Che fine hanno fatto gli intellettuali?

*di TIZIANO TUSSI

Che fine hanno fatto gli intellettuali? Ottima domanda, risposte possibili: non ce ne sono più; non trovano più un ruolo, lo hanno perso causa social e connessi; non sanno più cosa fare a fronte di politici e politica oramai surrogata da concorsi a premi con risultati sconvolgenti per i vincitori: Monti, Conte, Draghi, alcuni nomi che coprono caselle istituzionali importanti, importantissime, per caso e incroci di frequentazioni ed un curriculum vitae a volte nullo o quasi, per il nuovo ruolo che assumono -presidente del consiglio, della repubblica, ministro – oppure pieno di incarichi assolti, ma in altri ambiti e senza una capacità politica accertata da successi ed idee vincenti sul piano dei diritti sociali e del perseguimento dell’uguaglianza sociale. 

Un politico intellettuale, ricorriamo sempre a Platone ed al suo governo dei filosofi – chi più sa deve governare – o un intellettuale politico – cerchiamone uno o, meglio un gruppetto – forse ci ricordiamo della sinistra indipendente al Parlamento? Ci vorrebbe uno sforzo di pratica politica sociale, lasciando da parte face book ed annessi. 

Cercando un po’ di vicinanza ai corpi ed alle menti degli umani in presa diretta. Usando quello che un intellettuale dovrebbe sapere destreggiare al meglio: la razionalità e la sorpresa intellettiva; insomma vedere il mondo anche da altre angolazioni che non siano la lezione predominante del capitalismo culturale ed economico-finanziario. Vi sono alcuni libri sulla questione della scomparsa degli intellettuali, ma tra titoli esauriti, difficili da avere, banali giaculatorie di uomini oramai intellettivamente depotenziati e depressi, ben poco ci resta. 

Allora potremmo appunto ricorrere ai classici, prima citavo Platone. Queste opere sono sempre raggiungibili. Molti altri ve ne sono ed evito l’elenco. Così come letterati che aiutano a pensare, a riflettere e poi ad agire con capacità. Anche qui citare sarebbe osceno. Ancora vi sono esempi di grandi lottatori, nella storia, ad ogni latitudine. Insomma, ci si perde nella ricerca. Ma si deve tentare di costruire un percorso personale che sappia armarci intellettivamente. Ricordo il passo di Karl Marx, Critica alla Filosofia del diritto di Hegel. Introduzione. Scritto nel 1843 e pubblicato dai sovietici nel 1927. “Evidentemente l’arma della critica non può sostituire la critica delle armi, la forza materiale non può essere abbattuta che dalla forza materiale, ma anche la teoria si trasforma in forza materiale non appena penetra fra le masse.” Il problema pare essere quindi la penetrazione “fra le masse”. 

Come fare? Occorre usare la forza delle argomentazioni che debbono essere razionali e comprensibili. Usando alla bisogna strumentazioni adeguate. Per intellettuali, che sono anche uomini pubblici, non sarebbe impossibile intervenire su questo terreno con capacità allenate in anni di studi e di attenzione alle conseguenze delle parole usate. Ricordiamo anche Camillo Benso, Conte di Cavour, discorso dell’11 ottobre 1850: “Nell’ordine economico, come nell’ordine politico, come nell’ordine religioso, le idee non si combattono efficacemente se non colle idee, i principii coi principii, poco vale la compressione materiale. 

Per qualche tempo sicuramente i cannoni, le baionette potranno comprimere le teorie, potranno mantenere l’ordine materiale, ma se queste teorie si spingono nella sfera intellettuale, credete, o signori, che tosto o tardi queste idee, queste teorie si tradurranno in effetto, otterranno la vittoria nell’ordine politico ed economico.” Cavour si rivolgeva alla parte conservatrice del Parlamento piemontese che era inutilmente conservatrice, all’eccesso, e la sua paura, delle idee che sarebbero penetrate nelle masse erano proprio per le idee socialiste. Questo passo l’ho tratto da un’antologia per le scuole superiori del 1970, Culture. Ottocento e Novecento, Zanichelli, Bologna, che aveva avuto all’epoca molto successo, di 1300 pagine tutte indirizzate a riproporre passi significativi come quello riportato. Un libro da studiare. Qualche cartina, qualche riproduzione di quadri di noti pittori. Basta. Il testo la faceva da padrone. Basterebbe sfogliare una antologia recente per accorgersi delle differenze che vanno nel senso della vita attuale, belle da vedere a scapito della formazione di un percorso di sapere strutturato. Pare che studiare sia diventato un verbo desueto e vecchio, che odora di stantio. 

Risultato: ignoranza e stupidità informatica che vincono su tutta la linea. Quello della scuola è un campo da riprendere in mano da parte degli intellettuali (gli autori della meritevole antologia citata sono Pietro Bonfiglioli e Marzio Marzaduri). Ma tutto lo spettro culturale va ripreso in mano, in senso strutturato: “La filosofia e lotta di classe nella teoria.” (Louis Althusser, Umanesimo e stalinismo, De Donato editore, Bari, 1973, p. 13) Da quando la sinistra comunista più o meno in stretta relazione al pensiero del filosofo di Treviri ed al suo amico e compagno Friedrich Engels, è assente dal Parlamento italiano le cose politiche da noi non sono andate meglio, neppure per la borghesia. 

Questa si è trovata imbarbarita e priva di cultura, ammesso le interessi, con solo la corsa al profitto ad ogni costo da coprire. Certo è quello che le interessa maggiormente, ma anche un aspetto culturale che sappia capire il balletto lei stessa che sta conducendo sull’abisso che ha creato, abisso ecologico e sociale, dovrebbe avere per un poco di interesse. Se così non fosse poco si capirebbe, come poco in effetti si capisce, del nostro futuro prossimo o remoto. Ma senza soffermarci su questo punto, almeno le intelligenze, Mazzini le chiamava così, dovrebbero dare prova delle loro esistenze in relazione, ovviamente, con il momento in cui viviamo. Insomma, gli intellettuali dove sono finiti? 

Si facessero sentire a livello pubblico, intervenissero un poco e sempre di più nelle miserie sociali che sono intanto aumentate dal secolo scorso in modo abnorme. Avessero a cuore e sorti dell’uomo, essere con il quale si sciacquano spesso la bocca e poco più. Siamo in attesa di parole confortanti, di indirizzi di lavoro chiari, di una luce che ci illumini di più su questa strada che stiamo percorrendo, oramai piena di buche, puzzolente di rifiuti piò o meno tossici, piena di ombre inquietanti. Non sarebbe così difficile. Forza! 

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