ACCADDE OGGI ….65 ANNI FA. DI LAVORO SI MUORE OGGI COME IERI.

 

ACCADDE OGGI ….65 ANNI FA. DI LAVORO SI MUORE OGGI COME IERI.

Risparmiare sulla sicurezza dei lavoratori e dei cittadini per aumentare i profitti: questo è il capitalismo!

 

8 agosto 1956 a Marcinelle, in Belgio 252 lavoratori di diverse nazionalità di cui 136 emigrati italiani furono uccisi da uno scoppio in una miniera di carbone a mille metri sotto terra dove si lavorava a ciclo continuo.

Al momento dello scoppio e successivo incendio, nella miniera del Bois du Cazier, di proprietà statale lavoravano 275 minatori e si salvarono solo in 13.

Il disastro ebbe origine da uno dei carrelli che si bloccò nel montacarichi del pozzo del Bois du Cazier, provocando la rottura di un condotto di olio sotto pressione e di alcuni cavi elettrici che fece scattare un'esplosione e l'incendio che si propagò rapidamente a tutta la miniera dove mancavano misure di prevenzione individuali e collettive.

Non ci fu nessuna possibilità di scampo per gli uomini al lavoro: intrappolati dal fuoco e soffocati dall'ossido di carbonio, morirono a 1000 metri di profondità.

 

Questa strage proletaria dei 'musi neri', così erano chiamati i minatori a causa della polvere di carbone che ricopriva i loro volti, vivevano vicino alla miniera in baracche che fino a pochi anni prima avevano ospitato i prigionieri sovietici dei lager tedeschi e poi, dopo la sconfitta, gli stessi prigionieri tedeschi.

Ricordiamo che nel dopoguerra dall'Italia arrivarono in Belgio 140.000 lavoratori, grazie ad un accordo "uomo-carbone" tra i governi: l'Italia inviava mille minatori a settimana in cambio di 200 chili di carbone al giorno per emigrato.

 

Oggi alla cerimonia ufficiale che ricorda la strage, l’Italia è presente con un sottosegretario, l'Ambasciatore d'Italia in Belgio, il Direttore Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie, e un senatore della Commissione Esteri.

Partecipano anche politici belgi, tra cui il vice premier del Governo federale, Pierre-Yves Dermagne, e numerosi esponenti della collettività italiana e locale e delle associazioni dei minatori. Autorità che come sempre verseranno lacrime di coccodrillo pronunciando parole “come mai più” ecc nascondendo il fatto che per il profitto dei capitalisti si continua a morire “legalmente” in tutto il mondo e in particolare in Italia senza adeguare le misure di sicurezza sul lavoro e facendo leggi che lascino impuniti i responsabili di questi omicidi (vedi Cartabia).

 

L’ITALIA E’ UNA REPUBBLICA FONDATA SULLE STRAGI DI OPERAI E CITTADINI TUTTORA IMPUNITE.

 

Ricordiamo la Strage di Ribolla, dove il 4 maggio 1954 un'esplosione di grisou in un pozzo a 260 metri di profondità causò la morte di 43 lavoratori. 

 

Ricordiamo le Stragi del Vajont del 1963 con 1910 vittime, ma l’elenco è drammaticamente lungo (Ravenna-Mecnavi, Torino – Tyssenkrupp, Bologna OGR/Casaralta, Casale Monferrato –Eternit, Monfalcone-Cantieri Navali, Morti amianto Breda, Pirelli, Alfa Romeo, Viareggio-strage ferrovaria, Napoli-Pozzuoli Sofer, Taranto/ ex-Ilva, Molfetta-serbatoi-trasporti, Mineo-depuratori , Arena Po-azienda zootecnica, Modugno-fuochi artificiali, Ponte Morandi, …senza contare le malattie professionali) e la lista non finisce qui…

 

 

Ricordiamo solo gli ultimi più eclatanti, di Luana D'Orazio, uccisa a 22 anni sul lavoro, risucchiata in una pressa mentre lavorava in un'azienda tessile di Montemurlo, in provincia di Prato: 

 

di Adil Belakhdim lavoratore di 37 anni e responsabile provinciale del Si Cobas di Novara assassinato, ucciso travolto da un camion che ha a forzato il picchetto dei lavoratori davanti al magazzino Lidl di Brianbate, Novara, durante lo sciopero generale della logistica indetto dal sindacato di base Si Cobas.

 

Di Laila El Harim, l'operaia 40enne morta in un'azienda nel Modenese intrappolata in un macchinario, per sagomare materiali da imballaggi.

 

Oggi nella democratica Repubblica Italiana nata dalla Resistenza si continua a morire come nell’ottocento e negli anni 50’/60’. I morti sul lavoro, dei disastri ambientali, i morti del profitto sono considerati dalla società capitalista effetti secondari del modo di produzione capitalista, morti necessarie per realizzare il massimo profitto e per questo i responsabili rimangono impuniti aiutati dalle leggi dei padroni.

 

Non è “la fatalità”, “l’errore umano”, la causa di questi omicidi. E’ la condizione di sfruttamento, di schiavitù, di ricatto. Viviamo in una società che sostenendo le forme più disumane dell’organizzazione capitalistica del lavoro, non si cura della salute e della vita dei lavoratori né italiani immigrati.

Negli ultimi dieci anni sono morti oltre 17 mila lavoratori in “incidenti” sul lavoro (senza contare i lavoratori in nero, gli invisibili), e nel 2020  sono oltre 2000 (anche per il covid).

 

Dunque basta con le ipocrisie e affermazioni “Pretendiamo zero morti sul lavoro” e poi non fare nulla per impedire queste stragi che continuano a restare impunite, tollerate da governi. Confindustria e sindacati confederali.

 

 

Nonostante questo non possiamo rassegnarci a essere carne da macello.

 

Dobbiamo lottare contro i crimini provocati da attività imprenditoriali, finalizzate ad ottenere profitti economici (lucro) vanno perseguiti a livello civile e penale. La dignità delle vittime e il loro diritto a ottenere giustizia devono essere riconosciuto prima (o quantomeno, al pari) del diritto alla difesa degli accusati. Il diritto morale al riconoscimento della verità dei fatti non può in alcun modo essere “compensato” con il risarcimento economico del danno subito.

 

Contro questi “crimini di pace” molte associazioni delle vittime del profitto riunite nel Comitato NOI 9 Ottobre, fra cui il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, di cui faccio parte, organizzerà una manifestazione (nel rispetto di eventuali norme Covid) sabato 9 ottobre, dichiarata Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri industriali e ambientali.

 

 Il 9 ottobre, lo ricordiamo, è anche l’anniversario della strage del Vajont, 1910 vittime del profitto e nessun colpevole grazie anche della complicità dello Stato, ritenuto colpevole di omicidio colposo plurimo con l’aggravante della prevedibilità.

Il Vajont è la metafora di tutte le stragi del profitto avvenute dopo.

 

CONTRO UN MODO DI PRODUZIONE FINALIZZATO AL PROFITTO CHE UCCIDE GLI ESSERI UMANI E LA NATURA CONTINUEREMO A LOTTARE .

 

I MORTI DEL PROFITTO SONO CRIMINI CONTRO L’UMANITA’.

 

 

Michele Michelino, Presidente del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

 

 

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