In ricordo di Franco a 50 anni dalla sua uccisione

 riceviamo e pubblichiamo questa lettera

Due giorni in memoria di Franco Serantini a Pisa a 50 anni dalla morte avvenuta nel 1972 dopo due giorni di agonia, senza cure dopo un violento pestaggio ad opera di celerini intervenuti a difesa di un comizio del Msi.

E' di pochi giorni fa la notizia di una petizione per intitolare a Franco una piazza della città di Pisa, l'hanno firmata in tanti\e e su questo avremmo qualcosa da dire.

Innanzitutto l'uso pubblico della storia ad opera dei dominanti che ha portato a giornate istituzionali frutto di interpretazioni parziali e di parte che non aiutano a leggere criticamente i fatti del passato, diventano semmai occasione di una propaganda ideologica fuorviante e di stampo revisionista.

Ben venga l'intitolazione di una piazza a Franco anche se per i pisani quella piazza esiste già pur portando un altro nome ( Piazza San Silvestro).

Non vorremmo trovarci in una situazione analoga a qualche anno fa quando, secondo una logica bipartisan, avremmo dovuto intitolare tre piazze a esponenti politici, uno della Dc, uno del Pci e un altro del Msi.

Si è tenuto un convegno su Franco presso la Camera del Lavoro di Pisa, alcune iniziative hanno visto partecipi anche esponenti politici che 50 anni fa hanno contribuito all'isolamento degli antifascisti, ci riferiamo agli ex Pci che bollarono come provocatori quanti contestarono il comizio dell'allora parlamentare Msi Niccolai nonostante molti attivisti del Partito comunista partecipassero a livello personale alle iniziative intraprese dalla sinistra extraparlamentare nel nome dell'antifascismo militante.

Molto avremmo da dire anche a riguardo delle scelte operate dalla Cgil di allora e ancor piu' su quelle odierne con il principale sindacato italiano divenuto la stampella privilegiata del Governo Draghi.

Una memoria di classe non può mai essere condivisa, il fermento tra gli anni sessanta e settanta non è solo figlio della contestazione studentesca ma della saldatura operata dalla stessa con le istanze della classe operaia, le lotte per scongiurare la chiusura delle fabbriche, le rivendicazioni sociali dei quartieri popolari della cintura pisana.

La Pisa proletaria, vivace e studentesca di 50 anni fa è morta e sepolta tra delocalizzazioni produttive, processi di speculazione immobiliare nel centro storico, il rapporto tra università (oggi aggiungeremmo scuole di eccellenza) e città ha subito profonde trasformazioni come lo stesso tessuto sociale.

Se oggi esiste una memoria, ancora viva almeno in alcune generazioni, lo dobbiamo a quanti si adoperarono allora per impedire l'insabbiamento dei fatti che portarono alla uccisione di Franco individuando anche le responsabilità delle mancate cure nella Magistratura e in altri soggetti istituzionali.

Quell'impegno civico e sociale ha permesso di portare alla luce fatti che ancora oggi si verificano, basterebbe ricordare le inchieste sulle rivolte carcerarie, le denunce per abusi o la rivendicazione dei numeri di matricola sui caschi delle forze di polizia.

La memoria di Franco non potrà essere rinchiusa in una pur meritoria biblioteca intitolata a suo nome e men che mai reclusa nella intitolazione di una piazza, la uccisione di Serantini conferma quella continuità statale tra fascismo e democrazia che porto' innumerevoli fascisti a ricoprire incarichi dirigenziali nella Italia repubblicana proprio quando gli ex partigiani erano marginalizzati e cacciati dai posti di comando che avevano preso cacciando via Mussolini.

Non si tratta di polemizzare ma solo di ripristinare la verità storica dei fatti e non pensare che la uccisione di Serantini sia un fatto isolato nella storia repubblicana, ancora oggi sono in vigore le legislazioni emergenziali che avrebbero dovuto finire con la parentesi della lotta armata, ancora oggi siamo a denunciare la militarizzazione dei territori o la nozione di degrado urbano e la sua pratica repressiva, giusto a ricordare che Franco non è morto invano perchè la sua uccisione dimostra come lo stato nato dalla Resistenza non abbia mai fatto i conti con il suo passato fascista, la continuità si vede attraverso gli uomini riciclati nella democrazia e nelle pratiche quotidiane di una repressione dei movimenti sociali che non è mai finita adattandosi volta per volta alle mutevoli circostanze storiche.

E se nessun colpevole pago' per la morte di Franco, colpevoli non esistono per le migliaia di altri casi di abusi e violenza ordinaria , per le tante uccisioni rimaste impunite.


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