Dossier Palestina

da il Manifesto


Israele/Elezioni. Il premier ha vinto le elezioni ma non ha ancora i numeri per una coalizione di governo. Potrebbero aiutarlo alcuni deputati dell'opposizione pronti a saltare sul carro del vincitore. A limitare le ambizioni della destra il successo della Lista araba di Ayman Odeh
«L’esito delle elezioni comincia a diventare chiaro: Netanyahu non ha ancora una maggioranza». Cercava di farsi coraggio ieri il leader del partito centrista Blu Bianco, Benny Gantz, dopo la batosta ricevuta lunedì sera quando dalle urne è emersa subito la vittoria del Likud, il partito del premier di destra Benyamin Netanyahu tornato ad essere “King Bibi”. Appena qualche mese fa, incriminato per corruzione, appariva spacciato. E invece ora è proprio Gantz a vacillare, con i suoi colleghi di partito che gli attribuiscono la responsabilità intera della sconfitta.
Però Gantz ha ragione quando dice che Netanyahu ha vinto ma è senza maggioranza. Il voto del 2 marzo non ha risolto lo stallo politico cominciato alla fine del 2018 con l’uscita del partito del nazionalista laico Avigdor Lieberman dal governo di destra in polemica con la decisione di Netanyahu di stringere un accordo con i partiti religiosi sul tema del servizio di leva anche per i giovani ortodossi. Ieri sera, con il 97% dei voti scrutinati, la destra aveva perduto un altro seggio, scendendo a 58 seggi, tre in meno della maggioranza di 61 seggi sui 120 della Knesset necessari per una maggioranza di governo. Ma Gantz e Blu Bianco non avevano alcun merito.
Se Netanyahu e le destre non hanno ancora una maggioranza lo si deve solo alla crescita senza precedenti dei quattro partiti riuniti nella Lista araba cresciuta in serata a 16 seggi, tre in più di quelli che già aveva alla Knesset. Ogni seggio in più conquistato dai palestinesi d’Israele vuol dire uno in meno per la destra di Netanyahu. L’affluenza alle urne nei centri arabi è stata del 67%, la più alta mai registrata, di poco inferiore al dato nazionale del 71%. Era ciò che Ayman Odeh e gli altri leader della Lista araba desideravano. Tra gli eletti c’è anche il professore ebreo comunista Ofer Kassif, a conferma del carattere arabo-ebraico che vuole darsi sempre di più la formazione politica e sul quale ha insistito Odeh per tutta la durata della campagna elettorale. «Abbiamo dimostrato – ha spiegato ieri il leader arabo – che sappiamo essere uniti come arabo israeliani sulla base di principi saldi e condivisi e allo stesso di essere aperti agli israeliani ebrei che vogliono un Israele diverso da come lo concepisce Netanyahu». L’analista Aluf Benn spiega il successo della Lista araba con il suo messaggio chiaro, senza ambiguità, che ha convinto l’elettorato arabo e migliaia di ebrei.
Ma nei centri abitati arabi ieri regnava un clima di soddisfazione misto ad amarezza. Nessuno si fa illusioni, sarà difficile tramutare in risultati concreti il consenso elettorale ottenuto. «La lenta diffusione dei risultati della votazione del 2 marzo – scriveva ieri Jack Khoury su Haaretz – hanno inviato un  messaggio chiaro alla comunità araba israeliana: il dialogo su pace, uguaglianza, partenariato e integrazione può aumentare l’affluenza degli elettori ma non cambierà la realtà. E la realtà è che Israele è un paese di destra e una maggiore rappresentanza della comunità araba nella Knesset non andrà di pari passo con le sue possibilità di integrazione e influenza. Piuttosto è vero il contrario: porta a un maggiore estremismo tra gli ebrei israeliani e alla repressione dei loro vicini arabi».
