Cosa è l'autonomia differenziata delle Regioni piu' ricche?
Ormai sono trascorsi lustri da quando anche la sinistra (un tempo si
definiva tale) proponeva riforme dello stato in senso federale per dare ,
dicevano loro, maggiore autonomia alle Regioni.Senza essere pedanti
potremmo dire che storicamente la richiesta di autonomia è pervenuta da
settori borghesi e imprenditoriali che non volevano sostenere i costi
sociali di Regioni con minori risorse e un PIL decisamente basso.
La fortuna della Lega Nord sta proprio nell'avere incarnato l'idea, rappresentandone gli interessi materiali, di una borghesia imprenditoriale che si riteneva penalizzata dallo Stato Italiano e dalle Regioni Meridionali e rivendicava autonomia nel senso di meno tasse o di una tassazione a favore delle loro comunità locali.
Dopo anni di parziale silenzio (scelta tattica?) si torna ora a parlare di autonomia differenziata di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, praticamente le 3 Regioni piu' ricche e produttive del paese se escludiamo il Piemonte. Esistono già delle proposte di legge sul tavolo del Consiglio dei Ministri, innumerevoli le documentazioni dei Governatori Regionali.
La posta in gioco è altissima, si tratta di prendere dei fondi statali e deciderne la regionalizzazione, in gioco non c'è solo la gestione dei soldi ma anche le funzioni che poi determinano la erogazione dei servizi alla cittadinanza.
Se i soldi statali destinati all'intero territorio nazionale vengono indirizzati alle Regioni siamo certi che la ripartizione dei fondi sia equa soprattutto se accordo maggiore autonomia ad alcuni territori? Oppure corriamo il rischio di destinare servizi alle regioni piu' ricche (del Nord) in un paese dove il diritto alla salute e alla istruzione è in serio pericolo in numerose Regioni del Sud?
La questione va posta in termini molto semplici ossia che ogni richiesta di autonomia arriva da Regioni piu' ricche che non vogliono sostenere la spesa sociale delle aree piu' povere e per raggiungere il loro scopo si affidano a Governatori Regionali e a partiti politici (la Lega).
Ma la querelle riguarda anche le funzioni spettanti alle Regioni, la gestione diretta di concessioni su strade, autostrade e ferrovie, la gestione dei rifiuti, pensiamo ad esempio a leggi regionali costruite ad hoc in materia ambientale con impatto negativo sulla nostra salute. Ci sono poi altri timori, per esempio la paura dei guardiani dell'austerità che qualche Regione venga meno alle regole in materia di pareggio di bilancio e decida, per esempio, di non porre alcun tetto alla spesa di personale in sanità o negli enti locali, la posta in gioco è alta e la questione non va sottovalutata neppure dal punto di vista borghese e impreditoriale.
Sulle ricadute sociali poi di una autonomia accentuata delle Regioni piu' ricche non c'è bisogno di spendere molte parole, stiamo pensando a tariffe piu' alte per quanti andranno a curarsi fuori Regione o a quanti decideranno di iscrivere i figli all'università, del resto prima dei migranti per qualcuno i nemici erano proprio i meridionali.
L'autonomia puo' creare ulteriori disuguaglianze sociali ed economiche e rafforzare gli interessi forti di alcune aree del paese distruggendo quanto resta dei principi e delle pratiche solidaristiche. Nel frattempo il mondo sindacale sembra inebetito e sta a guardare dimenticando che una delle conseguenze del nuovo vento autonomista potrebbe anche essere l'adozione delle gabbie salariali e di salari differenziati a livello regionale, insomma in tal caso avremmo la debacle non solo del contratto nazionale ma anche del sindacato stesso
ps
Non abbiamo parlato di scuola e università, degli effetti nefasti di questa autonomia sull'istruzione in numerose regioni del paese. Meglio di noi rende l'idea Il Sole 24 Ore del 15 Febbraio con un articolo dal titolo inequivocabile "Scuola, 1 miliardo in più a Milano e Venezia". Citiamo testualmente
Fra le righe dell’intesa raggiunta sui fondi dell’autonomia differenziata si nasconde un miliardo in più per la scuola in Lombardia e Veneto. E 270 milioni aggiuntivi per la gestione di territorio e ambiente
La fortuna della Lega Nord sta proprio nell'avere incarnato l'idea, rappresentandone gli interessi materiali, di una borghesia imprenditoriale che si riteneva penalizzata dallo Stato Italiano e dalle Regioni Meridionali e rivendicava autonomia nel senso di meno tasse o di una tassazione a favore delle loro comunità locali.
