La mission dei padroni.....

Riforme, riforme, contenimento del debito, ripresina, non vanificare gli sforzi fatti (ma poi da chi?), quante volte dovremo sentire , da qui al 4 Marzo, questi ritornelli?
 L'idea della competitività ormai non riguarda piu' solo le fabbriche, la competitività ormai la ritroviamo ovunque, sinonimo di una società dominata dalle regole del mercato e con rapporti sociali ben definiti, a esclusivo vantaggio dei dominanti.
Produttività è ormai la parola chiave che ci permette di conoscere il futuro che poi è assai simile al recente passato, dal cottimo operaio o nell'edilizia si passa al cottimo digitale, dalle catene della fabbrica fordista alla piattaforma digitale, dalla forza lavoro contrattualizzata a quella precaria dominata dai bassi salari. Ma attenzione a non cadere nell'inganno secondo il quale i nuovi padroni sarebbero anonimi algoritmi , a muovere le fila di questa macchina complessa sono gli uomini, o meglio le regole del profitto, lo sfruttamento intensivo della forza lavoro che va di pari passo allo smantellamento del welfare, al rafforzamento delle disuguaglianze sociali ed economiche. Dietro il concetto di produttività, di competetività anche fuori dalle fabbriche si realizza la fine di quella dicotomia tra occupati e disoccupati che porta a un grande esercito industriale da sfruttare a 360 gradi. Bisogna essere attivi e perennemente connessi, a disposizione 18 ore su 24, l'essere umano diventa un automa, si fa macchina per accrescere i profitti di pochi e l'alienazione sottopagata di molti. Chi da anni racconta la novella , non lieta, di una digitalizzazione che libererebbe l'uomo dallo sfruttamento, dagli orari codificati è solo un incallito bugiardo perchè nasconde la realtà piu' drammatica ossia milioni di uomini e donne messe al lavoro dalle macchine a costo irrisorio o spesso gratuito, del resto esistono algoritmi che permettono di ricavare dati dagli ignari navigatori dei social network ricavandovi informazioni e strategie di mercato.
E non dimentichiamo mai l'altra faccia della digitalizzazione rappresentata dalla tendenza a delocalizzare la produzione  nei paesi ove costa meno la manodopera o a costruire magazzini nella logistica dove la forza lavoro viene governata da algoritmi costruiti ad arte per non lasciare un attimo di pausa al malcapitato facchino, algoritmi governati e gestiti materialmente da qualcuno, non una sorta di guida astratta

I processi tecnologici diventano dirimenti, prima vanno capiti, scomposti e analizzati alla luce della organizzazione materiale del lavoro e della vita che determinano i nuovi algoritmi, una operazione necessaria che non puo' ridursi a giustificare qualche vecchia teoria come la fine del lavoro, la centralità del reddito minimo. Macchine e forza lavoro hanno un rapporto stretto che non è piu' quello fordista ma se proprio vogliamo saperlo è decisamente peggiore.

 Sarà per questo motivo che ogni giorno ci raccontano dei nuovi valori, la produttività e la competitività delle quali il paese sembra non potere piu' fare a meno, lo slogan, lanciato a una convention padronale di Confindustria,  parla di "più lavoro, più crescita, meno debito pubblico" che poi tradotto in altri termini significa lavoro a basso costo e senza garanzie, accordi sindacali arrendevoli, piegati all'incremento produttivo e a logiche aziendali, salari collegati ai profitti, abbattimento della spesa pubblica con ridimensionamento del welfare.  E' questa la ricetta per la ripresa del paese uscita da Verona, una sorte di vademecum per la classe politica che uscirà dalle prossime elezioni di Marzo  . Non ci interessa oggi stabilire a quale blocco sia piu' vicina Confindustria, i padroni del resto fanno affari con tutti e indistintamente a tutti chiedono di favorire determinati interessi che passano dal rafforzamento del Jobs act a Industria 4.0, alla salvaguardia della Fornero proseguendo con l'innalzamento progressivo dell'età pensionabile, dalle infrastrutture a un sistema di regole legislative che non sia di ostacolo alla crescita dei profitti. E' questa l'idea del paese che hanno in mente i padroni, poi se a vincere saranno il Pd o le destre poco cambia, basta che il programma dei padroni venga realizzato. «Non c'è ideologia che tenga», del resto ormai la cultura industriale e padronale è trasversale alla stragrande maggioranza dei partiti politici che parlano indistintamente di sicurezza, competività, tenuta dei conti pubblici, innovazione, rilancio del sistema paese, una egemonia culturale e politica che ormai piega i programmi elettorali alla nuova mission, la mission del capitale e  dei padroni.

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