Fusione tra Comuni: facciamo chiarezza!

Negli ultimi anni numerosi piccoli enti locali sono stati fusi dopo una consultazione referendaria che ha visto prevalere i favorevoli. I contrari erano stati dipinti come inguaribili conservatori, incapaci di cogliere la modernità dei processi di fusione, restii anche ad accogliere incentivi di varia natura. 
Le campagne referendarie sono state accompagnate da notizie spesso inattendibili, dalla contrapposizione ideologica tra il presunto nuovo intriso di modernità in antitesi al vecchio municipalismo con venature anti euroee. In numerose pubblicazioni troviamo scritto che la fusione dei comuni è strumento per avvicinarsi all'Europa, strano a dirsi ma un paese molto piu' europeo del nostro,  la Francia, è stata costruita invece su piccoli enti locali .
Altra menzogna è quella che presenta la fusione degli enti locali come accrescimento del  welfare. Se guardiamo all'esperienza concreta dei processi di fusione si scopre invece che mentre venivano uniti i comuni si andavano sopprimendo gli sportelli  postali, erano contratti i servizi del trasporto pubblico locale, chiusi alcuni presidi socio sanitari, accorpati uffici costringendo la popolazione piu' anziana a sobbarcarsi lunghi viaggi per accedere ai servizi destinati alla cittadinanza.
Altro aspetto non secondario è l'insieme degli interessi economici celatisi dietro a processi di fusione o a calcoli meramente politici ed elettorali.

Le fusioni sono incentivate attraverso i contributi straordinari statali erogati per dieci anni successivi alla costituzione del comune nato da fusione, per esempio la Legge di stabilità per l'anno 2017 prevedeva il 40% dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010, entro il tetto di 2 milioni di euro.
La domanda dirimente è perchè lo Stato dovrebbe finanziare la fusione di comuni, la sola risposta che troviamo sta nel risparmio, nella contrazione dei costi relativi ai servizi pubblici e al personale che opera negli stessi. Insomma meno comuni determinano riduzione di personale. Nei piccoli enti locali il blocco alle assunzioni ha giocato ruoli nefasti, la impossibilità di assumere personale al posto dei pensionamenti ha letteralmente messo in ginocchio i servizi al cittadino, i tetti di spesa imposti ai piccoli enti locali hanno avuto ripercussioni negative sulle comunità locali.  Un altro ragionamento andrebbe fatto relativamente al rapporto costi \benefici dei processi di fusione, un po' come dovremmo fare da anni per le privatizzazioni, per le esternalizzazioni di servizi avvenuti negli enti locali e in sanità. 

Il sindacato, in questi scenari, ha assunto un ruolo non solo passivo ma di complicità con i processi di smantellamento dei servizi pubblici, hanno rifiutato per anni di indagare sulle ragioni del debito pubblico (che fine hanno fatto i tecnici del sindacato? Sono tutti nascosti nei centri studi o nelle università a far carriera?) cosi' come si sono astenuti dal redigere un rapporto tra costi e benefici di processi che hanno per altro determinato appalti al ribasso e riduzione del potere di acquisto e di contrattazione per la forza lavoro a gestione diretta e per quella affidata a terzi.
Il legislatore, soprattutto con i governi di centro sinistra, hanno emanato leggi per favorire i processi di fusione, potremmo citarne almeno tre, la n. 183/2014,  la 56/2014 e la  190/2014.
Leggi costruite ad arte mentre si tagliavano i fondi destinati alla sanità, al welfare, alle pensioni, all'istruzione per non parlare poi dei proveniti dell'Imu che con la soppressione delle tasse sulla prima casa non sono mai ritornati nelle casse comunali. E allora, senza mai rimettere in discussione le politiche di austerità e le politiche in materia di spesa e di assunzione di personale, è arrivato, in caso di fusione, l’allentamento del Patto di stabilità interno dal quinto anno successivo a quello della loro istituzione, sono stati accordati incentivi e semplificazioni per i comuni fusi concendendo loro alcuni margini di indebitamento o prevedendo anche altri benefici.
Il legislatore proprio mentre tagliava fondi destinati agli enti locali voleva favorire in ogni modo i processi di fusione, non trovate insolita questa politica dei due pesi e delle due misure? Allo stesso tempo, giusto per non trovarsi in situazioni paradossali, hanno deciso che ciascun comune potesse mantenere i tributi e le tariffe antecedenti alla fusione. Pendiamo il comune a e il comune b che  si fondono nel comune c, il comune c aveva due sistemi tributari distinti, quelli di a e b. E' forse questo sinonimo di virtuosità amministrativa? 

