruciali. Per proteggere i nostri Paesi dalla minaccia ibrida è quindi fondamentale un approccio integrato e coordinato che combini la sicurezza cyber, la sicurezza fisica e la cooperazione internazionale. Non possiamo ragionare a compartimenti stagni: serve una visione d’insieme e fare squadra.
Se urge ragionare senza preclusioni di sorta e fuori dalla logica dei comportamenti stagni, è bene prendere atto che la nozione delle minacce ibride genera una lettura dei conflitti assai diversa dal passato per giustificare interventi preventivi, su piccola e larga scala, solo per prevenire eventuali minacce alle potenze occidentali.
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