Dalle politiche securitarie alle zone rosse
Speravamo di non imbatterci piu' nelle zone rosse ma quel modello di controllo sulle città ha fatto scuola e torna a manifestarsi, con il Governo Giallo verde, nella sua sinistra essenza repressiva . Bene hanno fatto le Camere Penali di Firenze a denunciare l'utilizzo amministrativo di procedure atte ad allontanare da certi luoghi categorie di cittadini in base alla loro fedina penale. Prendiamo ad esempio i reati legati a cause sociali e politiche e immaginiamoci quali conseguenze potrebbe avere un procedimento amministrativo costruito ad arte per allontanare attivisti e militanti.
In un colpo solo il Ministro Salvini ottiene due risultati: mettere il bavaglio alla Magistratura depotenziandone l'operato e inibisce la libera circolazione di cittadini senza che abbiano commesso dei reati, solo in virtu' del pregiudizio legato alla loro fedina penale o alla loro stessa militanza. Dovrebbe essere piuttosto l'autorità Giudiziaria a stabilire la eventuale incompatibilità a stare in certe aree cittadine, non certo un Provvedimento amministrativo
.Prove tecniche di stato di polizia e sospensione delle libertà democratiche dopo anni di politiche securitarie? Parrebbe proprio di sì
La direttiva del Ministro Salvini va ben oltre la normativa Minniti e il Pacchetto sicurezza, a nostro avviso viola la stessa Carta Costituzionale, i prossimi anni diranno se abbiamo ragione o torto.
La direttiva spinge i Prefetti a pianificare delle zone interdette come soluzione straordinaria atta a prevenire crimini e illegalità.
Il provvedimento viene anticipato dalle ordinanze di due sindaci del Pd, i sindaci di Bologna e Firenze, ancora una volta le politiche securitarie arrivano proprio dal centro sinistra. Non vogliamo mettere in discussione le richieste di sicurezza dei cittadini ma è innegabile che scendere sul terreno dei daspo e delle zone rosse non aiuta a combattere la miseria, la emarginazione, i malesseri sociali e perfino a contrastare la criminalità. I Daspo hanno fatto storia e la interdizione di alcune categorie di cittadini riporta indietro l'orologio al periodo nazi fascista o alle teorie di Lombroso
Esiste una criminalità diffusa dimenticata nelle politiche di prevenzione, parliamo del lavoro nero, della grande criminalità, della corruzione in materia di appalti, si guarda invece alla piccola crinminalità predatoria promuovendo misure a tutela della legalità che valgono per gli ultimi ma non per i colletti bianchi del crimine.
Dati alla mano numerosi reati sono in calo, eppure ogni giorno si parla di nuove e maggiori misure di contrasto dell' abusivismo, di lotta al consmo di alcool o di stupefacenti, uso che andrebbe combattuto con ben altri strumenti (socialità, educazione, campagne pubbliche nelle scuole e nei quartieri no? E che dire della ludopatia che sta gettando sul lastrico migliaia di famiglie, ludopatia che va di pari passo con la emarginazione sociale ed economica?)
Ancora una volta viene evocata la natura speciale di una legge o di una ordinanza, siamo in emergenza da oltre 40 anni, da prima della approvazione della Legge Reale e da questa situazione non si intravede via di uscita.
La direttiva si prefigge obiettivi ambiziosi, per esempio rafforzare «i risultati raggiunti grazie alle nuove linee di intervento e strategie operative promosse negli ultimi mesi e realizzate anche attraverso una sempre più incisiva azione da parte delle Forze di polizia», si riesuma perfino il Regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 con i super poteri ai Prefetti che a loro volta nel comitato provinciale per l' Ordine e la sicurezza scaricheranno sui Sindaci, e sulla Pm, innumerevoli incombenze. Le piazze dello spaccio? Se vogliamo smantellarle basta portare iniziative sociali e culturali nelle piazze, invitiamo chi pensava che la presenza dei militari fosse la soluzione migliore a farsi un giro nei centri storici.
Siamo in presenza di una situazione paradossale: la militarizzazione dei centri storici non ha risolto alcun problema, serve a vendere l'immagine delle istituzioni attenti alla sicurezza dei cittadini, quindi l'obiettivo potrebbe essere ben altro ossia quello di "normalizzare" le aree urbane cacciando via migranti, studenti, centri sociali, sottoponendo istituti scolastici e universitari a un regime di stretta sorveglianza.
Si dimenticano le politiche sociali e urbanistiche, si affidano superpoteri ai comitati provinciali, si spinge ad utilizzare la Pm per compiti di pattugliamento dei centri storici coinvolgendo istituzioni locali, associazioni di commercianti e altro ancora, scenari che ricordano quanto già accaduto in epoca fascista.
Il potere di ordinanza dei prefetti si affianca alle autorità provinciali di pubblica sicurezza e ai poteri dei Sindaci ma allo stesso tempo preclude a persone e innumerevoli attività sociali sempre piu' larghe aree pubbliche, una sorta di interdizione che poi riguarda anche tutte le aree verdi dei centri storici.
Il decreto Sicurezza prevede che ogni Comune approvi ordinanze specifiche finalizzate alla " prevenzione dei reati e di possibili turbative dell'ordine pubblico". Da qui alla vera e propria repressione la distanza è veramente esigua
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