Il Razzismo che dilaga nel bel paese. Fermare la escalation xenofoba e razzista
La
drammatica escalation delle aggressioni razziste degli ultimi mesi.
In
ottobre altra pericolosa accelerazione frutto del clima di crescente
intolleranza presente nel paese
La
violenza espressiva verbale aggiunta ai contenuti discriminatori e
razzisti, divenuti entrambi strumenti di propaganda politica e di
coagulo del consenso elettorale da parte di alcune forze politiche,
stanno non solo creando un cambiamento antropologico nel popolo
italiano, sempre più intollerante verso gli immigrati, ma hanno
anche innescato una spirale di violenza ai danni degli stranieri che
si è trasformata in un drammatico stillicidio, ormai quasi
quotidiano, di episodi di violenza.
La
crescente ondata di violenze contro profughi e immigrati, dopo esser
finita sotto i riflettori mediatici nazionali in occasione
dell'aggressione armata di Macerata di febbraio scorso, è stata
progressivamente diluita nel calderone delle notizie diffuse dagli
organi di informazione, e, anche a causa della consueta mancata
condanna da parte dei vertici dell'attuale governo, è scomparsa
dalle prime pagine dei principali giornali e dalle aperture dei
telegiornali.
L'aspetto
che maggiormente ci preoccupa è rappresentato dal fatto che le
aggressioni sono ormai pericolosamente diventate, nella percezione
generale degli italiani, fatti di scarso rilievo, quando invece per
frequenza e gravità hanno subito una preoccupante accelerazione
negli ultimi mesi, con un drammatico incremento nel mese di ottobre.
I dati indicano infatti che dalle 12 aggressione denunciate nei 49
giorni compresi fra l'11 giugno e il 29 luglio ai danni di stranieri
residenti e profughi temporaneamente presenti, siamo passati alle 10
registrate, in soli 16 giorni fra il 2 e il 18 ottobre.
Nel
paese a seguito dell'inasprirsi della propaganda anti immigrati si
sta diffondendo una pericolosa mentalità discriminatoria che,
facendo leva sullo slogan "prima gli italiani", reputa gli
immigrati soggetti portatori di un bagaglio di diritti non paritario
rispetto a quello degli autoctoni e, addirittura, ha fornito il
pretesto ad alcuni settori particolarmente estremisti di arrogarsi il
diritto di scagliarsi verbalmente e fisicamente contro di loro. Le
notizie di questi drammatici eventi vengono diffuse dai media senza
riservar loro la dovuta enfasi, mentre il cittadino acquisisce
passivamente la notizia senza valutarne portarne e conseguenze.
Eppure sono episodi gravi che minano la tenuta del tessuto sociale e
lasciano ferite profonde nell'interiorità di chi li subisce.
Basterebbe che ci fermassimo a riflettere sugli effetti fisici ma,
soprattutto, psichici che tali aggressioni potrebbero procurare, nel
caso ne fossimo vittime, a noi a ai nostri familiari, per
comprenderne l'effettiva gravità.
Il
clima di odio, intolleranza e di discriminazione ha permeato vasti
settori della nostra società facendo sensibilmente regredire gli
anticorpi del razzismo che invece avevano tutelato il tessuto civile
e democratico del nostro paese nel Dopoguerra. Un'ombra sinistra si
allunga pericolosamente sul nostro futuro assumendo i contorni del
razzismo e della violenza, nonostante il nostro paese si sia liberato
da queste degenerazioni poco più di 70 anni or sono.
La
storia è maestra di vita, si sente ripetere ogni tanto sui media, ma
evidentemente in Italia gli scolari attenti alle sue lezioni sono
rimasti una minoranza: basterebbe ricordare che proprio quest'anno
ricorre l'ottantesimo anniversario della promulgazione delle Leggi
razziali da parte del regime fascista e quali nefaste conseguenze
abbia poi innescato (rastrellamenti, campi di sterminio, guerra ecc).