A noi sembra di no, cosi' come un ragionamento serio andrebbe fatto sui contributi regionali lesinati a tante comunità ma invece elargiti ai comuni oggetto di fusione.

Nel 2009 esistevano piu' di 8000 comuni, decisamente troppi per Governi che avevano come obiettivo il contenimento della spesa in materia di enti locali . Poi nessuno spiega che la presenza di piu' comuni è anche sinonimo di maggiore efficienza, o lo sarebbe in teoria se i Comuni avessero personale in numero adeguato alle reali necessità, le comunità locali possono nominare le loro rappresentanze nei consigli in termini piu'democratici. La legge per la nomina di sindaci negli enti locali ha ben poco di democratico, ci sono liste che pur avendo il 6\7 % dei voti non riescono ad eleggere propri rappresentanti, una logica che stride con il principio democratico di una rappresentanza reale e rispondenti ai voleri popolari come lo era il sistema proporzionale.
In caso di fusioni veniva proposto  l’allentamento del Patto di Stabilità (Legge Delrio, quella legge che ha cancellato le province raccontando che erano inutili e costosi enti quando rappresentavano lo 0.6% della spesa totale della Pubblica amministrazione.) ed il contributo straordinario pari al 40% dei trasferimenti erariali complessivamente attribuiti ai comuni preesistenti per l’anno 2010.
I processi di fusione sono stati imposti allora alle comunità locali dentro il quadro di austerità che ha messo in ginocchio il paese e impoverito la pubblica amministrazione, ad esempio mentre venivano tagliati fondi ai vigili del fuoco (e il risultato di queste scellerate politiche lo abbiamo pagato tutti\e non avendo uomini a sufficienza per soccorrere le popolazioni vittime di calamità) si elargivano concessioni per fondere i piccoli comuni. Dove sta la ratio di questa politica se non nell'avallare i processi di smantellamento dello stato sociale e nell'indebolire i processi democratici e decisionali delle comunità locali?
Chiudiamo sul referendum ricordando che in alcune Regioni hanno previsto il raggiungimento del quorum mentre in altre il quorum non veniva previsto per una consultazione che comunque viene disciplinata a livello regionale. Ma il referendum rappresenta un passaggio formale e alla occorrenza il voto dei cittadini è stato disatteso come nel caso del Comune di Gravedona ed Unti, nato dalla fusione di Germasino, Consiglio di Rumo e Gravedona. In tal caso i cittadini si erano espressi contro ma la volontà popolare non ha fatto cambiare idea alla Regione che è andata dritta verso la fusione disattendendo il risultato referendario.

Negli ultimi anni la Regione Toscana si è spesa molto per le fusioni tra enti locali, lo ha fatto mentre venivano cancellati decini di presidi ospedalieri, un feroce attacco alla sanità e alla salute pubblica. Sempre in questi anni ci sono stati tagli al trasporto pubblico locale, anche nell'ambito della Protezione civile gli enti locali hanno avuto una funzione di coordinamento ma nei fatti appoggiandosi interamente sul terzo settore, sui sistemi locali di protezione quando la nostra regione non ha neppure  aerei antincendio per intervenire in un territorio occupato per metà da superfici boschive. Il ragionamento sulla fusione dei comuni non puo' avvenire al di fuori del contesto in cui gli enti locali si trovano, noi ci siamo sempre battuti per la cancellazione della Legge Del Rio, una legge anticostituzionale che ha smantellato le Province indebolendo gli interventi pubblici in materia di lavoro, ambiente, manutenzione del territorio.

I processi di fusione aggirano e non aggrediscono i patti di stabilità, sono figli della logica dei tagli e dell'austerità, vendono illusioni senza mai entrare nel merito del rapporto costo \ benefici dei processi avvenuti. Diffidare delle fusioni significa allo stesso tempo rimettere in piedi un ragionamento sul ruolo degli enti locali e sulle loro funzioni, sui processi decisionali e democratici da troppi anni sotto attacco.

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