Ridurre il debito? E' la priorità assoluta per finanza e padroni. E di noi chi parla?

Maggiore stabilità in Europa , abbattere il debito, continuare nella politica di austerità temperata, sono parole non nostre ma di chi, in ambito governativo, finanziario ed economico, detta le priorità verso le quali indirizzeranno risorse economiche.
Ma sarà vero poi che  la crescita economica italiana sia in via di consolidamento?  Intanto sarebbe da indagare la stessa nozione di ripresa che in teoria dovrebbe essere rappresentata da aumento dei consumi, dei redditi, posti di lavoro stabili, distribuzione delle ricchezze in prevalenza verso la massa dei consumatori. In teoria ma non in pratica visto che la ricchezza prodotta va verso i capitali e non ai redditi da lavoro dipendente, si persegue con la politica dei bonus nell'incapacità di costruire nuovi strumenti di welfare e il lavoro poi? Dilaga quello gratuito e le forme precarie.

La loro ripresa è quindi la nostra stagnazione, proviamo a rovesciare anche i termini abusati, la presunta  «credibilità ed efficacia delle riforme» significa rassicurare le Borse ma assai meno i cittadini, politiche monetarie ed economiche dettate dalla BCE e delle quali,  il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, si appresta ad essere il guardiano istituzionale.  Proseguire con le riforme cosa vorrà dire? Estendere il jobs act, innalzare l'età pensionabile con le cosiddette aspettative di vita (e se  un domani dovessero essere negative ridurranno anche l'età pensionabile?) , mantenere bassi i salari e barattare gli aumenti con i bonus, destinare la ricchezza prodotta all'abbattimento del debito (privato ma chiamato pubblico o meglio scaricato su noi tutti\e) .

Insomma, in campagna elettorale si lanciano messaggi inequivocabili, lo si fa attraverso i poteri forti e i mezzi di stampa. Una distanza abissale tra gli annunci e la vita reale delle persone, si calpestano i problemi reali rappresentati dal lavoro che non c'è, dalla precarietà esistenziale e  abitativa, da uno stato sociale che ormai non assicura piu' garanzie e tutele sufficienti. Ma i poteri forti, invece, sono preoccupati da altro, dai tassi di interesse , dall’equilibrio dei conti pubblici, dalle banche  (non dai bancari che in pochi anni hanno visto ridurre di migliaia di unità la forza lavoro), dalla volontà di stabilire, a livello europeo, politiche e meccanismi di spesa in materia di investimenti infrastrutturali,  difesa e immigrazione, da politiche sempre piu' oppressive per i diritti della forza lavoro. 
Allora?
Rimettere al centro i problemi reali nell'analisi, nella lotta sindacale e politica, nelle chiacchere da bar, è diventato dirimente, farlo senza mutuare le parole dell'avversario di classe, disinteressarsi al political correct e alla compatibilità delle nostre idee con i programmi di governo.

Siamo su due piani antitetici, è bene ricordarselo ogni giorno da quando ci alziamo a quando spengiamo la luce del comodino.

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