Quando la mobilità diventa discrezionale e discutibile

Esiste il"diritto alla mobilità"?

Un diritto spesso negato tra Enti in assenza di una normativa chiara che individui criteri oggettivi e trasparenti, validi erga omnes. Non esiste una sorta di diritto soggettivo del dipendente che puo' chiedere di accedere alla mobilità verso un altro Ente, magari per esigenze familiari, ma puo' anche ricevere il diniego del datore di lavoro il cui nulla osta resta assolutamente vincolante. Ma allo stesso tempo capita, e noi lo sappiamo fin troppo bene, che alcune mobilità vengono concesse e altre negate senza motivazioni reali e oggettive. Per saperne di piu' rinviamo all'articolo 3, comma 5-septies, dell'articolo 3 del d.l, 90/2014, convertito in legge 114/2014,

 "I vincitori dei concorsi banditi dalle regioni e dagli enti locali, anche se sprovvisti di articolazione territoriale, sono tenuti a permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni"

Questa norma non è derogabile ma allo stesso tempo viene applicata solo discrezionalmente e questo fatto resta tanto iniquo quanto inaccettabile. La mobilità in teoria è un istituto di gestione del rapporto di lavoro assoggettato al decreto legislativo 165\2001.

 Le amministrazioni locali dovrebbero usare un unico criterio valido erga omnes, quando invece si usano piu' pesi e misure la mobilità diventa una sorta di privilegio accordato ad alcuni e nati ad altri. Le amministrazioni sono tenute al rispetto di alcune regole e in ogni caso devono, anzi dovrebbero , fornire risposte a ogni richiesta.

Sindacato di base cub Pubblico impiego Pisa

 

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