Netanyahu non si farà scoraggiare dal non aver raggiunto già martedì i 61 seggi. Ieri ha avviato colloqui con i suoi alleati di destra e religiosi per formare il nuovo governo. E presto potrebbe trovare, grazie ad alcuni deputati “disertori” – come in Israele chiamano correttamente quelli che in Italia invece sono definiti come “responsabili” – i numeri per formare una maggioranza solida. Ieri i media israeliani hanno fatto i nomi di alcuni eletti nelle liste di Blu Bianco (e non solo) che sarebbero pronti a saltare sul carro del vincitore in cambio di incarichi di rilievo nell’esecutivo. E comunque c’è Lieberman che segnala di essere pronto a tornare al confortevole ovile della destra, anche se detesta Netanyahu.
Il programma del futuro governo il premier lo ha annunciato già nella notte tra lunedì e martedì. «La nostra è stata una grande vittoria», ha detto durante il bagno di folla a Tel Aviv. «Abbiamo vinto – ha spiegato – per aver trasformato Israele in questi dieci anni in una superpotenza a tutti i livelli: politico, diplomatico, economico». Poi ha assicurato che procederà al più presto all’annessione a Israele della Valle del Giordano e delle colonie ebraiche in Cisgiordania. Il Piano Trump per lui sarà come la Bibbia. A vincere le elezioni israeliane sono state «le colonie, l’occupazione, l’apartheid», ha commentato con preoccupazione su Twitter il segretario generale dell’Olp Saeb Erekat. «Netanyahu – ha aggiunto – costringerà il popolo della regione a vivere per la spada con il prosieguo della violenza, dell’estremismo e del caos».
Michele GiorgioGERUSALEMME
Israele/Elezioni. Parla l'analista Michel Warshawsky: «Il successo del vincente è figlio della debolezza del perdente». L'opposizione dopo la sconfitta rischia di sfaldarsi
Sulle ragioni e le conseguenze del trionfo elettorale di Benyamin Netanyahu, la sconfitta netta subita dal parito di opposizione Blu Bianco e il successo senza precedenti della Lista araba unita, abbiamo rivolto qualche domanda all’analista e giornalista israeliano Michel Warshawsky, autore del saggio “Israele-Palestina. La sfida binazionale”.
Come spiega una vittoria tanto netta. Appena qualche mese fa, dopo l’incriminazione per corruzione, Netanyahu appariva alle corde.
Ci sono più motivi dietro questo successo. Il primo è che la maggioranza degli israeliani è di destra e nazionalista. Questi israeliani non considerano negativamente l’aggressività e neppure la brutalità di Netanyahu. Al contrario ne sono orgogliosi. Ha un peso notevole nel loro giudizio la linea di Netanyahu che esclude qualsiasi accordo con i palestinesi, se non alle condizioni della destra israeliana. Un’altra ragione del successo di Netanyahu è che nelle elezioni la forza del vincente è figlia della debolezza del perdente. La campagna elettorale del partito dei generali (Blu Bianco, guidato da ex alti ufficiali delle forze armate, ndr) è stata insignificante. I generali sono apparsi come degli agnelli al cospetto del lupo. Non sono stati in grado di presentare il loro avversario come un pericolo e hanno cercato di imitarlo, senza successo. Gli elettori preferiscono sempre l’originale.
Anche l’alleanza di centrosinistra con Laburisti, Gesher e Meretz, esce dal voto con le ossa rotte.
A malapena quei partiti sono riusciti a sopravvivere. Il messaggio politico ambiguo che hanno inviato e l’assenza di un programma davvero condiviso dai tre partiti, ha causato una emorragia di consensi verso il centro, parlo di chi ha scelto il voto utile per Blu Bianco, e una emorragia verso sinistra a favore della Lista araba unita che oggi rappresenta l’unica vera opposizione in Israele.
La Lista araba continuerà ad attirare voti anche di israeliani ebrei come è accaduto lunedì?
