Enti di Ricerca e Università:quale politica sindacale?

SGB: per una politica sindacale di classe negli Enti di Ricerca e Università

Le strategie del Capitale su Ricerca e Università. Lo scenario attuale

La nuova fase di sviluppo del capitalismo con tutte le sue contraddizioni è caratterizzata, da quasi tre decenni, dalla crescente valorizzazione della conoscenza e della formazione. La fabbrica del sapere è diventata una delle principali forze produttive. Ciò presuppone una nuova forma di produzione sociale, nuovi cicli industriali ed una nuova dinamica economica, all’interno della quale lo sfruttamento del lavoro ha assunto nuovi profili che si affiancano a quelli preesistenti. Come ogni nuova rivoluzione industriale capitalista si modificano le forme di sfruttamento del lavoro, alterando le condizioni per la manifestazione del conflitto di classe. L’attuale fase di produzione capitalista vede nello sviluppo dell’informatica e delle comunicazioni lo strumento tecnologico su cui basare il nuovo modello di accumulazione basato principalmente sull’economica della conoscenza. Questo nuovo modo di produzione ingloba le contraddizione capitale-lavoro, e ne assume, anche se in una forma parzialmente nuova, le contraddizioni cicliche e l’approccio fordista-keynesiano. Accanto alle strategie aziendali che hanno il compito di modificare l’equilibrio del mercato, il ruolo delle istituzioni pubbliche è quello di socializzare i costi della formazione della forza lavoro. La coniugazione delle dinamiche private, basato sempre più sull’accumulazione flessibile attraverso le risorse del capitale intangibile della conoscenza sociale, e la necessità di avere un capitale di formazione-conoscenza altrettando flessibile viene scaricato su istituzioni pubbliche, o anche private ma sostentenute con fondi pubblici, e stanno alla base delle politiche in termini di formazione e ricerca degli ultimi due decenni.

Infatti, il capitale legato all’economia della conoscenza necessita di continui e ingenti investimenti pr ottimizzare efficienza ed efficacia e per evitare la rapida obsolescenza tecnica ed economica. Nell’economia della conoscenza basato sulla digitalizzazione e sul rapido scambio di informazioni, conoscenze e grandi masse di dati, gli strumenti e i sistemi di produzione legati all’innovazione di prodotto e di processo invecchiano con estrema facilità e necessitano di forti investimenti già nella fase della formazione del capitale lavoro. E’ necessario in questo capitalismo che il talento umano diventi un valore di scambio per il profitto.

Economia della conoscenza e conflitto di classe
Analogamente a quanto fatto finora, anche nel capitalismo, condizionato massicciamente dall’economia della conoscenza, il capitalismo misura il contenuto della sua ricchezza a partire dal tempo di lavoro come creatore di valore. Nel mercato dell’economia della conoscenza, la produzione che si vende è la conoscenza. Siccome però il lavoratore effettuerà un lavoro sempre più complesso in termini di abilità, conoscenze e inventiva, la produzione di conoscenza richede una determinata , e sempre maggiore, quantità di scuola-conoscenza e di ricerca-conoscenza. Questo perchè formazione e ricerca non nascono spontaneamente, ma appaiono nel processo di produzione della vita sociale come nella vita materiale.

In ogni epoca storica la formazione e la ricerca sono determinate dalle condizioni dello sviluppo sociale, esprimendo capacità e limiti propri della società del momento. Non solo, oltre ad essere storicamnete determinate, formazione e ricerca esprimono anche un forte contenuto di classe. La produzione legata alla conoscenza, il controllo dell’energia umana, della fatica umana di pensare, da parte dei proprietari dei mezzi di produzione, è la forma dominante di generazione di valore nel capitale generato dall’economia della conoscenza.