Un
popolo che non tiene viva la memoria è un popolo senza futuro. Quale
futuro abbiano in mente al ministero dell'Istruzione per la nostra
società è sicuramente opportuno che ciascun cittadino dotato di
buon senso inizi a domandarselo dopo che, con la recente parziale
riforma dell'Esame di Stato, da questo anno scolastico nella prima
prova d'esame non sarà più presente il tema di carattere storico.
Pubblichiamo
di seguito l’elenco delle aggressioni denunciate dalle vittime in
Italia fra l'11 giugno e il 29 luglio e quelle fra il 2 e il 18
ottobre per fare conoscere la preoccupante impennata del triste
fenomeno e far percepire il dramma personale di chi le ha subite.
Ogni
aggressione di stampo razzista è una ferita aperta nella società e
nel cuore delle vittime.
In
Italia fra giugno e luglio 12 aggressioni in 49 giorni
11
giugno,
Caserta: due ragazzi maliani, ospiti di un centro Sprar, vengono
avvicinati da una Fiat Panda, a bordo della quale viaggiavano tre
giovani italiani i quali hanno sparato alcuni colpi con una pistola
ad aria compressa, al grido “Salvini Salvini”.
20
giugno,
Napoli: Bouyangui Konate, cuoco maliano di 21 anni, rifugiato, viene
colpito da due ragazzi con un fucile a piombini.
3
luglio,
Forlì: una donna nigeriana viene avvicinata da un motorino, con due
persone a bordo, dal quale parte un colpo da una pistola ad aria
compressa che la ferisce a un piede.
5
luglio,
Forlì: un uomo di 33 anni originario della Costa d’Avorio viene
colpito all’addome con colpi esplosi da pistola ad aria compressa.
11
luglio,
Latina: due uomini di origine nigeriana vengono raggiunti da
proiettili di gomma esplosi da un’Alfa 155 nei pressi della fermata
dell’autobus.
17
luglio,
Roma: una bambina rom di poco più di un anno, viene raggiunta da un
colpo di pistola ad aria compressa. Rischia di rimanere paralizzata.
26
luglio,
Partinico: un richiedente asilo senegalese di 19 anni viene aggredito
e picchiato mentre stava lavorando al bar da tre uomini che
gli gridano: “Tornatene al tuo paese, sporco negro”.
26
luglio,
Vicenza: un operaio di origine capoverdiana che lavorava su un
ponteggio viene colpito alle spalle dai colpi di una carabina.
26
luglio,
Aversa: un richiedente asilo della Guinea viene avvicinato da due
ragazzi in moto, che gli sparano con un’arma ad aria compressa,
colpendolo al volto.
28
luglio,
Milano: un uomo di origine cingalese viene aggredito in un parco.
L’agressore pretendeva che parlasse in italiano al telefono e lo ha
minacciato con un taglierino sulla gola davanti alla figlia
terrorizzata.
29
luglio,
Aprilia: un uomo di origine marocchina viene picchiato a sangue da
due uomini e muore, abbandonato sulla strada.
29
luglio,
Moncalieri: Daisy Osakue, nazionale di atletica leggera,
aggredita a Moncalieri mentre rincasava: da un’auto in corsa le
sono state lanciate contro delle uova. L’atleta è stata colpita a
un occhio ed è stata operata per una lesione alla cornea.
Sondrio,
18 Ottobre
Lui, panettiere di 28 anni di origine senegalese, stava andando al lavoro. Loro stavano tornando da una festa in paese. Lo hanno insultato per il colore della pelle, lo hanno circondato e poi lo hanno aggredito a calci e pugni. Il «tiro al nero» questa volta è avvenuto sabato poco dopo le 2 di notte a Morbegno (So). Mame Serigne Gueye stava andando verso il panificio della città dove lavora. Sabato era in corso una sagra di paese, Cantine a Morbegno, che celebra vini e salumi locali. I ragazzi che hanno aggredito Mame Serigne Gueye avevano passato la serata in piazza. La vittima ha raccontato ai soccorritori di essere stata insultata per il colore della pelle, poi circondata. Dalle parole alle mani è stato tutto molto veloce. Spintoni, calci, il tentativo di reagire del 28enne, poi il pugno all’occhio destro che lo ha fatto finire a terra col volto insanguinato.