Non ne sono certo. Altri israeliani ebrei che credono nella costruzione di un Israele diverso e Stato di tutti i suoi cittadini, si avvicineranno alla Lista araba. Ma parlo di poche migliaia. Ci vorrà tempo prima che la maggioranza degli israeliani (ebrei) accetti di sostenere un partito guidato da un arabo. Il principio dell’egemonia ebraica nella vita di Israele è sempre molto vivo. Riconosco però che (il leader della Lista araba) Ayman Odeh ha mostrato doti politiche importanti. Ha saputo parlare agli israeliani progressisti, ma non radicali, riuscendo a conquistare la loro fiducia. Non ricordo alcun leader palestinese in Israele che abbia goduto di tanta stima nella sinistra moderata e sionista come Ayman Odeh.
Netanyahu ha vinto ma non ha una maggioranza per formare un governo. Cosa farà?
Se fossi Netanyahu non mi preoccuperei più di tanto. La sconfitta che ha inflitto ai suoi avversari forse sfalderà l’opposizione. Alcuni deputati eletti con Blu Bianco, secondo voci insistenti, sarebbero pronti ad abbandonare il partito e ad andare nel Likud. In realtà per loro sarebbe un ritorno perché Blu Bianco è formato da tanti ex membri del Likud. E comunque per la maggioranza c’è anche Avigdor Lieberman che (ieri) ha fatto dichiarazioni che lasciano intravedere un suo rientro nel blocco delle destre. Insomma, Netanyahu cammina sul velluto.

Elezioni israeliane. Che cosa significavano in questo voto «destra», «centro», «sinistra»? L’unica vittoria chiara è quella del razzismo senza remore, dell’ultranazionalismo. L’essenza della destra è stata ben presente non solo nella «destra dichiarata» ma in gran parte della campagna elettorale
I risultati quasi definitivi delle elezioni israeliane mostrano che la crisi politica potrebbe aggravarsi malgrado i toni trionfali del premier Benjamin «Bibi» Netanyahu e del suo partito.
Al blocco delle destre, guidato da Netanyahu, la sera di martedì venivano attribuiti 58 deputati; quanto all’opposizione, il centrodestra ha ottenuto 32-33 seggi, l’alleanza di centrosinistra con laburisti e Meretz 7, la Lista araba unita 15. Avigdor Lieberman, il razzista ex alleato di Netanyahu e oggi suo nemico, ha guadagnato 7 seggi.
Non è un quadro politico, è un rompicapo strutturale. Che cosa significavano in queste elezioni «destra», «centro», «sinistra»? L’unica vittoria chiara è quella del razzismo senza remore, dell’ultranazionalismo. L’essenza della destra è stata ben presente non solo nella «destra dichiarata» ma in gran parte della campagna elettorale.
Due anni dopo la legge sullo Stato-nazione che consolida alcuni dei principi dell’apartheid, Benjamin Netanyahu ha fatto ricorso all’arma tradizionale: l’appello a contrastare l’opposizione «alleata e agente degli arabi che vogliono eliminarci;… o Bibi o Tibi» (Ahmad Tibi, è un deputato arabo, uno dei leader della Lista unita).
Il partito Blu Bianco, guidato da generali, alle scorse elezioni aveva ottenuto più voti del Likud e minacciava di sfrattare «Bibi» dalla carica di premier, aprendogli probabilmente le porte del carcere, ora «potrà arrivare al potere solo con l’aiuto degli arabi».
Chi vuole capire che cosa sta accadendo in Israele deve fermarsi e analizzare il processo di fondo: 52 anni di occupazione, con la maggioranza della popolazione a patire non solo gli effetti cancerogeni di una situazione non democratica, violenta, che priva dei diritti più elementari milioni di persone, ma anche una mentalità fondata sulla paura.
