A SETTE ANNI DALLA SCOMPARSA DI LUCIO MAGRI: IL GENOMA GRAMSCI
A SETTE ANNI DALLA
SCOMPARSA DI LUCIO MAGRI: IL GENOMA GRAMSCI di Franco Astengo
Il prossimo 28 novembre ricorre il settimo anniversario
dalla scomparsa di Lucio Magri.
Mi permetto di auspicare che questa data sia ricordata
adeguatamente da quanto rimane della sinistra italiana, e in particolare da
parte del “Manifesto".
Un ricordo rivolto non tanto e non solo alla persona ma al
contributo dato, per sua importante iniziativa e capacità di riflessione, da un’area
politica che nel corso degli anni si è impegnata a fondo per fornire caratteri
e prospettiva alla nostra storia.
Accenno a un solo passaggio nell’opera di Lucio.
Mi riferisco all’individuazione di quel “genoma Gramsci” che
Magri così lucidamente ha definito nel suo “sarto di Ulm” avanzando la proposta
di tornare a raggiungere un grado di autonomia teorica che oggi manca,
ponendosi proprio sul piano del riferimento alla storia del movimento operaio e
comunista.
Nulla, però, nell’individuazione di questo passaggio
fondamentale e nella relativa proposta politica deve essere lasciato
all’emozione del momento, alla semplicistica volontà dell’apparire e meno che
mai all’idea di compiere delle scelte e avanzare delle proposte sulla base dei sondaggi
e degli umori correnti.
Il legame vero delle proposte politiche con la realtà del
radicamento sociale deve verificarsi per il tramite dell’elaborazione collettiva
da parte del soggetto politico, del partito.
Partito cui dovrebbe toccare ancora il duplice compito: da
un lato di ricezione della realtà sociale e dei bisogni delle masse, dall’altra
di formazione nel senso di esercizio di una vera e propria “pedagogia della
classe”.
E’ stata questa la lezione che deriva dall’assunzione piena
del cosiddetto “genoma Gramsci” che proprio Lucio ha ricordato con grande
chiarezza ed espressione di spessore culturale nel suo “sarto di Ulm”.
Stiamo attraversando un momento nel quale la questione non è
quella di “suscitare la rivolta” bensì di organizzarla e di fornirle uno sbocco
politico.
In questo senso la “lezione magriana” appare quanto mai
valida e da ricordare.
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