Lui, panettiere di 28 anni di origine senegalese, stava andando al lavoro. Loro stavano tornando da una festa in paese. Lo hanno insultato per il colore della pelle, lo hanno circondato e poi lo hanno aggredito a calci e pugni. Il «tiro al nero» questa volta è avvenuto sabato poco dopo le 2 di notte a Morbegno (So). Mame Serigne Gueye stava andando verso il panificio della città dove lavora. Sabato era in corso una sagra di paese, Cantine a Morbegno, che celebra vini e salumi locali. I ragazzi che hanno aggredito Mame Serigne Gueye avevano passato la serata in piazza. La vittima ha raccontato ai soccorritori di essere stata insultata per il colore della pelle, poi circondata. Dalle parole alle mani è stato tutto molto veloce. Spintoni, calci, il tentativo di reagire del 28enne, poi il pugno all’occhio destro che lo ha fatto finire a terra col volto insanguinato.
Trento,
17 Ottobre
Mamadou, 25 anni, origini senegalesi, vive a Bolzano da 15 anni. Lavora per un’azienda che monta forni. Sale sul Flixbus Trento-Roma. Ha il biglietto, come gli altri passeggeri. Rispetto a loro, però, Mamadou è nero. Quando prova a sedersi al posto assegnato, una signora italiana lo insulta: «Qui no, vai via, in fondo, sei di un altro colore e di un’altra religione».
La signora non cambia idea. Arriva la polizia e le prende i documenti. Il ragazzo viene spostato in fondo, vicino ad Elena, studentessa che poi denuncia l’episodio su Facebook. Nel post scrive: «Come si dice “al peggio non c’è mai fine” perché il peggio arriva: viene chiamata addirittura la polizia! Il ragazzo continua a piangere, è stanco. La polizia arriva e fortunatamente tutto si risolve spostando di posto il ragazzo, facendolo sedere vicino a me»
Mamadou, 25 anni, origini senegalesi, vive a Bolzano da 15 anni. Lavora per un’azienda che monta forni. Sale sul Flixbus Trento-Roma. Ha il biglietto, come gli altri passeggeri. Rispetto a loro, però, Mamadou è nero. Quando prova a sedersi al posto assegnato, una signora italiana lo insulta: «Qui no, vai via, in fondo, sei di un altro colore e di un’altra religione».
La signora non cambia idea. Arriva la polizia e le prende i documenti. Il ragazzo viene spostato in fondo, vicino ad Elena, studentessa che poi denuncia l’episodio su Facebook. Nel post scrive: «Come si dice “al peggio non c’è mai fine” perché il peggio arriva: viene chiamata addirittura la polizia! Il ragazzo continua a piangere, è stanco. La polizia arriva e fortunatamente tutto si risolve spostando di posto il ragazzo, facendolo sedere vicino a me»
Trento,
17 Ottobre
Uno studente indiano, che frequenta l’università (a breve si laureerà ingegneria meccatronica), è stato fatto cadere e poi colpito a calci nei dintorni della residenza dove abita.
Gli aggressori si sono limitati a picchiarlo senza portargli via nulla.
Il ragazzo ha informato del fatto l’università, raccontando che il movente dell’aggressione è di tipo razziale. «Lo studente – ha comunicato l’ateneo – ha manifestato all’Università quanto è successo». Secondo i media locali l’aggredito avrebbe sporto denuncia in questura. Il ragazzo ha inoltre ricevuto tempestivamente la telefonata della prorettrice Barbara Poggio, che ha espresso la massima solidarietà a nome di tutto l’Ateneo, ribadendo la natura odiosa e intollerabile del gesto.
