Genova 2001: una stagione ribelle declinata al futuro

Genova 2001: una stagione ribelle declinata al futuro

Marco Bersani

1. L'anteprima: l'insurrezione zapatista

Quando si parla di movimento altermondialista e contro la globalizzazione neoliberale, la data di nascita va collocata al primo gennaio 1994, quando nel Chiapas, la regione messicana al confine con il Guatemala, in concomitanza con l’entrata in vigore del NAFTA (North American Free Trade Agreement), un accordo di libero scambio tra Messico, USA e Canada, l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) guidò la sollevazione indigena, con l'occupazione di cinque municipalità, compreso il capoluogo San Cristobal de Las Casas, da dove il Subcomandante Marcos, portavoce del movimento, lesse la “prima dichiarazione della Selva Lacandona”.

Dopo 12 giorni di scontri, con oltre 300 morti, l'allora presidente messicano Carlos Salinas de Gortari, accettò la proposta dell’EZLN di un dialogo con la mediazione della diocesi di San Cristòbal, e, tre anni dopo, gli zapatisti ottennero, con gli accordi di San Andres, un alto grado di autonomia dei municipi indigeni autogovernati dalle “giunte del buon governo”.

Quella che fu immediatamente interpretata dai mass media come un colpo di coda delle lotte anti-coloniali della seconda metà del secolo scorso, era in realtà la prima sollevazione rivoluzionaria contemporanea, capace di creare un ponte fra la storia delle lotte dell'Ottocento-Novecento e il nuovo millennio che stava arrivando.

Dopo aver proclamato, con la caduta del muro di Berlino, la “fine della storia”, il capitalismo si è improvvisamente trovato di fronte a un nuovo inizio, esattamente là dove tutto era cominciato con la conquista coloniale dell'America Latina.

Da allora, la lotta zapatista è stata unanimemente considerata dai movimenti sociali come un punto di riferimento politico e culturale, e, nonostante si espresse lateralmente al percorso dei grandi movimenti sociali di inizio millennio, costituì un asse portante dell'esperienza altermondialista, sia per la straordinaria capacità comunicativa, sia perché, non essendo direttamente riconducibile né all’esperienza social-comunista né a quella della nuova sinistra, consentiva di superarle entrambe, evitando, non di rado, di fare i conti con le vicende della sinistra novecentesca.

2. Il salto di qualità di Seattle

Il 30 novembre 1999 si tenne a Seattle il biennale incontro dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), l'organismo internazionale che perseguiva la piena liberalizzazione del commercio e degli investimenti, mettendo al centro i profitti delle multinazionali e trasformando diritti del lavoro, diritti sociali, beni comuni e ambiente in variabili dipendenti dagli stessi.

Non era la prima volta che le grandi organizzazioni internazionali (Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Wto) si riunivano per decidere i destini del mondo. E, ormai da diversi anni, ad ogni incontro i movimenti sociali si davano appuntamento per produrre dei contro-summit, nei quali dimostrare come la strada proposta dai grandi poteri finanziari, industriali e politici non fosse l'unico orizzonte possibile, bensì ci fossero alternative reali da mettere in campo, invertendo la rotta e abbandonando la dottrina dominante del pensiero unico del mercato.

Ma quella volta si realizzò un decisivo salto di qualità, perché i movimenti non si limitarono a giustapporsi al vertice ufficiale, bensì ne contestarono direttamente la legittimità, impedendone concretamente la realizzazione, occupando con i propri corpi il centro della città, le principali strade di collegamento, gli hotel che ospitavano i delegati. Vi furono scontri molto duri che durarono giorni, ma alla fine i movimenti vinsero e l'incontro ufficiale del Wto fu annullato.

In quell'occasione, si palesò al mondo intero anche l'inedita composizione di quello che poi fu correttamente denominato il “movimento dei movimenti”: un'alleanza trasversale che vedeva contrapporsi alle politiche liberiste messe in campo dal Wto sindacati preoccupati dalla competizione sleale della manodopera straniera a basso costo, ambientalisti critici verso la pratica di dare in appalto le lavorazioni inquinanti, gruppi di protezione dei consumatori preoccupati dalle importazioni che violavano gli standard di sicurezza, attivisti per i diritti dei lavoratori turbati dalle cattive condizioni di lavoro negli altri paesi, e attivisti di sinistra di varie sfumature, accomunati dall'opposizione al capitalismo.

Con gli scontri di Seattle, per la prima volta fu messa al centro la questione della democrazia e, di fronte a una globalizzazione liberista che spostava le decisioni in luoghi sempre più estranei alle sedi elettive, le piazze si prefissero l'obiettivo politico di bloccare fisicamente la realizzazione dei vertici. Era nato un nuovo movimento internazionale.

continua qui https://www.attac-italia.org/genova-2001-una-stagione-ribelle-declinata-al-futuro/

 

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