Contro il moderatismo...

Un Presidente moderato

Tiziano Tussi

19/02/2019  
www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 18-02-19 - n. 702

Contro il moderatismo. Prendo in prestito il titolo di un significativo libro di Ludovico Geymonat del 1978, che raccoglie suoi interventi, scritti, articoli dal 1945 al 1978. Il libro si trova in rete ma non più sul catalogo Feltrinelli. Non più ristampato. In linea con la politica di quella casa editrice da tanto tempo. Ma non è questo che importa ora. Il moderatismo, così come Geymonat scriveva in quegli anni, ha da sempre cercato di impedire in ogni tempo e spazio in cui si è espresso ogni posizione critica.

Il moderato per costituzione è un uomo, ma anche donna evidentemente, fermo. Che non trova necessità di proseguire in percorsi di studio, lavoro ed azione che possano indirizzare una situazione verso esiti moderni. Usiamo questo termine per riassumere altri concetti: indipendenza di giudizio, laicità e apertura mentale, bellezza e accettazione del nuovo e dello stupore, della scoperta, volontà di spostare confini fisici e spirituali un poco più in là, oltre, verso un livello di vita sempre migliore. Verso lo star bene, individuale e di tutti. Feuerbach ricordava, nelle sue opere, che lui non poteva pensare di "esser felice in un mondo di infelici".

Bene il moderatismo alla Mattarella sta coprendo come una coltre sempre più spessa il nostro vivere civile. Discorsi ampiamente prevedibili, uso degli aggettivi sempre convergenti verso una visione della vita ottimistica che si augura sempre possibile, salvo poi fare nulla per arrivarvi, nascondendo, nelle parole, problemi ed ostacoli che si frappongono alla visione ottimistica stessa, non mettendo mai in atto comportamenti virtuosi per arrivare al fine augurato. Un orizzonte di perfezione a portata di mano, a livello dichiarativo, e solo a quello.

Alcune recenti dichiarazioni stanno a dimostrare tanto moderatismo linguistico, tanto l'azione comunque manca, e quando c'è fa danni. Occorre almeno ricordare il suo comportamento dilatorio dello scorso anno, che ha favorito l'insorgere di un governo nato in spregio ad ogni correlazione di decenza istituzionale, con un primo ministro che non si capisce ancora oggi da che parte sia uscito: non eletto, non conosciuto, l'amico della porta accanto a quella di Di Maio.

Dopo un avvio di settennato all'insegna della terzietà da parte di un uomo politico che stava oramai in disparte da tempo, ci si accorge sempre più che i suoi proclami sono spesso indirizzati ad un addormentamento di coscienza sociale che prendono sempre più spessore. Due questioni mi hanno sorpreso. La prima è stata in occasione della giornata del Ricordo, il 10 febbraio. Discorsi, i suoi, che ritrattano l'esaltazione della condanna dei folli che hanno usato le foibe per un disegno di pulizia etnica assoluta a danno degli italiani. I cattivi contro i buoni. Senza discernere, nell'assurdo, i genocidi nazisti della seconda guerra mondiale, dalle morti sul confine orientale italiano, senza fare distinzione storica, tutto nell'appiattimento spirituale delle uccisioni che sono le stesse ad ogni latitudine e per ogni attore.

Certo un morto, uno solo, grida vendetta, sempre, ma le guerre, per di più la Seconda guerra mondiale, necessita di un atteggiamento di studio e analisi preciso e delicato. Non si può mettere tutto dentro in un calderone indifferenziato l'uccisone di un uomo, di più uomini, o di milioni loro, come fosse tutta un solo ed unico fatto, da risolvere ricorrendo alla "pappa del cuore" (Hegel). Morti avvenute sotto diverse latitudini, con diversissimi numeri, per motivi diversi. Torno a dire, un morto è sempre un morto di troppo.

Ma allora poco si capisce perché l'Italia partecipi a missioni di morte, mascherate da aiuto umanitario? Non si capisce perché allora il buon Mattarella permetta, senza intervenire da par suo, contro la produzione di armi che poi vengono usate in guerre distruttive in tutto il mondo. L'Italia è uno dei Paesi più importanti per produzioni di armi da guerra. Ricordiamo almeno le mine e le bombe usate nello Yemen, prodotte in Sardegna.

E poi il ringraziamento a Napolitano per quello che lo stesso aveva detto e fatto, quando era presidente della Repubblica, nella stessa occasione, compreso quindi una crisi diplomatica con la Croazia, nel 2007. Il Paese le deve riconoscenza, ha detto Mattarella. Senza ricordare che il Napolitano è stato insignito, e ricordo solo questo, del premio Kissinger nel 2015, che lo apostrofava come il "mio comunista preferito", al che il Napolitano rispondeva pronto "ex comunista". Kissinger, con le mani grondanti sangue. Non ci si può dimenticare almeno del golpe cileno di Pinochet. C'è poco da ringraziare.

L'altra questione riguarda il Venezuela. Anche qui una posizione più accorta sarebbe stata almeno una novità in questo scenario. Certo si potrebbe dire che Maduro non è proprio il massimo che potremmo immaginare per il suo Paese, ma incoronare una nullità sponsorizzata dagli USA come Guaidò non pare proprio una gran furbata. Il serio pericolo che in Venezuela scoppi una guerra civile sanguinosissima non alberga tra i pensieri del buon Mattarella, quando invita a mettere da parte Maduro per incoronare il signore nessuno made in USA?

Certo ci vogliono capacità di movimento in politica internazionale che in Italia sono rari e indipendenza di riferimenti internazionali. Il moderatismo, la ricerca dell'acquiescenza ad ogni costo, la paura di non scomparire in questo mondo Occidentale a traino capitalistico, sempre più ingiusto dovrebbe almeno fare venire in mente ai nostri uomini politici maggior responsabilità e qui siamo al Capo dello Stato, pensieri più complessi che non l'invocazione dell'addormentamento su parole d'ordine impossibili da raggiungere perché si basavano solo sull'auspicio di non disturbare troppo, di non pretendere troppo.

In fondo tutto sta andando per il meglio. Quindi perché sbraitare: sottovoce e con obbedienza. Ecco perché molti dicono che Papa Francesco, oggi sostiene, da religioso, posizioni politiche radicali al confronto di troppi uomini politici, non importa di quale partito siano. Farsi superare in arditezza dai preti non pare proprio, neppure per un moderato, un gran risultato.
 

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