Cosa si cela dietro alla riduzione dell'orario di lavoro?
Le ultime statistiche non ammettono dubbi: in
Italia si lavora piu' di altri paesi europei, il problema è piuttosto
legato alla scarsa produttività derivante dai mancati investimenti in
tecnologia.
Gli italiani non sono fannulloni, lavorano di sicuro piu' di
tanti altri lavoratori dei paesi Ue , la riduzione dell'orario di
lavoro a parità di salario potrebbe essere non solo una provocazione a
mezzo stampa ma un obiettivo a cui lavorare per ringiovanire la forza
lavoro tanto nel pubblico impiego che nel privato. Nel recente passato
la riduzione oraria è già stata sperimentata ma non a parità di salario,
anzi numerose aziende hanno fatto approvare dai sindacati complici
accordi aziendali nell'ottica di ridurre l'orario, e il salario, alla
forza lavoro piu' anziana con il risultato di produrre effetti nefasti
sugli assegni previdenziali.
Redistribuire ricchezza e aumentare
l’occupazione è una ricetta vecchia ma sempre valida se alla base esiste
un accordo tra le parti sociali nell'ottica di accrescere il potere di
acquisto dei salari e delle pensioni, per rafforzare il welfare e
favorire nuova occupazione; se invece l'obiettivo è quello di disfarsi,
per altro a buon mercato, della forza lavoro piu' avanti negli anni con
nuove assunzioni precarie e attraverso contratti sfavorevoli, se il fine è sostituire aumenti salariali con welfare aziendale,
questo patto sarebbe non solo sbagliato ma controproducente per la
forza lavoro attuale e futura.
Bisogna chiedersi la ragione per la quale si lavori di piu' e sicuramente la risposta è legata alla tendenza del capitalismo italiano di sfruttare gli ammortizzatori sociali e di investire ben poco, e male, nei processi innovativi. Paghiamo lo scotto delle delocalizzazioni produttive, dei processi di privatizzazione costruiti solo sulla riduzione del costo della manodopera, sono questi i risultati del capitalismo made in Italy.
Anche il potere d’acquisto degli stipendi italiani è in calo, un punto in percentuale meno di dieci anni fa stando ai dati sindacali (European Trade Union Confederation).
La finalità di questi dati è tuttavia degna della nostra attenzione perchè l'obiettivo dei sindacati e delle associazioni datoriali è ottenere dallo stato la riduzione del costo del lavoro e delle tasse sul lavoro, attenzione non si aggrediscono i profitti e il capitale parassitario, non si attacca la speculazione finanziaria e i mancati investimenti, si chiede solo allo Stato di ridurre le tasse alle imprese e a ruota le tasse sui salari.
La merce di scambio è quella di tagliare il welfare per sostituirlo con il welfare aziendale, meno soldi alle pensioni e alla sanità per rafforzare sanità e previdenza integrativa, questo è il patto sociale che mette insieme padroni e sindacati complici. Ecco spiegata la campagna per ridurre le tassazioni sui salari, per ridurre il prelievo fiscale sulle famiglie , soprattutto quelle con un solo lavoro visto che la famiglia monoreddito in Italia è tra le piu' tartassate dei paesi Ocse.
Ma attenzione: non si parla di aumento del potere di acquisto, crescita dei salari e delle pensioni, il compromesso all'orizzonte vede lo scambio tra salario e welfare aziendale, la riduzione dell'orario per la forza lavoro piu' anziana ma con una contrazione del salario e dei contributi previdenziali, la riduzione delle tasse sulle imprese con qualche beneficio anche sui nostri salari.
Un compromesso sociale che rafforzerà soprattutto le imprese senza restituire dignità al lavoro e ai salari, riducendo il nostro welfare e con un controllo del capitale sempre piu' ossessivo.
Siamo allora certi di volere accettare questo ennesimo compromesso sociale a perdere?
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