Dall’uso e abuso dell’Olocausto si arriva facilmente alla delegittimazione di qualunque critica della politica governativa israeliana. Ogni voce di dissenso viene tacciata di antisemitismo e a partire da questo è facile arrivare alla demonizzazione degli «arabi». Il terrore israeliano non esiste; invece tutti gli arabi – se si eccettuano alcuni buoni amici di Netanyahu – sono terroristi e tutto ciò che vogliono è distruggere Israele.
Gli incitamenti all’odio e la criminalizzazione portati avanti dal premier e dai suoi lacchè della destra hanno un impatto enorme: la pseudo-opposizione di Benny Gantz e del suo partito Blu Bianco non offre un futuro migliore, anzi è impegnata con tutte le proprie forze a smentire qualunque legittimazione di un possibile cambio politico che conti sui voti della Lista unita. Gli arabi? No! No! Uno dei deputati – prima appartenente al Likud – che segnala la differenza culturale degli israeliani rispetto al resto della regione, subisce pesanti critiche perché sembra comprendere gli ebrei orientali nella questione delle «mentalità diverse»!
E il «piano di pace» del presidente statunitense Donald Trump? Bibi e la destra festeggiano. Annetteremo, consolideremo la situazione, impediremo la nascita di un vero Stato palestinese… Gantz e la pseudo-opposizione segnalano che il piano è un passo positivo.
Anche Amir Peretz, leader di quanto rimane del laburismo, si unisce al coro e indica gli aspetti positivi del piano… Eppure in passato sosteneva con vigore l’idea dei due Stati. Nel piano di Trump si parla del «trasferimento» di 300mila cittadini arabi palestinesi di Israele … non si ascoltano voci chiare di protesta né nel partito di Gantz né nel fronte «progressista»!
La destra propone di cancellare la candidatura della deputata araba Heba Yazbak che in passato avrebbe solidarizzato con i terroristi; e non è solo il partito Blu Bianco ad appoggiare questo passo antidemocratico, anche i laburisti sono d’accordo e i loro alleati di Meretz non fiatano.
Lo sfrenato razzismo nazionalista ha avuto un unico effetto positivo, quello sul voto arabo e sul poco che rimane della sinistra israeliana: la rappresentanza parlamentare scaturita da questa mobilitazione è oggi l’unica speranza positiva in un momento più che problematico dell’etnocrazia israeliana.
Il leader della lista – e leader del Partito comunista israeliano – Ayman Odeh lo ha segnalato con chiarezza: il successo della lista è un passo nella direzione di un futuro migliore che sarà possibile solo con una forte alleanza fra palestinesi ed ebrei per creare un’alternativa autenticamente democratica.
Il trionfo della paura alimenta oggi una palude nella quale tutte le opzioni antidemocratiche sono aperte, mentre Benjamin Netanyahu continuerà a fare tutto il possibile per evitare il carcere per corruzione.
Israele/Elezioni. Il leader del partito Blu Bianco vuole una legge che impedisca a un primo ministro incriminato di formare un nuovo governo. Netanyahu: attacco alle basi della democrazia. Intanto la destra vittoriosa il 2 marzo resta a 58 seggi, lontana dalla maggioranza.
In una giornata segnata dalla crescente preoccupazione della popolazione per il diffondersi in Medio oriente e nel resto del mondo del Coronavirus – in Israele i casi di contagio accertati sono 15 e migliaia di persone sono in quarantena – e dall’annuncio di rigide misure di prevenzione, il premier di destra e leader del Likud Netanyahu è passato dall’entusiasmo per la vittoria elettorale del 2 marzo ai timori per le conseguenze della sua situazione giudiziaria. Ieri pomeriggio il principale partito di opposizione, Blu Bianco, ha annunciato che sta lavorando per far approvare dalla Knesset una legge che impedirà a un primo ministro incriminato di costituire un nuovo governo. Se la proposta andrà avanti, per Netanyahu vorrebbe dire la fine politica. Il 17 marzo il premier entrerà come imputato nel tribunale di Gerusalemme per rispondere delle accuse di corruzione, frode e abuso di potere.
