Afghanistan addio. E l'Italia non ha scuse.

 Afghanistan addio. E l'Italia non ha scuse

- Enrico Calamai, 23.07.2021


La storia si ripete.

Dal ritiro dell'Armata rossa a quello delle forze occidentali, che procede in questi giorni tra mielosi ammainabandiera, zero autocritica e nessuna richiesta di perdono alla popolazione locale per gli ultimi 20 inutili anni di guerra, l’ex ambasciatore a Kabul racconta le fasi e le responsabilità che possono spiegare anche il prossimo bagno di sangue.

Sono arrivato allambasciata a Kabul ai primi di settembre del 1987. Il blocco occidentale non riconosceva il governo fantoccio messo su dallinvasore sovietico a partire dal 1979, e a me erano state assegnate funzioni di Incaricato dAffari a.i..

Da parte occidentale si seguiva con grande interesse il tentativo di Gorbaciov di trasformare lUrss, sia in politica interna che in politica estera. Per quanto riguardava questultima, gli si chiedeva il ritiro dellArmata rossa dallAfghanistan come prova fattuale della reale capacità di arrivare a quella distensione, che a parole auspicava.

A LUGLIO DELLO STESSO ANNO Gorbaciov aveva dichiarato, ricevendo una delegazione ufficiale del Pci, che in Italia cera una persona che avrebbe potuto dimostrarsi di fondamentale importanza per la pacificazione dellAfghanistan. Era chiaro il riferimento a Zahir Shah, il re deposto dellAfghanistan, che viveva in esilio a Roma. La cosa non era certo sfuggita allallora ministro degli Esteri Giulio Andreotti, che, vecchio habitué dei salotti internazionali e grande amico del Pci, non nascondeva la...


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