Occupazione delle scuole

 Riceviamo e pubblichiamo questo articolo di Tiziano Tussi con una piccola premessa. La repressione contro gli studenti occupanti  le denunce, le bocciature sono parte integrante di un processo autoritario che mira direttamente alla contrazione degli spazi di libertà e di democrazia criminalizzando azioni di massa facendole passare come atti inconsulti e vandalici.

Ma la riflessione di Tiziano è anche un atto di accusa verso alcune pratiche dal basso senza prospettiva di cambiamento radicale della società e delle ideologie dominanti.

Qualcuno potrà accusarci di essere lontani anni luce dal sentire diffuso delle giovani generazioni ma non vogliamo limitarci a fare i tifosi o ad assumere acriticamente il punto di vista degli under 20 , per questo serve aprire un dibattito reale e una riflessione collettiva sul che fare



Occupazioni nelle scuole. Ha fatto scalpore quella del liceo Severi a Milano, meglio indicato come Severi (Liceo) Correnti (Istituto Professionale). Tre giorni, trentamila euro di danni, alcuni dicono quaranta, si era detto anche settanta. Ma insomma l’ammontare della cifra è comunque considerevole. Motivi dell’occupazione: i soliti problemi sociali mai pacificati, ad esempio il caso Pinelli, naturalmente il caso Palestina e l’uccisione di Dax nel 2003, in aggiunta un instant case come quello di Ilaria Salis. Contro la co-gestione proposta dagli inseganti, e poi la solta serie di fantasie contemporanee, come il torneo di calcetto, ad esempio. In sostanza, dice il collettivo della scuola, ci riprendiamo i nostri spazi, come vogliamo noi. Questo il sunto. Peccato che quel noi fosse di una esigua minoranza di studenti. Ma in definitiva molte azioni sono partite da minoranze. Questa invece non è mai partita.

Insomma, la solita improvvisazione e la solita mancanza di orizzonte critico verso il sapere, la sua trasmissione e l’ignoranza nella scuola, partendo dai responsabili sino ai professori. Le occupazioni da tempo si sono trasformate in un periodo di svacco più o meno accettato. Ben diversamente da quello che gli studenti, giovani anche loro, in momenti passati, portavano avanti. Ma erano altri tempi. E lo ha ricordato una ex ragazza, ormai in là con l’età, che nel 1966, prima del fatidico ‘68, aveva pubblicato sul giornale della sua scuola, il liceo classico Parini, una inchiesta su quello che pensavano le ragazze di allora su temi legati alla sessualità ed ai rapporti sociali familiari. La ragazza è tornata al Parini ora, a quasi sessant’anni da quella pubblicazione. Era il 1966, ripeto. Una data che ha anticipato quello che nelle scuole sarebbe esploso solo due anni dopo. Ma intanto: denunce agli estensori dell’inchiesta del giornale, tribunale, processo ed assoluzione per gli studenti. Un caso internazionale. * Anche nelle poche parole apparse sulla stampa ora della ex studentessa si desume la lontananza politica da quei tempi. Anche al Parini ci si lamenta che le liste studentesche non hanno più una visione politica. Al Severi-Correnti occupazione per motivi fragili e distruzione della scuola con rimpalli conseguenti di responsabilità e con il problema di chi ora dovrà pagare i danni, con scuola chiusa per due settimane. 

Insomma, il solito pasticcio e frullatore sul nulla, nel nulla, Studiare è una cosa seria, far controcultura è ancora più serio ed impegnativo, fare il nulla facile e produttivo per il potere. Si incontrano perciò due esigenze: il cazzeggio degli studenti e la permanenza di un potere generalizzato sulla società che sta ben attento a riprodursi senza contrasti sociali. Tutti e due gli aspetti si tengono, si legano: chi vuole cazzeggiare, non importa come, se bevendo a ripetizione e/o formando bande di piccoli violenti si intreccia con il potere che da costoro non avrà mai problemi seri, meglio loro che contestatori formati che portano motivazioni alternative alla modalità di conduzione della cosa pubblica. Anche il presidente della regione, Fontana, ha detto che queste sono cose che sono sempre accadute e perciò non occorre spendervi troppi pensieri. Insomma, tutto rientra nel consueto, nella solita rappresentazione, nel gioco delle parti. 

Certo qualche voce si è alzata per invocare più repressione, ma il tutto presto finirà e si tornerà alla solita scuola che accoglie ognuno e che assicura a tutti, o quasi, una bella promozione per l’immissione, di chi lo potrà fare, nel mondo del lavoro, ben piallato da velleità di contestazione del potere costituito e dei rapporti ineguali del nostro mondo del lavoro: bassi stipendi, lavoro straordinario e/o ripetitivo e senza sbocchi.

 Con l’unico obiettivo dei soldi, pochi ma con l’illusione di poterne avere tanti, sempre di più e per questo ammazzarsi di lavoro, se possibile. Soldi, profitto e dimenticanza di sé. (E se vogliamo, mettiamoci pure tutta la querelle degli agricoltori sui trattori: un trattore, una persona.)

 

Tiziano Tussi

 

·      * Mi ero interessato un poco dell’affare Zanzara quando insegnavo al Parini. Nel 2004 venne pubblicato un mio scritto sulla rivista il Protagora, ora annuale che si stampa ancora, anticipato a livello di indicazione temporale, dati i tempi di pubblicazione, diversi tra riviste, anche su Millenovecento, ottobre 2003 (rivista non più prodotta). 

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