La reazione di Netanyahu è stata rabbiosa. Ha accusato Benny Gantz, leader di Blu Bianco, di provare a rubargli la vittoria elettorale. La proposta di legge, secondo Netanyahu, sarebbe stata concepita «per dividere Israele mentre il paese è davanti alla grave sfida rappresentata dal coronavirus ed è chiamato a cogliere l’opportunità offerta dal piano del presidente Donald Trump», ha detto durante un incontro con rappresentanti dei partiti alleati. Con Blu Bianco si è schierato il Meretz (sinistra sionista). Il suo segretario Nitzan Horowitz ha spiegato che impedire ad un premier incriminato di formare un governo «è la cosa giusta da fare politicamente ed eticamente». Gli ha risposto un alleato di Netanyahu, il leader di Yamina e ministro della difesa Naftali Bennett, secondo il quale questa legge è «antidemocratica» come minimo. «Ci sono state elezioni due giorni fa e stanno già cercando di aggirare la volontà della gente usando mezzi inaccettabili», ha aggiunto Bennett riferendosi ai partiti di opposizione.
Il leader di Blu Bianco Benny Gantz propose una legge simile dopo le elezioni del 17 settembre che però venne bocciata dall’ultranazionalista Avigdor Liberman, ago della bilancia della politica israeliana. Stavolta Lieberman potrebbe sostenerla, ipotizzano fonti del quartier generale di Gantz. Occorrono però i voti favorevoli dei 62 deputati, e considerando il quadro politico caotico in Israele, è difficile credere che la legge sarà approvata. Netanyahu però ha la memoria corta. Nel 2008 fu proprio lui a dare impulso a una proposta di legge volta a costringere alle dimissioni l’allora primo ministro Ehud Olmert, indagato per corruzione.
L’iniziativa di Blu Bianco è caduta come un masso nel mezzo dei colloqui per una nuova maggioranza di destra nazionalista e religiosa. Le cose si sono fatte più complicate per Netanyahu anche su questo punto. Il 2 marzo, durante il bagno di folla post-elezioni, aveva annunciato, che Israele avrà al più presto una nuova maggioranza di governo. Ma continua a non avere i numeri per farlo. Sono stati contati il 99% dei voti e il blocco delle destre si ritrova con un seggio in meno: il partito religioso ortodosso Shas lo ha perduto a vantaggio di Blu e Bianco. Significa che Netanyahu ha 58 deputati dalla sua parte, tre in meno del minimo necessario per una maggioranza di governo. Non procede per il verso giusto neanche la caccia del Likud ai «disertori», ossia quei deputati dell’opposizione che in cambio di incarichi di rilievo e posizioni di prestigio, sarebbero pronti ad unirsi alla destra. I media locali hanno fatto i nomi di alcuni dei possibili «disertori» ma questi ultimi si sono affrettati a smentire e a far sapere che non hanno alcuna intenzione di abbandonare i loro partiti. Di fronte al mancato superamento dello stallo politico cominciato alla fine del 2018, il capo dello Stato Reuven Rivlin, potrebbe non affidare l’incarico né a Netanyahu né a Gantz e invece, dare mandato alla Knesset di trovare una soluzione. In quel caso, per 21 giorni, qualsiasi deputato, può fare un nuovo governo.
Buone notizie per il leader del Likud invece sono arrivate dalle primarie dei Democratici Usa per le presidenziali del prossimo 3 novembre. Il suo avversario, il senatore socialista Bernie Sanders, che qualche giorno fa lo ha definito un «reazionario razzista», è uscito parzialmente sconfitto dal Super Tuesday. Il successo è andato all’ex vice presidente Joe Biden, un “moderato” che Netanyahu gradisce più di Sanders che parla a sostegno dei diritti dei palestinesi e contro le politiche della destra israeliana.

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