Ripartono i decreti Madia per la Pubblica amministrazione


C'era da aspettarselo, caduto il Governo Renzi e anestetizzata la bocciatura della Consulta, scongiurato il referendum per estendere le tutele ai lavoratori di aziende sopra 5 dipendenti, riparte il percorso per approvare i decreti Madia in materia di partecipate, dirigenza, licenziamenti, decreti che la sentenza della Corte costituzionale aveva bocciato lo scorso novembre.

L’obiettivo di Gentiloni e Madia è arrivare alla Conferenza Stato-Regioni del 19 gennaio e far passare questi decreti nel corso della conferenza stato Regioni.

Al di là della tempistica, sia Gennaio o Febbraio il momento clou per un accordo, i decreti Madia restano una priorità per il Pd e per il Governo, obiettivo a cui si aggiungere il decreto sul pubblico impiego che dovrà recepire la pessima intesa con i sindacati e dare alcuni obiettivi per la firma dei contratti, oltre a sciogliere il nodo della Brunetta.

Si sa che con la firma dei prossimi contratti sarà in vigore la fatidica divisione in 4 fasce, ora sindacati e governo sono all'opera per addolcire la Legge e rivederla in parte, oltre a rimettere mano alla normativa sui dirigenti e sulla loro valutazione.

La sentenza 251/2016 della Corte costituzionale ha quindi soldo parzialmente arrestato la corsa dei decreti Madia imponendo al Governo una intesa con le Regioni visto che alcune materie , come quelle sanitarie e la scelta dei dirigenti sanitari inclusa, sono ancora di competenza delle Regioni (scongiurata la riforma costituzionale con la vittoria del No lo scorso 4 dicembre)

Senza farsi troppe illusioni sulle Regioni, è comunque importante che i decreti Madia abbiano subito uno stop, pericolosa è l'intesa con i sindacati che ancora una volta vanno in soccorso del Governo per un piatto di lenticchie.

Sicuramente la intesa tra Stato e Regioni si farà e con essa arriveranno correttivi (magari non sostanziali) sui decreti inerenti licenziamenti disciplinari, dirigenti sanitari e partecipate.

Difficile che il Governo, pur potendolo fare in virtu' della Legge La Loggia del 2003, decida di andare avanti senza consenso delle Regioni soprattutto dopo la bocciatura del Referendum e alla luce del soccorso che arriva dalle Regioni a guida Pd particolarmente attive nel promuovere tavoli tecnici per i correttivi necessari.

Non vorremmo che la intesa fosse sulla scelta di direttori generali della sanità condivisi e scelti con i soliti accordicchi, cosi' come siamo basiti alla idea che si possa pensare ad aziende partecipate solo nella misura del loro fatturato determinando la dismissione delle aziende che non hanno raggiunto la media del milione di euro negli ultimi tre anni.

Gli enti locali chiedono di ridurre il limite ai 500mila euro, ma nessuno ad oggi ha ancora contestato il fatto che queste partecipate siano giudicate solo in base al loro fatturato tacendo invece sulla loro effettiva utilità e sui numeri del personale alle loro dipendenze

Commenti