Il Patto PMI e Governo in nome del welfare aziendale?

Il premio di risultato in busta paga, è questo il punto saliente dell'accordo che Governo e Piccole e medie imprese stanno trovando visto che sono migliaia gli accordi sindacali aziendali e territoriali. Ci si muoverà sulla strada già battuta dall'accordo Confindustria-sindacati del luglio 2016 per rafforzare il salario di secondo livello nelle piccole e medie aziende, ove nella stragrande maggioranza dei casi il sindacato non esiste. Ma attenzione: questo salario significa anche deroghe al contratto nazionale, scambio tra salario e aumento dei carichi di lavoro, scambio tra salario e bonus aziendali.
Piani di partecipazione, obiettivi della performance, maggiore produttività tutti concetti conosciuti ma poco analizzati nel corso degli anni se ormai riteniamo il secondo livello di contrattazione un valore aggiunto quando spesso è invece lo strumento con cui ottenere la massima flessibilità oraria e delle prestazioni.

I lavoratori beneficiari di premi di produttività superano 3,2 milioni e l'obiettivo è quello di potenziare il welfare aziendale. Il Governo è chiamato in causa per la detassazione del premio aziendale o meglio per reiterare l'attuale normativa che prevede la cedolare secca del 10% sui premi di risultato fino a 3mila euro ed entro un tetto massimo di 80mila euro di reddito e se invece dei soldi si tramuta il premio in welfare aziendale scatta la completa esenzione fiscale.

Poi ci sono altre decontribuzioni a dimostrare che l'accordo di secondo livello rappresenta un vantaggio in apparenza per i lavoratori (vedi il welfare aziendale che copre alcune spese sanitarie o salario in aggiunta a quanto erogato in base al contratto nazionale anche se gli aumenti del nazionale sono da anni bassi proprio per favorire il secondo livello), un vantaggio per le imprese( ottengono maggiore produttività a costi decisamente bassi), per i sindacati (che cogestiscono il welfare aziendale) per il Governo che accorda sgravi fiscali e decontribuzioni come richiesto dai padroni.

La richiesta al Governo è di portare la contrattazione di secondo livello in ogni Regione italiana visto che per due terzi è collocata al Nord e di renderla piu' semplice , senza troppa burocrazia e procedure da seguire, di rafforzare il sistema degli sgravi fiscali.

E i sindacati? Silenti, consapevoli che questo meccanismo consente ai cosiddetti rappresentativi una rendita di posizione, verranno chiamati in aziende dove oggi non sono, faranno nuovi iscritti , continueranno a cogestire il welfare aziendal , insomma le relazioni sindacali subalterne e complici di nefaste politiche vissute negli ultimi anni sembrebbero caratterizzare anche il nuovo esecutivo.

Tutti insieme allora appassionatamente , un patto sociale rinnovato tra sindacati e aziende, nessuna analisi critica sulle dinamiche contrattuali degli ultimi anni, sulla perdita di salario e diritti, sul sistema delle deroghe ai contratti nazionali che si poggia su accordi collettivi nazionali e ancor di piu' sulla contrattazione di secondo livello.

E se nel Pubblico impiego invece di aggiungere la quattordicesima mensilità si è pensato di costruire quel meccanismo del fondo del salario accessorio che ha dato un senso alla presenza delle Rsu negli enti pubblici (ma con potere contrattuale sempre piu' ridotto), nelle aziende private si accordano aumenti irrisori con i contratti nazionali rinviando al secondo livello l'aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro, la crescita della flessibilità, l'allungamnento degli orari e il lavoro festivo, la gestione a fini padronali di orari multiperiodali. E con il miraggio di una bassa tassazione del premio che ovviamente favorisce soprattutto le aziende.

Sarà il caso di rivedere questo meccanismo contrattuale che sta bene in fondo a tutti, sindacati complici, Governi e aziende, anche se presenta delle trappole per i lavoratori ignari e incosapevoli della reale posta in Gioco.

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