La narrazione (e autonarrazione) come bussola nel tempo delle tragedie giovanili.

 

La narrazione (e autonarrazione) come bussola nel tempo delle tragedie giovanili. 

di Laura Tussi


Viviamo un’epoca in cui il disagio giovanile, spesso soffocato o reso invisibile, esplode con frequenza in tragedie improvvise: suicidi, violenza, fratture sociali che ci ricordano quanto fragile sia il confine tra sofferenza taciuta e crisi irreversibile. Non ci siamo lasciati alle spalle gli orrori del Novecento, ma oggi gli smarrimenti assumono nuove forme, meno ideologiche e più intime, più rapide, più difficili da decifrare. In questo scenario, il racconto di sé, la poesia, la narrazione autobiografica non sono un ripiegamento individualista, ma un atto di resistenza e di cura: pratiche che aiutano a dare senso al passato, riconoscere i propri limiti, nominare la solitudine, ritrovare una direzione. Narrare non cambia da solo il mondo, ma può cambiare il modo in cui lo attraversiamo, e per molti giovani può diventare l’ancora che evita il naufragio emotivo.

Pedagogia della memoria e risveglio delle risorse interiori

La scrittura di sé, la poesia e la narrazione, secondo il contributo autobiografico e l’approccio della pedagogia della memoria narrativa, rappresentano occasioni significative di introspezione e interiorizzazione di valori, processi creativi capaci di stimolare il recupero di una risorsa interiore rigenerante, catartica, mitopoietica, perché fondata non sul consumo, ma sulla rielaborazione profonda dell’esperienza. Ogni storia individuale diventa così un dialogo interiore, una vita narrata che, pur nella sua inevitabile solitudine, incontra l’altro nella comunità delle affinità, senza annullarsi nell’insieme, ma imparando a elaborare la solitudine esistenziale come parte del percorso di costruzione del sé.

Questo sforzo di memoria autobiografica ha un valore educativo e culturale straordinario, perché mira a tutelare l’unicità delle esperienze soggettive, creando un argine diffuso contro la pervasività del pensiero unico veicolato dai massmedia e dalle dinamiche di uniformazione imposte dalla cultura consumistica. È un atto contro l’ipocrisia di un’esistenza ridotta a rappresentazione virtuale, contro l’appiattimento della memoria storica su un presente ossessivo e mercificato, dove ogni cosa vale l’altra, purché abbia un valore economico immediato.


Milano, la città senza tempo per raccontare

Sembra paradossale parlare di disagio invisibile di fronte a manifestazioni così evidenti di malessere – suicidi, casi simbolo come quello di Parini – ma la prevenzione dello smarrimento emotivo è oggi più complessa che mai, soprattutto nelle grandi metropoli degli interessi, come Milano e molte altre città globali. Milano, al vertice della produttività nazionale, paga un prezzo altissimo: non solo in termini economici, essendo una delle città più costose al mondo, ma anche in termini di relazioni famigliari, tempo di ascolto, qualità della vita, dimensioni che non entrano nei report sulla crescita, ma incidono sulle biografie.

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