Non è possibile identificare un settore della conoscenza separato dal resto delle attività produttive e di servizio. L’immaterialità della conoscenza arriva e condiziona tutte le sfere della vita produttiva, ai processi di ristrutturazione , la sua applicazione ai processi tecnologici e ai fattori organizzativi ed istituzionali nella determinazione della competitività internazionale dei Paesi e della aree produttive. L’economia della conoscenza determina in modo diretto ed indiretto la nascita di nuovi settori produttivi, distributivi e l’uso stesso di conoscenze e saperi. Analogamente la filiera della formazione, scuole, università, ricerca, si trasformano esse stesse in un settore produttivo ed in un prodotto vero e proprio, divenendo così elemento fondamentale per l’occupazione, la creazione di valore e la crescita economica a medio e lungo temine. Il ciclo della formazione, in questo meccanismo dominato dal mercato, non ha fine diventando necessaria una continua formazione per aggiornare le conoscenze richieste dalla produzione. La filiera della formazione si trasforma così nel settore centrale del miglioramento della produttività, del lavoro e della competitività.

La finalità dell’apprendimento nella filiera della formazione diventa quello di un pacchetto di competenze. Competenze definite, essenzialmente, in termini di essere in grado di saper fare qualcosa immediatemente spendibile nel processo produttivo, in quanto il concetto di competenza non ha un significato definito in ambito pedagogico.

Le politiche europee in tema di economia della conoscenza
E’ nel trattato di Maastricht del 1992, che per la prima volta si fa esplicito riferimento all’importanza strategica dell’istruzione e alla necessità di un intervento europeo che scavalchi la competenza degli Stati in materia. Da questo primo fondamentale passaggio, si è avviato il processo di snaturamento della funzione storica della formazione dalle scuole primarie fino all’università e una sua profonda mutazione, alla quale hanno contribuito con passaggi consequenziali i disegni di legge e decreti ministeriali succedutesi negli anni. Sotto la spinta delle trasformazioni indotte dalle politiche economiche europee, principi generali come quello dell’educazione quale diritto inalienabile, dell’autonomia dell’università dal potere politico, della centralità dello Stato nella promozione dell’educazione dei cittadini, sono stati progressivamente rimossi e sostituiti da una concezione monetaristica dell’educazione per la quale lo studio non si rappresenta più in forma di diritto nè di servizio garantito dallo Stato, ma nelle modalità liberiste di investimento economico, operato in modo classista dallo studente o dalla famiglia di appartenenza, qualora in grado di farlo, per la sua futura occupazione.
La stessa logica monetaristica si è affermata nel mondo della ricerca, utilizzata sempre più per essere utile non allo sviluppo generale degli interessi della collettività, ma agli interessi del capitale privato, che utilizza sempre più la ricerca pubblica per svolgere ricerche di interesse privato socializzando i rischi di impresa legati alla ricerca applicata e industriale. Settori di ricerca poco appetibili per il capitale privato, come la ricerca di base, sono stati progressivamente ridimensionati dal punto di vista dei finanziamenti fino a prosciugarne completamente la capacità di sviluppo.

Per una politica sindacale di classe
La politica sindacale dell’SGB deve orientarsi in modo chiaro e inequivocabile a tutelare gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici operanti nel mondo dell’Università e della Ricerca e della collettività tutta fuori dalle logiche mercantili che si sono affermate in questi ultimi tre decenni. I punti fondanti dell’azione sindacale dell’SGB sono i seguenti:
1) Per quanto riguarda il diritto allo studio favorire l’accesso di tutti i giovani ad ogni grado di formazione indipendentemente dal reddito dando così materialità al dettato costituzionale.
2) La ricerca e la formazione universitaria sono i pilastri della crescita sociale ed economica. Occorrono politiche di investimento con la creazione di meccanismi automatici di finanziamento alla ricerca aumentando i Fondi Ordinari e i fondi competitivi al 2% del PIL.
3) Lotta al precariato. Il precariato nel mondo universitario e degli enti di ricerca è il frutto dei processi di progressiva riduzione della formazione e della ricerca alle logiche del mercato, per cui il lavoratore e le sue conoscence diventano merce e soprattutto merce di scambio. La lotta al precariato si può combattere inserendo una volta per tutte meccanismi automatici di reclutamento (turn over, tenure track).
4) Adeguamento dei salari alle medie europee.

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