A proposito di una intervista a Tremonti
Riceviamo e pubblichiamo
Sole 24 ore di domenica 6 gennaio ’19 ci dimostra alcuni aspetti paradossali della nostra vita politica recente. Da tante parole, sei colonne, non rimane niente. Solo confusione e caos intellettivo. Del resto, Tremonti era famoso per essere l’inventore della finanza creativa nei governi Berlusconi. Non solo. Assieme ad altri saggi, così venivano chiamati, Nania, D’Onofrio, Calderoli, Pastore, tutti esponenti del centro destro, in una baita in Cadore si mise a scardinare la nostra Costituzione, progetto che poi venne sonoramente bocciato dal popolo italiano a chiara maggioranza, nel referendum costituzionale nel 2006.
Sole 24 ore di domenica 6 gennaio ’19 ci dimostra alcuni aspetti paradossali della nostra vita politica recente. Da tante parole, sei colonne, non rimane niente. Solo confusione e caos intellettivo. Del resto, Tremonti era famoso per essere l’inventore della finanza creativa nei governi Berlusconi. Non solo. Assieme ad altri saggi, così venivano chiamati, Nania, D’Onofrio, Calderoli, Pastore, tutti esponenti del centro destro, in una baita in Cadore si mise a scardinare la nostra Costituzione, progetto che poi venne sonoramente bocciato dal popolo italiano a chiara maggioranza, nel referendum costituzionale nel 2006.
Anche in questa
intervista vengono ribadite le caratteristiche dell’uomo.
Partiamo
da una lapidaria constatazione: “Non essendo un economista
mi permetto di rinviare a quanto scritto…” Bella
ammissione
per uno che è stato ministro dell’Economia e delle Finanze
nei governi Berlusconi sin dall’inizio. Naturalmente
l’uomo
fa sfoggio di conoscenze filosofiche dalle quali parte:
“…l’Euro
è comunque una moneta... e non può essere trattato come
una “monade” e neppure come un “noumeno. Che sia
Platone
o Kant, che sia la tecnica a farsi metafisica, troppi “esperti”
oggi considerano l‘euro come entità staccata o
staccabile
dalla realtà in specie dalla politica.” Pensiero oscuro e
quantomeno necessitante di precisazioni. La “monade” è un
punto
centrale della filosofia di Leibniz (XVII-XVIII secolo d.C.) e
non di Platone (V-IV secolo a.C.). Il “noumeno” di Kant è cosa complessa
difficilmente paragonabile ad un aspetto metafisico, ed
in ogni caso esistente per negazione – tutto ciò che non è fenomeno.
Ma fermiamoci qui. Non si capiscono anche altre affermazioni
apodittiche: “… vent’anni fa …c‘era ancora il
telefono
fisso... non c’erano l’Asia o Internet.” Siamo un poco sfasati
verso la presenza di queste entità, che esistono ancora, il numero
fisso a casa, e che già esistevano, Asia e Internet. Parla poi
di “...scomparsa della domanda salariale…” e si dimostra particolarmente
legato ad alcune sue idee quali i dazi verso il commercio
dall’estero, Cina in particolare, e la banconota da un
euro dato che esiste il dollaro di carta, e gli eurobond, altra carta
comunque. Il risultato di questa chiacchierata qual è? Non si
capisce, salvo poi a leggere di una deriva sociale “...le atrocità combinate
alla Grecia…”.
A questo punto ci si aspetterebbe un’analisi
in stile “socialdemocratico”, ma con un altro tour d’adresse,
si passa alla difesa dell’euro e delle ricette di Draghi, in
pratica all’acquisto del debito nazionale da parte della banca centrale
europea. Aggiunge che non ha senso una moneta nazionale,
dato che non siamo neppure un Paese unito.
E qui potrebbero
venirci in soccorso le sue posizioni politiche in salsa leghista,
ma di bossiana cucina. Termina sottolineando che la differenza,
nelle cose reali, la fanno gli uomini reali. Quelli di oggi, i capi
di stato, nettamente inferiori ai grandi uomini che “…avevano fatto
la prigione o l’esilio per le loro idee…” Mentre quelli di oggi sono
poca cosa. Chissà a quali uomini del passato si riferisce, dato
che non lo dice, facendo riferimento alle fotografie storiche dei
capi di stato dell’Europa Unita. Ma possiamo pure tralasciare.
Basta
cercare un pò in Internet, che lui dice inesistente venti anni fa,
per leggere giudizi sferzanti sul nostro. Giudizi negativi anche da
parte di suoi compagni di partito. E chiudiamo con questo sunto. Il
sole 24 ore, e cioè la Confindustria, da tempo non si è certo distinta
per uomini di grande capacità economica e culturale. Dal penultimo
direttore del giornale, al centro di un problema editoriale ed
economico che lo ha portato ad andarsene dallo stesso, al suo
presidente, Boccia, che continua imperterrito a chiedere allo Stato
"prebende" per la sua associazione, alle interviste che spesso appaiono
sul quotidiano, sono lo specchio di un problema reale di
questo Paese.
La classe dirigente non riesce, non ha voluto, o
saputo, operare un ruolo di direzione virtuosa della economia italiana,
presa com’è tra problemi tragici di incapacità personale, di
approssimazioni strutturali sui quali non riesce ad incidere, di
una pressione delinquenziale, che finisce troppo spesso con risultati
di connivenza. Una debolezza che avrebbe bisogno di altri uomini
e di altre diritture morali e culturali.
All’Italia è mancata, storicamente,
oltre che una rivoluzione francese anche un periodo imperiale
in stile napoleonico. Un mondo economico fatto da poche
grandi famiglie e da una pletora di piccole industrie: nel mezzo
niente.
Il lavoro da fare, anche in versione capitalistica è ancora
molto, troppo. La distanza del nostro paese da società laiche
e funzionali, ad esempio in salsa norvegese, è veramente tanta.
Il mondo del capitale dovrebbe iniziare
almeno nel fare
pulizia,
togliere la polvere. ■
articolo di Tiziano Tussi da www.gramscioggi.org
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