I diritti dei pastori tra algoritmi e bassi costi

Da anni i pastori rivendicano condizioni dignitose, adeguati prezzi dei generi prodotti , salvaguardia dei loro interessi non solo in sede nazionale ma anche a Bruxelles.

Sulle pagine de Il Sole 24 Ore leggiamo che il costo del latte venduto ad Inalpi , una grande azienda del Nord tra le poche ad avere investito in tecnologia innovativa, è dettato da un algoritmo. Un conto matematico che tiene conto del valore base, dei costi di produzione con vari premi in base alla qualità del prodotto, un mero calcolo che potrebbe tradursi in un prezzo decisamente basso anche se i vertici aziendali tengono  a precisare di pagare il 5% in più del valore di mercato perchè il sovrapprezzo viene ripagato dalla qualità del prodotto e dai continui miglioramenti della filiera produttiva con ricadute positive sull' igiene, sulla sanità, sulla stessa salute  del bestiame.

 Non abbiamo motivo di dubitare di Inalpi nè possiamo confutare i loro dati, prendiamo atto che una grande impresa è disposta a pagare di piu' dei prodotti se in cambio ottiene maggiore qualità, se il prodotto presenta adeguate caratteristiche, se il latte arriva da stalle e allevamenti dove si attuano procedure sanitarie ben definite. Non sono certo i centensimi in piu' pagati al produttore per ogni litro di latte a gettare sul lastrico le industrie del settore, i pastori sardi chiedono un euro a litro, oggi siamo fermi a poco piu' della metà.

A dettare i costi è l'industria, in due anni il prezzo è calato perchè in Italia si produrrebbe troppo latte di pecora, stesso discorso potremmo fare per tanti prodotti agricoli . Non pensiamo ad una competizione tra Lazio e Sardegna (la esportazione del pecorino romano è decisamente aumentata guadagnandosi anche il mercato Usa) ma ad un sistema che non funziona, non funziona a livello nazionale ed europeo anche dopo la soppressione delle cosiddette quote latte che 30 anni fa portarono a numerose proteste nel Nord Italia dei cosiddetti Cobas del latte che volevano aumentare la produzione quando l'Ue poneva dei limiti alla stessa.

Il costo del latte deve essere aumentato ma i sussidi statali ed europei andrebbero indirizzati prima di tutto a innovare la filiera produttiva, poi la politica e l'imprenditoria dovranno fare la loro parte,  investire, innovare e aprire canali verso nuovi mercati. La Sardegna è una regione dove l'industria è poco presente o ha lasciato dei brutti ricordi, l'economia si regge sul turismo e sulla pastorizia. E' evidente che non avere diversificato l'economia rappresenti oggi un problema, soprattutto se i prodotti della terra continuano ad essere soggetti a ribassi che poi si ripercuotono negativamente sui produttori.

Per questo in Sardegna protestano i pastori, e non solo loro, perchè diminuire il prezzo del latte significa mettere in ginocchio l'intera economia dell'isola e far piombare la popolazione in miseria facendola dipendere da sussidi e aiuti di stato, proprio cio' che il popolo sardo non vuole

Commenti