I contratti ad personam

 I  continui rinvii per la sottoscrizione dei contratti pubblici non sono solo prodotto di una fitta agenda governativa e delle priorità dettate dal Pnrr e dalla lotta alla pandemia, i ritardi sono invece dettati da altri obiettivi sui quali il sindacato, qualora volesse essere ancora credibile, dovrebbe aprire una riflessione.

Ma questa riflessione equivarrebbe a una ammissione di colpa perchè le trattative in corso, per quanto rallentate, sono già entrate nel merito di innumerevoli questioni tralasciando invece due aspetti dirimenti:il recupero del potere di contrattazione a vantaggio delle Rsu elette nei luoghi di lavoro e il recupero del potere di acquisto perduto nei nove anni di blocco della contrattazione con aumenti dignitosi della paga base senza alcun rinvio al secondo livello di contrattazione ancorato alla lotteria della performance.

Poi ci sarebbero altri aspetti importanti come la gestione delle società in house nelle quali vengono ormai applicati miriadi di ccnl con svariati processi di esternalizzazione dei servizi.

 Non esiste alcuna bozza contrattuale sulla quale esprimere un parere, magari in assemblee organizzate prima che la discussione entri nel vivo, possiamo invece leggere articoli su riviste specializzate con anticipazioni e informazioni raccolte da fonti piu' o meno serie ed accreditate

Di certo sappiamo che rafforzeranno la performance proprio quando sta palesando enormi contraddizioni, disciplineranno lo smart working e rafforzeranno sanità e previdenza integrativa, l'esatto contrario di quanto servirebbe per il rilancio dei servizi pubblici e per il personale degli stessi.

Poi c'è la partita aperta dei profili professionali, fermi al 1999, potrebbero essere rivisti nell'ottica di costruire percorsi privilegiati di carriera per pochi a discapito dei tanti dipendenti della Pa.

Perfino sulla formazione non ci sono notizie rassicuranti, la nostra prosposta è quella di stabilire nei contratti una percentuale minima del bilancio destinata agli aggiornamenti e alla formazione in orario di lavoro, non con frettolose procedure on line da seguire magari nel tempo libero.

Si va cosi' parlando di "Attività di formazione certificate per le progressioni e di Risorse per il ridisegno degli ordinamenti"

La formazione del personale dovrebbe essere un costante aggiornamento per aumentare le competenze della forza lavoro, per anni sui vecchi contratti si faceva riferimento alla percentuale dell'1 % della massa salariale da dedicare alla formazione, poi se ne è persa traccia e ogni Ente ha agito a propria discrezione e senza confronto con le Rsu.

Ma fatti due conti questo 1% dei salari pubblici  corrisponde a dieci volte tanto quanto oggi viene speso in materia di formazione, poi ci chiediamo perchè il parametro di confronto non sia il Bilancio dell'Ente, che per legge deve essere in attivo piuttosto che la massa salariale visto che la formazione dovrebbe essere a carico del datore di lavoro. 

Il vero antipasto dei futuri contratti è reperibile nel fumoso e generico  Patto per l’innovazione del lavoro pubblico firmato a Palazzo Chigi da Governo e  sindacati, nel quale la formazione diventa non un obbligo datoriale ma una sorta di dovere del dipendente.

Le prime avvisaglie del futuro sono poi riscontrabili nel decreto sul reclutamento nella Pa, il Dl 80/2021 e con la scusa della crescita professionale si sono modificate le stesse regole per le progressioni economiche «orizzontali») e  per quelle «verticali»).  E intanto si rinvia alla contrattazione il compito di stabilire i nuovi inquadramenti professionali pubblici senza rimuovere quell'ostacolo che nella Pa impedisce l'automatico inquadramento in fascia superiore nel caso in cui si svolgano mansioni superiori. 

Cosa vorrà dire poi incentivare la partecipazione dei dipendenti alle attività di formazione? Da quanto capiamo sarà vincolante la partecipazione, e magari un esame finale per valutare le competenze acquisite, per le progressioni , il tutto per impedire scatti automatici orizzontali tanto che alcune Corti dei Conti si sono già espresse per limitarne il numero (la Corte Toscana parla del 35% dei dipendenti su base annua).

 Ci sembra evidente che si voglia costruire non un contratto valido erga omnes con recupero del potere contrattuale e di acquisto ma si guardi invece a un modello contrattuale ad personam.utilizzando discrezionalmente lo strumento  della formazione sempre che siano stanziate adeguate  risorse. E il nodo delle risorse destinate ai prossimi contratti nazionali torna ad essere centrale perchè gli aumenti stipendiali potranno essere per pochi e non per tutti alimentando quel darwinismo sociale che non ha prodotto alcun beneficio per i servizi pubblici e per il personale della Pa


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