Quali risultati per il reddito di cittadinanza?

La questione non puo' ridursi alla querelle tra favorevoli e contrari al reddito di cittadinanza ma qualche idea dopo un anno, con tanto di dati alla mano, potremmo essercela fatta approfittando magari del lockdown.

E' falso sostenere che non esistevano alternative al reddito di cittadinanza, erano possibili i lavoratori socialmente utili ma i Governi hanno pensato che questa forza lavoro prima o poi avrebbe raggiunto dimensioni tali da organizzarsi per rivendicare la stabilizzazione dei rapporti di lavoro.

Quindi meglio un reddito di cittadinanza che alla occorrenza puo' essere utile a fini elettorali.

La storia dei lavori socialmente utili in Italia andrebbe riscritta senza affidarla alle cronache giornalistiche, ogni Regione ha la sua storia ma in tanti casi le stabilizzazioni sono avvenute alla luce di reali necessità  con immissione negli enti pubblici di giardinieri, sepoltuari, addetti ai musei, assistenti di base, tutte figure che per lustri non sono mai stati assunti e in tanti casi non esistono piu' nelle dotazioni organiche, esclusi dalle procedure selettive e concorsuali negli Enti pubblici indirizzate solo a ruoli di comando e di controllo quando poi controllo effettivo non c'è stato come dimostrano gli appalti al ribasso e la riduzione dei servizi alla cittadinanza

Di fatto un lavoro socialmente utile, se utile lo è veramente, nasce dalla analisi dei fabbisogni reali di un territorio, si forma il personale affidandoli poi ruoli ben definiti e risultati da raggiungere con verifiche settimanali. Pensiamo alle opere di manutenzione e risanamento del territorio, alla cura di corsi d'acqua o all'ambito sociale e culturale, il ruolo del pubblico dovrebbe essere dirimente ma se il pubblico viene abbandonato di conseguenza non potranno esserci lavori utili socialmente. Sta qui il problema, nella progressiva dismissione del pubblico e nella volontà di separare pubblico e lavoro e da qui bisogna ripartire per la necessaria inversione di tendenza.

Ad un anno dall’ inizio del reddito di cittadinanza,  65.302 mila sono i contratti stipulati da chi benefica del reddito,. contratti  per lo piu' precari, a tempo determinato (61,8%), a tempo indeterminato ossia 19,9% del totale (inclusi gli apprendisti) e la restante parte ( 18,3%) tra  somministrazione e collaborazioni. 

Basta questo dato per dimostrare un altro fallimento del reddito di cittadinanza, ossia essere partiti per ragioni elettorali senza prima avere riformato gli uffici del lavoro e il collegamento tra questi uffici e le aziende. Se 30 anni era possibile trovare un contratto a tempo determinato con gli uffici pubblici di collocamento, oggi è quasi impossibile in virtu' non solo dei cambiamenti del mercato del lavoro (molti appalti , e al ribasso, affidati alle cooperative)  ma perchè ci sono le agenzie interinali e le vie dirette dei padroni per reperire manodopera.  Potremmo dire che questi contratti, per lo piu' precari, sono arrivati nel Sud e nelle Isole, assai meno nel centro Nord , sempre a fini statistici e senza congettura alcuna.

Ma il dato sconcertante è la percentuale dei contratti in rapporto alla platea dei beneficiari del reddito, parliamo di 65 mila contratti rispetto alla  platea dei beneficiari che supera 966 mila unità, in percentuale siamo fermi al 6,7% a conferma che a non funzionare sono i centri per l'impiego dopo anni nei quali sono stati ridimensionati e soprattutto stravolti dalle riforme del mercato del lavoro.

Noi restiamo convinti che ogni dibattito su reddito e lavoro sia fuorviante e fuori tempo, il RdC va non eliminato ma ripensato in una ottica diversa, nel periodo post pandemico saranno necessari innumerevoli interventi pubblici e in questa ottica potremmo ripensare i lavori socialmente utili e restituire centralità nella formazione\aggiornamento\ricerca del lavoro ai centri per l'impiego. 

Ecco alcune proposte utili a restituire senso alla nozione di pubblico!

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