Lo spettro delle pensioni si aggira per lo Stivale


L'ufficio parlamentare di Bilancio parla di oltre 600 mila lavoratori\trici in uscita dal mondo del lavoro. Preoccupa Confindustria e il Governo l'uscita dal lavoro di chi ha poco piu' di 60 anni e potrebbe restare produttivo almeno per un lustro, allo stesso tempo l'esigenza di un cambio generazionale, nel privato e nel pubblico, è diventata insopprimibile.
I dati Inps dell'ultimo decennio sono poco utili per comprendere il futuro, dubitiamo che la generazione  nata a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta abbia iniziato , in numeri considerevoli come accedeva anni prima, a lavorare a 14\5 anni arrivando a maturare a 60 anni oltre 40 anni di contributi e pensioni lorde di 2000 euro mensili.

Lo spauracchio dei pensionamenti anticipati rispetto alla pensione di vecchiaia è stato utilizzato per allontanare ogni tipo di  discorso sull'abbassamento dell'età pensionabile, allo stesso tempo il vecchio calcolo dell'assegno previdenziale non si applicherà nell'immediato futuro (pensione lorda risultato degli anni di anzianità moltiplicati per l'ultima retribuzione lorda e con un tasso di rendimento a un tasso del 2%)  perchè le pensioni sono ormai tutte dentro il sistema contributivo.

I padroni vorrebbero che a pagare il ringiovanimento della forza lavoro fosse lo Stato, cioè noi, con ammortizzatori sociali, ape sociale e una riforma della previdenza per favorire il ricambio generazionale. Contemporaneamente sanno bene di non avere formato giovani e senza formazione si va poco lontano, manca la forza lavoro specializzata da impiegare in produzione.

 Non è detto poi che molti scelgano la opzione quota 100, 62 anni e 38 minimi di contributi, le previsioni sono passibili di smentita, si parla di numeri imprecisati che vanno da 360mila  a 437mila: 212mila circa con una prospettiva di assegno a calcolo misto e 224mila a calcolo totalmente retributivo ( stando a Il Sole 24 Ore).

Grande continua ad essere la confusione sotto il cielo, eppure sarebbe semplice conteggiare i lavoratori precoci, quelli che hanno 41 anni di contributi dei quali uno almeno prima dei 19 anni, verificare i lavoratori disagiati e fare due conti abbastanza precisi sulla forza lavoro destinata alla pensione. Oscillando i numeri e le dichiarazioni sulla quota 100 si alimenta ad arte la confusione con il risultato di allarmare le autorità economiche e finanziarie e scegliere alla fine le soluzioni peggiori per i lavoratori e le lavoratrici.

Non a caso il superamento della Fornero, che poi superamento non sarà, avviene a costo di forti decurtazioni, molto dipenderà dalle condizioni economiche delle famiglie, chi deve contare a fine mese anche gli spiccioli difficile che possa rinunciare a decine di euro al mese.

I padroni sono infidi, da una parte chiedono la salvaguardia dei conti pubblici e il contenimento della spesa previdenziale ma poi non lesinano aiuti e richieste di nuovi ammortizzatori sociali, per il cambio generazionale non baderebbero a spese (i nuovi assunti avranno contratti sfavorevoli e costeranno alle imprese decisamente meno considerati anche gli sgravi fiscali per neo assunti) sempre che a pagare siano ovviamente le casse statali. Da qui la richiesta di incentivi forti per assumere i giovani ripetuta ogni settimana in tutte le iniziative pubbliche di Confindustria.

Le tematiche previdenziali e occupazionali dovrebbero essere argomento di battaglia per il sindacato, al contrario sono tutti in attesa del nuovo decreto legge dividendosi tra i tifosi del Governo e i partigiani del presidente Inps, Boeri, che da mesi rappresenta il punto di riferimento per quanti vorrebbero mantenere in toto l'impianto della Fornero e accelerare perfino sull'aumento dell'età pensionabile in base alle cosiddette aspettative di vita.

 I lavoratori ridotti a tifosi sono lo specchio della paralisi in cui si trova oggi il sindacato schiavo ormai della subalternità\complicità a quei poteri economici e politici che dovrebbe invece contrastare.



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