Uno studente indiano, che frequenta l’università (a breve si laureerà ingegneria meccatronica), è stato fatto cadere e poi colpito a calci nei dintorni della residenza dove abita.
Gli aggressori si sono limitati a picchiarlo senza portargli via nulla.
Il ragazzo ha informato del fatto l’università, raccontando che il movente dell’aggressione è di tipo razziale. «Lo studente – ha comunicato l’ateneo – ha manifestato all’Università quanto è successo». Secondo i media locali l’aggredito avrebbe sporto denuncia in questura. Il ragazzo ha inoltre ricevuto tempestivamente la telefonata della prorettrice Barbara Poggio, che ha espresso la massima solidarietà a nome di tutto l’Ateneo, ribadendo la natura odiosa e intollerabile del gesto.
Bari,
15 Ottobre
Un bambino di otto anni e mezzo sta tornando a casa dall’abitazione del professore dove frequenta il doposcuola. Vede un gruppo di ragazzini che stanno sporcando le macchine parcheggiate con una bomboletta bianca. Li invita a smetterla. Quelli, invece di fermarsi, gli rispondono mostrando la bomboletta: «Sei nero, ora ti facciamo diventare bianco». Lo inseguono, lo rincorrono fino alla casa in cui vive con la madre, una donna italiana che ha avuto il bambino con un uomo della Costa d’Avorio. La donna ha denunciato altri episodi di razzismo precedenti, all’interno della scuola del figlio. Atti e aggressioni che hanno costretto la famiglia a cambiare l’istituto scolastico.
Un bambino di otto anni e mezzo sta tornando a casa dall’abitazione del professore dove frequenta il doposcuola. Vede un gruppo di ragazzini che stanno sporcando le macchine parcheggiate con una bomboletta bianca. Li invita a smetterla. Quelli, invece di fermarsi, gli rispondono mostrando la bomboletta: «Sei nero, ora ti facciamo diventare bianco». Lo inseguono, lo rincorrono fino alla casa in cui vive con la madre, una donna italiana che ha avuto il bambino con un uomo della Costa d’Avorio. La donna ha denunciato altri episodi di razzismo precedenti, all’interno della scuola del figlio. Atti e aggressioni che hanno costretto la famiglia a cambiare l’istituto scolastico.
Varese,
14 Ottobre
Emanuel, ventottenne di origini nordafricane che da 10 anni vive in Italia, lavora presso un supermercato Carrefour. Fa il cassiere. Durante il suo turno di lavoro, si trova di fronte una donna quarantenne che gli dice: «Non voglio essere servita da un negro». Il ragazzo invita la cliente a concludere i suoi acquisti, ma lei insiste e continua a insultarlo con frasi razziste. Quando sente che i colleghi stanno chiamando la polizia, gli lancia addosso anche una lattina di birra, danneggiando la cassa. La donna viene denunciata: le telecamere di videosorveglianza hanno ripresa l’intera scena. Il cassiere – invece, e per fortuna, riceve numerosi attestati di solidarietà.
Emanuel, ventottenne di origini nordafricane che da 10 anni vive in Italia, lavora presso un supermercato Carrefour. Fa il cassiere. Durante il suo turno di lavoro, si trova di fronte una donna quarantenne che gli dice: «Non voglio essere servita da un negro». Il ragazzo invita la cliente a concludere i suoi acquisti, ma lei insiste e continua a insultarlo con frasi razziste. Quando sente che i colleghi stanno chiamando la polizia, gli lancia addosso anche una lattina di birra, danneggiando la cassa. La donna viene denunciata: le telecamere di videosorveglianza hanno ripresa l’intera scena. Il cassiere – invece, e per fortuna, riceve numerosi attestati di solidarietà.
