Un ricordo di GIno Strada

 Negli anni Novanta ero al Liceo Parini di Milano come insegnante. In quella classe vi era pure la figlia di Gino Strada. Suo padre era in Siria, in una delle tante situazioni difficili che stava attraversando anche allora, con il suo lavoro di Emergency. Lei mi raccontava di questo fatto ed io le dissi: “Ma perché tuo padre, invece che aprire ospedali in Siria ed in altri posti critici del mondo non lo apre in Basilicata?”. Sapevo della difficile situazione medica in quella regione perché amici medici, cardiologia infantile, operavano là con grosse difficoltà. Da allora Emergency ha fatto anche questo, ha aperto nel Meridione d’Italia. Mi è venuto in mente quell’episodio, perso oramai nel tempo, oggi, alla notizia della morte di Strada. In fondo un coetaneo, qualche anno più di me, che ha passato una vita cercando di mettere in atto idee semplici ma proprio per questo terribilmente vere. La guerra, per di più quando palesemente inutile, ma la guerra in genere, poco risolve. Può farlo nel breve tempo, e come dimenticare il Risorgimento, la Resistenza, ma vi devono essere motivazioni ben profonde e etiche. Pare un ossimoro parlare di etica nella guerra e questa è comunque altra questione. Strada è morto il giorno in cui sulla Stampa di Torino è uscito un suo articolo, l’ultimo, che sottolinea l’inutilità della guerra in Afghanistan. Strada, Emergency ed Afghanistan sono strettamente intrecciati. Un intreccio che dura da decenni. Ed​ quel Paese la storia si ripete con sorprendente ciclicità, dopo la fine del tentativo comunista, distrutto dalla fine del mondo della guerra fredda, all’inizio degli ani’90. Anche allora gruppi armati di afgani verso Kabul che soffriva il suo destino prossimo venturo con angoscia. La fine del presidente, ultimo presidente comunista – lasciamo perdere le precisazioni ideologiche -, la sua fine, impiccato ad un palo assieme ad un televisore ed atra strumentazione del diavolo occidentale, fu emblematica. Per alcuni tale emblema andava difeso ad oltranza. Mi ricordo un gruppo trotzkista che raccoglieva soldi e uomini da spedire a difendere quel che restava del tentativo comunista. Naturalmente senza esito. Poco dopo, un pugno di anni, ancora Kabul, ancora una minaccia alla sua esistenza, ancor l’Islam radicale contro altri musulmani meno radicali, sullo sfondo dell’11 settembre 2001. I talebani all’inizio del secolo, ed ora come allora. Le Ong, Emergency nel numero, sono la prova reale della mancanza di capacità degli stati. Anche là ve n’erano a centinaia. Certo quella di Strada aveva risorse mediche eccelse e si posizionava, si posiziona ad un livello alto in quel mondo, ma, ripeto, in genere dimostrano che gli stati falliscono. E vien da sorridere, in mezzo alla tragedia, pensando alla prosopopea della NATO che ora può soltanto cercare di salvare il personale delle ambasciate occidentali – ci ricordiamo della fuga dal Vietnam e dalla Cambogia del personale delle ambasciate? Grandi super coordinamenti militari messi sotto scacco da gruppi di radicali che non gli permettono di stare sul posto in quello scenario di guerra; alla faccia dei droni guidati dai computer in USA, dei bombardamenti, delle armi di ogni tipo. Ma gli stessi che stanno vincendo militarmente ora sono solo il passato che ritorna. Una modalità di vita sociale che centra niente con una qualità di vita decente e spendibile alla luce della contemporaneità. Discorso scivoloso, ma almeno ricordiamoci della Rivoluzione Francese. Ma che diritti civili, ma che parità uomo e donna, ma che carriera scolastica, ma quale possibilità di cura nei luoghi adibiti alla stessa, quale economia, quale politica internazionale, quale ripudio della guerra. Sarà un Paese ancora attraversato dagli scontri interni e poi, per un po’, forse, pacificato nel medioevo islamico. Con lo stesso medioevo gli illuminati occidentali faranno affari. Già si stanno riposizionando nel gioco dei grandi Stati che stanno attorno all’Afghanistan. Già inizieranno i distinguo e le rivendicazioni per avere ottenuto dal Talebani uno straccio di modernità, forse possibile per poter condurre a buon fine interessi economici che servono all’Occidente. Ma la presenza di Emergency e tutto il lavoro di Strada e collaboratori dove andrà a finire? La sua morte è avvenuta in contemporanea con l’ennesima morte dell’Afghanistan. Così lui stesso ha descritto la fase attuale della storia del Paese asiatico, nel suo ultimo articolo. E inizierà un periodo altalenante che durerà sino alla prossima crisi, in cui tutte le alleanze internazionali entreranno a piedi uniti per portare a casa qualcosa: passaggi di oleodotti, strade per le materie prime, lotta o uso dei derivati del papavero da oppio, armi, traffici di ogni tipo. Sino alla prossima crisi, sino alla prossima grande avanzata di armati vittoriosi. Intanto gli sforzi di uomini e organizzazioni etiche saranno ancora una volta resi vani. I nostri soldati colà impegnati sono morti e rimasti feriti, a volte in modo definitivo. Per cosa? Venti anni di guerra, l’ultima, assolutamente inutile. Strada lo sapeva e lo diceva. Una presenza forte in un mondo fatto da piccoli uomini di yes men che così si rivolgevano e si rivolgono agli interessi macroscopici – YES. Ed ora cosa dire. Aveva ragione lui, avevano ragione altri che come lui lo dicevano. La guerra è inutile quando l’inutilità è così chiara e quando serve da paravento per interessi economici stratosferici. Quanto è costata? Quanto ha reso? Ed ancora, a chi ha reso? Ma a che serve dirlo, se non per una linearità etica? Ancora una volta la logica del profitto e dei rapporti di profitto internazionali ha avuto la meglio. Attendiamo la prossima grande questione di politica internazionale, in cui gli uomini saranno carne da macello, questa prossima volta, senza Gino Strada.

Tiziano Tussi

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