La Cub risponde al quotidiano Il Tirreno sulla fuga dal posto fisso

 Cub sindacato di Base Pisa



Abbiamo letto la vostra inchiesta sulla fuga dal lavoro fisso e vorremmo aggiungere alcune considerazioni che sintetizzeremo per punti

  • la fuga, se tale si vuol definire, è soprattutto dal lavoro precario, malpagato, dai part time a poche ore e con paghe orarie inferiori a un ipotetico salario minimo. La nostra città negli ultimi anni si è costruita sui lavoretti , sulla gig economy, su prestazioni mal pagate e sovente prestazioni occasionali, talvolta al nero. E non parliamo dell'economia costruita sui locali della movida ma anche di prestazioni che richiedono competenze più avanzate.
  • Abbiamo intervistato lavoratrici delle pulizie che ci dicono di avere rinunciato al posto fisso perchè non arrivavano a 600 euro mensili 200 dei quali spesi per trasporti, per un pranzo di fortuna con orari impossibili e spesso senza una maggiorazione oraria per i lavori serali e notturni
  • Nel settore aeroportuale registriamo invece una fuga , specie negli appalti, da lavori con basse retribuzioni e orari spezzati nell'arco della giornata lavorativa senza una mensa e senza compensazioni reali del disagio recato da questa flessibilità selvaggia
  • Per quanto riguarda il lavoro intellettuale, spesso viene ridotto a compiti amministrativi sotto pagato e con una mortificazione della forza lavoro che cerca altri impieghi o va all'estero dove le retribuzioni, le borse di studio e\o di ricerca sono economicamente vantaggiose con un welfare decisamente più inclusivo del nostro
  • quanto poi alla fuga dagli enti locali bisogna ricordare il blocco di 9 anni della contrattazione e delle assunzioni che hanno sancito la perdita in tutta la PA di oltre 500 mila posti di lavoro. Per gli Enti locali e tutta la PA la possibilità di carriera è decisamente ridotta e negli enti locali i salari ormai sono di poco superiori a quelli del multiservizi specie per i neo assunti che non possono accedere a reperibilità, straordinari e indennità che spettano solo ad alcune figure. Le differenze economiche tra i comparti della stessa PA spingono poi a partecipare a concorsi pubblici scegliendo poi settori come ministeri, sanità e università dove le paghe sono superiori agli enti locali
  • per quanto concerne le figure specializzate, è bene ricordare che si investe poco e male nella formazione e negli strumenti di lavoro, la continua intrusione della politica nella macchina amministrativa, presente dopo la riforma che ha dato super poteri ai sindaci, è un altro elemento di sfiducia da cogliere, negli enti locali si lavora in condizioni peggiori di quanto possa accadere nell'università o nei ministeri o in quello che si definiva un tempo parastato
  • le assunzioni per il Pnrr sono poi quasi tutte a tempo determinato e quindi la precarietà continua ad essere fin troppo presente negli enti locali con paghe per altro inferiori al settore privato e orari forse inferiori ma rigidi, in presenza e con la esclusività del rapporto di lavoro pubblico (non che sia un male ma sotto pagato risulta poco attrattivo)
  • i concorsi poi sono banditi con troppa lentezza e questo non fa che accrescere i carichi di lavoro e le mansioni esigibili di fronte a una carenza di personale cronica acuita anche dalle regole che limitano il numero di assunzioni in rapporto alla capacità dell'Ente costruita dalle regole dell'austerità che oggi continuano ad imperversare

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