Dopo anni di parziale silenzio (scelta tattica?) si torna ora a parlare di autonomia differenziata di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, praticamente le 3 Regioni piu' ricche e produttive del paese se escludiamo il Piemonte. Esistono già delle proposte di legge sul tavolo del Consiglio dei Ministri, innumerevoli le documentazioni dei Governatori Regionali.
La posta in gioco è altissima, si tratta di prendere dei fondi statali e deciderne la regionalizzazione, in gioco non c'è solo la gestione dei soldi ma anche le funzioni che poi determinano la erogazione dei servizi alla cittadinanza.
Se i soldi statali destinati all'intero territorio nazionale vengono indirizzati alle Regioni siamo certi che la ripartizione dei fondi sia equa soprattutto se accordo maggiore autonomia ad alcuni territori? Oppure corriamo il rischio di destinare servizi alle regioni piu' ricche (del Nord) in un paese dove il diritto alla salute e alla istruzione è in serio pericolo in numerose Regioni del Sud?
La questione va posta in termini molto semplici ossia che ogni richiesta di autonomia arriva da Regioni piu' ricche che non vogliono sostenere la spesa sociale delle aree piu' povere e per raggiungere il loro scopo si affidano a Governatori Regionali e a partiti politici (la Lega).
Ma la querelle riguarda anche le funzioni spettanti alle Regioni, la gestione diretta di concessioni su strade, autostrade e ferrovie, la gestione dei rifiuti, pensiamo ad esempio a leggi regionali costruite ad hoc in materia ambientale con impatto negativo sulla nostra salute. Ci sono poi altri timori, per esempio la paura dei guardiani dell'austerità che qualche Regione venga meno alle regole in materia di pareggio di bilancio e decida, per esempio, di non porre alcun tetto alla spesa di personale in sanità o negli enti locali, la posta in gioco è alta e la questione non va sottovalutata neppure dal punto di vista borghese e impreditoriale.
Sulle ricadute sociali poi di una autonomia accentuata delle Regioni piu' ricche non c'è bisogno di spendere molte parole, stiamo pensando a tariffe piu' alte per quanti andranno a curarsi fuori Regione o a quanti decideranno di iscrivere i figli all'università, del resto prima dei migranti per qualcuno i nemici erano proprio i meridionali.
L'autonomia puo' creare ulteriori disuguaglianze sociali ed economiche e rafforzare gli interessi forti di alcune aree del paese distruggendo quanto resta dei principi e delle pratiche solidaristiche. Nel frattempo il mondo sindacale sembra inebetito e sta a guardare dimenticando che una delle conseguenze del nuovo vento autonomista potrebbe anche essere l'adozione delle gabbie salariali e di salari differenziati a livello regionale, insomma in tal caso avremmo la debacle non solo del contratto nazionale ma anche del sindacato stesso
ps
Non abbiamo parlato di scuola e università, degli effetti nefasti di questa autonomia sull'istruzione in numerose regioni del paese. Meglio di noi rende l'idea Il Sole 24 Ore del 15 Febbraio con un articolo dal titolo inequivocabile "Scuola, 1 miliardo in più a Milano e Venezia". Citiamo testualmente
Fra le righe dell’intesa raggiunta sui fondi dell’autonomia differenziata si nasconde un miliardo in più per la scuola in Lombardia e Veneto. E 270 milioni aggiuntivi per la gestione di territorio e ambiente
Commenti
Posta un commento