Le famiglie professionali: l'ennesima beffa ai danni dei lavoratori della PA?

 Sempre più ingarbugliata la trattativa per il rinnovo dei contratti nella Pa che riguardano circa 3,2 milioni di dipendenti. La confusione è tale che stanno girando innumerevoli versioni della bozza contrattuale e, ultima notizia, vorrebbero assegnare alla contrattazione integrativa compiti spettanti invece a quella nazionale come la definizione dei profili professionali presenti nelle aree di inquadramento. 

 Così facendo il contratto nazionale uscirebbe ulteriormente indebolito dopo anni nei quali sono stati previsti aumenti di alcuni istituti contrattuali senza adeguato finanziamento. Così facendo hanno scaricato sulla contrattazione di secondo livello non solo la definizione di alcuni criteri ma anche l'importo di istituti contrattuali che aumentati hanno determinato la perdita della produttività, giusto a ribadire che gli istituti vanno prima finanziati e poi aumentati.

Nei precedenti contratti già si parlava di revisione dei profili professionali, ora all'ombra del Pnrr questa esigenza è diventata ancora più  forte con la possibilità che i neo assunti possano anche mantenere la iscrizione agli albi professionali. 

L’individuazione delle famiglie professionali non è cosa da poco, servono conoscenze e competenze anche relativamente alle funzioni affidate per legge alle singole amministrazioni. Dietro a una eventuale decisione che demandi alla contrattazione decentrata la definizione delle famiglie professionali si nasconde più di una insidia, il sindacato dovrebbe fare ben altro come tutelare il potere di acquisto e di contrattazione e non pensare di concertare decisioni del genere. Altro rischio è quello di lasciare troppo spazio decisionale, e discrezionale, ai datori di lavoro e ai dirigenti, il rischio lo corriamo soprattutto nel caso delle progressioni di carriera.  

Non saremo certo noi a sostituirci ai datori di lavoro, ben vengano le ricognizioni di competenze acquisite dai singoli dipendenti ma da qui a pensare che le Rsu debbano sostituirsi al datore di lavoro corre grande differenza. Una eventuale revisione degli ordinamenti professionali dovrà scaturire da obiettivi chiari del Governo e dell'Aran, se vogliono premiare le conoscenze acquisite basta prevedere meccanismi automatici e inquadramenti in fascia superiore, se invece vogliono investire le Rsu di responsabilità datoriali noi non saremo certamente favorevoli. 

In questi anni la certificazione delle competenze si è trasformata in una sorta di inutile esercizio burocratico soprattutto perchè il sistema delle progressioni verticali è ingessato da norme regressive. 

Che cosa poi intenderanno per «famiglie professionali» non è facile comprenderlo, sicuramente non vorremmo trovarci nella condizione di scaricare sui contratti decentrati il compito di favorire inquadramenti superiori per esigue minoranze ma con i soldi della produttività collettiva, un po' come hanno fatto nella contrattazione decentrata con l'aumento della condizione di lavoro senza mai finanziarla preventivamente e creando una giungla di importi rimessa alla discrezionalità della contrattazione di secondo livello. 

E per essere espliciti qualcuno dovrebbe anche spiegare come sia possibile demandare certi compiti alla parte sindacale senza rivedere prima il Dlgs 165/2001 che assegna ai dirigenti l'esclusivo compito di individuare risorse e profili professionali per svolgere determinati compiti.


Dove sta allora la trappola?

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