Lucca,
12 Ottobre
Un ragazzo nato e cresciuto a Lucca da genitori dello Sri Lanka che frequenta un istituto superiore del capoluogo ha ricevuto insulti razzisti su un autobus della città toscana. Un autista della Ctt Toscana Nord prima avrebbe detto al ragazzo di stare in piedi perché non c’erano posti a sedere.
Poi, quando il giovane ha trovato un sedile libero, è arrivato l’insulto: «Ma vieni dal cimitero? Puzzi di morto! C’è un tanfo di morto! Che cosa ti sei messo? Non ti puoi sedere, puzzi di morto». Nessuno dei passeggeri è intervenuto. Secondo il ragazzo – che ha raccontato ai giornali locali l’episodio – «Forse non hanno sentito o forse hanno preferito far finta di niente. Una cosa del genere non mi era mai successa».
Un ragazzo nato e cresciuto a Lucca da genitori dello Sri Lanka che frequenta un istituto superiore del capoluogo ha ricevuto insulti razzisti su un autobus della città toscana. Un autista della Ctt Toscana Nord prima avrebbe detto al ragazzo di stare in piedi perché non c’erano posti a sedere.
Poi, quando il giovane ha trovato un sedile libero, è arrivato l’insulto: «Ma vieni dal cimitero? Puzzi di morto! C’è un tanfo di morto! Che cosa ti sei messo? Non ti puoi sedere, puzzi di morto». Nessuno dei passeggeri è intervenuto. Secondo il ragazzo – che ha raccontato ai giornali locali l’episodio – «Forse non hanno sentito o forse hanno preferito far finta di niente. Una cosa del genere non mi era mai successa».
Lucca,
6 Ottobre
Una ragazza di origini haitiane, Judith Romanello, di 20 anni, che si era presentata a un colloquio di lavoro, non ha ottenuto il posto per discriminazione razziale.
In cerca di un’occupazione a Venezia, ha risposto a un annuncio per un impiego da cameriera in un ristorante. La giovane si è presentata al colloquio, ma una volta visto il colore della sua pelle la risposta del datore è stata: «Ah, ma sei nera? Scusa, non è per cattiveria – ha detto l’uomo – ma io non voglio persone di colore nel ristorante, potrebbe far schifo ai miei clienti, potrebbe far schifo che tocchi i loro piatti». Judith ha poi postato un video sui social nel quale ha raccontato l’episodio, raccogliendo attestati di solidarietà.
Una ragazza di origini haitiane, Judith Romanello, di 20 anni, che si era presentata a un colloquio di lavoro, non ha ottenuto il posto per discriminazione razziale.
In cerca di un’occupazione a Venezia, ha risposto a un annuncio per un impiego da cameriera in un ristorante. La giovane si è presentata al colloquio, ma una volta visto il colore della sua pelle la risposta del datore è stata: «Ah, ma sei nera? Scusa, non è per cattiveria – ha detto l’uomo – ma io non voglio persone di colore nel ristorante, potrebbe far schifo ai miei clienti, potrebbe far schifo che tocchi i loro piatti». Judith ha poi postato un video sui social nel quale ha raccontato l’episodio, raccogliendo attestati di solidarietà.
Padova,
4 Ottobre
È successo a Montagnana, provincia di Padova. «Non vogliamo essere serviti da un cameriere di colore», è quello che si è sentito rispondere da due clienti un ragazzo.
La coppia, una volta entrata, si è seduta e ha chiesto di essere servita. Si è avvicinato un giovane dalla pelle scura, un dettaglio che non è piaciuto ai clienti, tanto da rifiutarsi di essere serviti da lui.
L’aggressione verbale si è svolta sotto gli occhi di una sua collega, Laura, che non ci ha pensato due volte: «Potete anche andare via – ha detto – qui noi non serviamo clienti razzisti». Il fatto, segnalato su Facebook dalla stessa Laura, ha suscitato la solidarietà dei cittadini.
