Venezuela: Confindustria spinge per la defenestrazione di Maduro












Ambienti ecclesiastici ed industriali non hanno mai occultato le loro antipatie per la rivoluzione Bolivarista nella quale hanno sempre intravisto un ostacolo per l'affermazione degli interessi capitalistici e il controllo da parte della Chiesa locale di attività sociali, culturali con aiuti e sovvenzioni pubbliche.

Da sempre in Venezuela si trovano italiani, molti dei quali ormai presenti da generazioni, altri arrivati 30 anni con capitali freschi con i quali hanno aperto attività commerciali ed industriali.

Gli interessi capitalistici italiani non sono irrilevanti, basti ricordare alcuni grandi gruppi presenti quali Astaldi, Salini Impregilo, Enel, a seguire aziende medio piccole in appalto o subappalto. Molte imprese edili hanno partecipato direttamente alla costruzione di strade, case, palazzi pubblici e ospedali, tratte ferroviarie che negli anni di Chavez sono stati favoriti come tutti i servizi pubblici. Senza esaltare Chavez e la rivoluzione bolivarista, resta innegabile che milioni di uomini e donne non avessero fino ad allora la sanità gratuita, l'accesso alle cure e alla istruzione senza dimenticare l'assenza di un welfare.

Fino a quando ci sono affari in gioco, i capitalisti non guardano al colore politico, magari operano nell'ombra per favorire interessi e coalizioni con la vittoria delle quali i loro affari aumenterebbero vistosamente.

Il prodotto interno lordo sta crollando, l'opposizione viene direttamente sostenuta da ambienti militari e dagli stessi Usa, calando le esportazioni petrolifere calano anche le entrate del Venezuela, la qualità della vita in un paese assediato è decisamente deteriorata come dimostrano gli innumerevoli prodotti che non si trovano piu' sulle tavole del paese, i medicinali razionati.

Da qualche anno gli affari italiani in Venezuela hanno subito un certo ridimensionamento, vuoi per la crisi economica del paese assediato dai paesi imperialisti, vuoi perché le imprese hanno dirottato i loro interessi verso altri paesi del sud e del centro america dove governi compiacenti sono disposti ad accordare situazioni piu' favorevoli.

Enel, Pirelli e altri gruppi hanno progressivamente ridotto il loro giro di affari e c'è chi ha sospeso le produzioni.

Quello che il capitalismo made in Italy vuole è ottenere di non reinvestire l’attivo di cassa sul territorio, al contrario vorrebbero prendere gli utili e portarli in Italia, saccheggiare le risorse del territorio ma senza investire o far tornare nel paese di origine, da cui nascono i profitti, parti delle ricchezze prodotte.

Per queste ragioni non piacciono governi popolari perché, piaccia o non piaccia, non assecondano in toto gli interessi capitalistici.

Ricordiamocelo quando si parla del Venezuela evitando luoghi comuni come quelli che leggiamo su certa stampa di sinistra dove si pensa di conoscere un paese solo leggendo qualche libro tradotto in lingua italiana sull'estrattivismo e sulle condizioni degli indigeni. Tutto cio' senza dimenticare che sull'estrattivismo un dibattito reale va pur fatto e non solo nel continente latino americano, ma cio' non significa assecondare il punto di vista capitalista e imperialista su Maduro.

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