Ministra Bongiorno : la inefficienza costituisce un piccolo reato.
L’intervista rilasciata al quotidiano Il Messaggero lo scorso 23 novembre 2018 dal Ministro della Funzione Pubblica Giulia Bongiorno ha un titolo che si commenta da solo: «Statali, l`inefficienza punita come i piccoli reati»
Il
titolo sarà frutto della redazione giornalistica ma i contenuti
dell'intervista meritano attenzione, quella attenzione che invece è
mancata anche da parte dei sindacati a partire dall'approvazione del
decreto Concretezza.
La
inefficienza è solo frutto di comportamenti individuali o degli errori
della macchina organizzativa? E si puo' parlare di inefficienza quando
ci sono due infermieri in un reparto che ne prevederebbe in teoria
almeno il triplo?
Veniamo
da anni, lustri, nei quali prendersela con i dipendenti pubblici è
stato lo sport preferito dei Governi, eppure la pubblica amministrazione
ha solo perso colpi come dimostrato dalla inutile, e dannosa, riforma
che ha affossato le Province e cancellato il Corpo Forestale senza
dimenticare gli organici e gli strumenti ridotti all'osso per sanità e
vigili del Fuoco.
La pubblica amministrazione e il welfare sono lo specchio di un paese,
dalle condizioni in cui versano ospedali, scuole, dalla manutenzione del
territorio si misura la serietà e l'efficienza dello Stato.
In
seno al Governo esiste probabilmente un pregiudizio verso i dipendenti
pubblici se il Ministro della Pa asserisce che nella libera professione
si dà il massimo al contrario del pubblico, ci chiediamo allora se la
Bongiorno conosca realmente i settori di cui è ministro, se ha qualche
idea su come si lavori in un Comune o nei Vigili del Fuoco, all'agenzia
delle entrate o all'Inail.
La
colpa del pubblico impiego sarebbe allora quella di non essere gestita
con criteri di mercato, altra colpa sarebbero gli stipendi stabiliti
dal contratto nazionale, si vorrebbero forse salari bassi e variabili a
seconda delle presenze, di quella produttività misurata con criteri ben
poco oggettivi e discrezionali? L'idea poi che il massimo impegno sia
profuso da chi sta ogni giorno sul mercato è un altro luogo comune,
basti pensare che i superpagati managers si portano a casa premi di
risultato stratosferici se hanno distribuito utili tra gli azionisti,
poco conta se hanno creato posti di lavoro o promosso produzioni verde a
basso impatto ambientale, i criteri con i quali il loro operato viene
giudicato sono altri.
La
cosiddetta teoria del fannullonismo coniata da Ichino e alimentata da
Brunetta è stata fatta propria anche dalla Bongiorno, eppure i dati
dimostrano che nell'arco di un decennio le assenze nel pubblico impiego
sono state abbattute (piu' del privato in percentuale).
E'
un luogo comune che nel Pubblico non si lavori, semmai bisognerebbe
andare oltre la generica descrizione di un Pubblico impiego dove
convivono eccellenze e imboscati, il cerchiobottismo non aiuta a
comprendere e men che mai ad affrontare i problemi, alimenta piuttosto
generici luoghi comuni, lo sterotipo diventa massima assoluta.
Chi
dovrebbe individuare e mettere all'opera gli imboscati? Gli strumenti
esistono per controllare i dipendenti senza per questo creare un clima
repressivo e da caserma, i controlli perchè non sono esercitati?
Non
sarà che la Pubblica amministrazione funzioni male per scelte politiche,
gestionali e organizzative trasversali agli schieramenti politici? E
ogni volta che si è attaccato il pubblico non si cercava una
giustificazione per favorire il privato e le esternalizzazioni di
servizi?
E chi doveva verificare la presunta convenienza delle
privatizzazioni perchè non ha mai redatto un report con dati analitici ?
Semplicemente perchè avrebbe dovuto spiegare che la presunta
convenienza dipende dai bassi salari degli addetti, crolla il potere di
acquisto degli esternalizzati, aumentano i carichi di lavoro ma nello
stesso tempo i costi a carico del pubblico non diminuiscono.
E' il caso
della sanità di certe regioni del Nord, i servizi privatizzati e in
convenzione non costano alle Regioni meno del pubblico, eppure i
dipendenti hanno paghe differenti, quindi chi guadagna e lucra su questo
sistema?
Sanzioni, adempimenti formali, maniacale controllo delle timbrature non
sono sinonimo di efficienza e produttività, da dipendenti pubblici
possiamo asserire, senza smentita, che si puo' essere regolarmente in
ufficio rendendo poco o nulla, non è certo la pausa bagno o caffè la
causa del calo di produttività
L'idea che il mercato sia sinonimo di efficienza è un pericoloso stereotipo, i grandi managers ricorrono sovente ai soldi pubblici perchè chiudono le aziende in Italia per delocalizzare la produzione dove il costo del lavoro è ai minimi termini, sarebbero questi gli esempi da seguire?
E se poi gli imboscati sarebbero i dipendenti in mobilità è bene ricordare che queste liste non esistono piu', un dipendente pubblico ha 24 mesi di tempo per essere ricollocato e passato questo tempo potrebbe anche essere licenziato.
Sono tuttavia rarissimi i casi di mancata ricollocazione dei dipendenti pubblici (basti vedere quanto accaduto con le Province), mentre diffusissimi sono i casi di demansionamento del personale anche per favorirne la ricollocazione. E poi la mobilità del personale esiste, anzi viene preferita a nuove assunzioni, a procedure concorsuali ex novo in nome del risparmio.
Non esiste invece la formazione, difficile che all'inizio dell'anno un Ente abbia già individuato i corsi formativi e i percorsi necessari per accrescere le competenze degli organici. E dalla innovazione e aggiornamento, dalla dotazione di strumenti adeguati, dipende l'efficienza e la modernità della Pa, è bene non dimenticarlo mai.
Chiudiamo sugli appalti , un punto dolente per gli enti locali visto che le procedure sono talvolta macchinose e complicate ma in molti casi indispensabili se vogliamo evitare fenomeni corruttivi. Capita che si scarichino su uffici e servizi il compito di bandire gare, compito per il quale servono competenze non improvvisate, ebbene perchè non si è pensato prima alla formazione?
Bisognerebbe chiederlo ai Sindaci ormai interessati al loro programma di mandato senza prima verificare se la macchina organizzativa a loro disposizione è in grado di perseguire certi obiettivi.
Insomma nulla di nuovo sotto il cielo, solo la voglia di colpevolizzare i dipendenti pubblici che magari hanno anche le loro colpe (per esempio non avere mosso un dito nei 9 anni di blocco dei salari) ma hanno subito anni di tagli, decurtazioni salariali, mortificazioni derivanti dalla svalorizzazione del loro ruolo e delle stesse funzioni.
Da qui, dalla valorizzazione dei servizi pubblici e della forza lavoro che in essi opera, da nuove assunzioni, dalla formazione, da salari dignitosi, dai processi tecnologici, bisogna ripartire senza dimenticare che nel mondo possano esistere anche i furbetti (che ovviamente vanno messi in condizioni di non nuocere al cittadino e ai colleghi) ma mai dovrebbero essere l'alibi per fare di ogni erba un fascio.
Il luogo comune e lo stereotipo sono invece funzionali a gettare discredito sugli enti pubblici favorendo il disprezzo dei cittadini che pagano le tasse e vorrebbero servizi efficienti, quella efficienza che le politiche degli ultimi anni hanno allontanato a colpi di tagli .
Sono quindi le politiche di austerità e di mercato la causa del problema, non certo la soluzione
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