25 aprile 2019 e pensiero critico

25 aprile 2019 e pensiero critico.

di Tiziano Tussi


Il 25 aprile è sempre una giornata critica, ma per questa si usa il termine ricorrente di commemorazione. Commemorare è ricordare. La criticità resta in se, nella giornata. Troppo poco, forse niente. Se c'è un segno che la Resistenza ha lasciato, o avrebbe dovuto lasciare, è l'aspetto critico di quella stagione. La nostra Rivoluzione francese è la Resistenza. In Francia, le conquiste rivoluzionarie di quegli anni hanno lasciato il segno sino ad oggi. In Italia la Resistenza è stata da subito, dopo la sua fine nel 1945, messa a tacere, sotto silenzio,depotenziata a solo “grande lotta patriottica”, per cercare di mettere in ombra, di togliere la spinte più innovative e moderne della stessa. Qualcosa si è travasato nella Costituzione repubblicana, mai applicata integralmente; basti pensare alla questione dell'antifascismo, alla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta la ricostruzione del partito fascista sotto qualsisasi forma; basti osservare la spoliazione della XIII disposizione transitoria e finale che ha permesso il ritorno in Italia degli eredi maschi dei Savoia.


Ma il tentativo di mettere la mordacchia alla Resistenza ha avuto molti responsabili per la festa mortuaria. A questa voci, a questi sonniferi si sono aggiunte, nel tempo, voci di aperta denigrazione – i libri di Pansa ad esempio – e di esaltazione del fascismo. Contro legge in spregio alla legge.


E l'ANPI, associazione dei partigiani di sinsitra, ogni anno commemora quel giorno. Ci vuole di più, oltre l'atto commemorativo. Ci vuole di più oltre alla disputa su chi deve parlare dal palco in Piazza Duomo, a Milano, dopo il corteo. Ci vuole di più rispetto ai compromessi istituzionali e politici che stanno dietro la “riuscita” della giornata commemorativa. Ci vorrebbe l'uso continuo del pensiero e dell'azione critica.Uso continuo, non occasionale. La situazione politica e culturale in Italia è deprimente.


L'ANPI con i suoi 100/150 mila tesserati potrebbe essere un importante veicolo di lavoro critico con ricadute nazionali. Non basta dire, come l'ANPI dice, “siamo la coscienza critica dell'Italia”, occore esserlo veramente ed occorre che lo si sappia. Certo, dovrebbe dotarsi di strumenti di divulgazione significativi, non bastano un sito ed una rivista nazionale on line. Certo dovrebbe lavorare di più nella società a molteplici livelli, per riproporre uno studio storico resistenziale in prima persona. Il Paese intero dovrebbe esserne investito: lavoratori, studenti, studiosi. Da dire avrebbe molto. Nel corso del tempo tentativi sono stati fatti, andrebbero ripresi; i convitti Rinascita, subito dopo la seconda guerra mondiale; il ritorno dei partigiani sui monti, per alcune settimane, nell'estate del 1946, andrebbe studiato più a fondo.


Gli Istituti locali della resistenza e quello centrale dovrebbero produrre un maggior impatto sulla società dei luoghi interessati al loro studio. Il 25 aprile potrebbe essere, come l'8 settembre, sempre sottotono nella vita dell'ANPI, un giorno attorno cui fare ruotare attività varie, che dovrebbero però continuare tutto l'anno.


Non servono compromessi e moderazione. Due piccoli esempi. A Chiavari, luogo di forte presenza partigiana all'epocad ella guerra e zona di ritorno in montagna di cui prima parlavamo, il programma per questo 25 aprile, al di là di un intervento di uno storico dell'ILSREC (l'Istituo storico ligure), prevede un profluvio di corone, alza bandiera e manifestazioni con le autorità ufficiali, con Stravinskij al pomeriggio, che va sempre bene, intendiamoci. Altra piccola chicca:“Pavia. 25 aprile, via l'oratore non è “super partes”. Sostituito l'oratore ufficiale del 25 aprile a Pavia. La scelta era caduta su Piero Scaramucci, ex direttore di Radio Popolare e giornalista RAI... ma il nome non è piaciuto al presidente della provincia di Pavia ...perchè troppo connotato politicamente...” (Il Secolo XIX, 23 aprile 2019.).


Proprio come se la Resistenza non fosse di parte, di una parte contro un'altra. Lasciare passare l'ennesimo anno, il 25 aprile, nel solo segno della commemorazione significa aggiungere altro sonnifero ad una situazione in cui sarebbe ben più utile dare la sveglia alle coscienze degli italiani che appaiono essersi veramente molto addormentate.

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