È successo a Montagnana, provincia di Padova. «Non vogliamo essere serviti da un cameriere di colore», è quello che si è sentito rispondere da due clienti un ragazzo.
La coppia, una volta entrata, si è seduta e ha chiesto di essere servita. Si è avvicinato un giovane dalla pelle scura, un dettaglio che non è piaciuto ai clienti, tanto da rifiutarsi di essere serviti da lui.
L’aggressione verbale si è svolta sotto gli occhi di una sua collega, Laura, che non ci ha pensato due volte: «Potete anche andare via – ha detto – qui noi non serviamo clienti razzisti». Il fatto, segnalato su Facebook dalla stessa Laura, ha suscitato la solidarietà dei cittadini.
Genova,
4 Ottobre
«Tornatene al tuo paese» hanno gridato mentre picchiavano e rapinavano un cittadino ivoriano nei pressi del centro di Genova. La vittima stava camminando nei dintorni del quartiere Dinegro – vicino al centro storico genovese e alla zona del porto del capoluogo ligure, quando quattro italiani, lo hanno attaccato, insultandolo per il colore della pelle. Secondo le ricostruzioni l’uomo è stato prima circondato e offeso con frasi come «Torna a lavorare nei campi, negro di m…» poi è stato immobilizzato e preso a calci e pugni. Prima di fuggire i quattro hanno strappato dalle tasche dell’uomo i documenti e il portafoglio. Gli aggressori secondo i testimoni hanno un età compresa tra i 20 e 25 anni.
«Tornatene al tuo paese» hanno gridato mentre picchiavano e rapinavano un cittadino ivoriano nei pressi del centro di Genova. La vittima stava camminando nei dintorni del quartiere Dinegro – vicino al centro storico genovese e alla zona del porto del capoluogo ligure, quando quattro italiani, lo hanno attaccato, insultandolo per il colore della pelle. Secondo le ricostruzioni l’uomo è stato prima circondato e offeso con frasi come «Torna a lavorare nei campi, negro di m…» poi è stato immobilizzato e preso a calci e pugni. Prima di fuggire i quattro hanno strappato dalle tasche dell’uomo i documenti e il portafoglio. Gli aggressori secondo i testimoni hanno un età compresa tra i 20 e 25 anni.
Napoli,
2 Ottobre
È accaduto sull’autobus che da Benevento porta a Napoli. Un passeggero di origini asiatiche, presumibilmente pakistano, viene insultato e minacciato da un uomo italiano seduto accanto a lui: «Io sono italiano e tu mi fai schifo, ti taglio la testa, fammi vedere il biglietto, voi facce di m… ci avete rovinato, mi fai schifo a pelle, ti ammazzo di botte». Interviene solo Giovanna, che prima ricorda come tutti gli altri passeggeri fossero «muti, impauriti, con gli occhi incollati sui telefonini, il muso al finestrino». Lei invece interviene chiedendo all’italiano di smetterla: «Non sei neanche il controllore», gli dice. L’uomo minaccia anche lei: «Tu a Napoli non ci arrivi, se ti incontro sei morta». Poi si arrende.
È accaduto sull’autobus che da Benevento porta a Napoli. Un passeggero di origini asiatiche, presumibilmente pakistano, viene insultato e minacciato da un uomo italiano seduto accanto a lui: «Io sono italiano e tu mi fai schifo, ti taglio la testa, fammi vedere il biglietto, voi facce di m… ci avete rovinato, mi fai schifo a pelle, ti ammazzo di botte». Interviene solo Giovanna, che prima ricorda come tutti gli altri passeggeri fossero «muti, impauriti, con gli occhi incollati sui telefonini, il muso al finestrino». Lei invece interviene chiedendo all’italiano di smetterla: «Non sei neanche il controllore», gli dice. L’uomo minaccia anche lei: «Tu a Napoli non ci arrivi, se ti incontro sei morta». Poi si arrende.
Andrea
Vento - Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati
21
ottobre 2018
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