Ombre cinesi sul futuro di Stellantis?

 

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 Difendere l'occupazione e rilanciare l'automotive, è questa la estrema sintesi del comunicato diffuso della organizzazioni sindacali del settore appartenenti a Cgil Cisl Uil dopo il riuscito sciopero di Venerdì 18 Ottobre con una partecipata (visti gli organici ormai ridotti ) manifestazione a Roma.

 L'obiettivo di Fim, Fiom, Uilm, tradotto in un solo slogan è: “Cambiare marcia e accelerare verso un futuro più giusto”.

 Non giocheremo sulle parole ma è comunque indispensabile riflettere sulla miseria di questo slogan che ci riporta indietro nel tempo, alle stagioni nelle quali il movimento sindacale accettava passivamente i processi di ristrutturazione pensando di poterli governare o concertare. 

 Ci sembra inadeguato l'obiettivo di Fiom Fim Uilm quando chiedono un  tavolo istituzionale per discutere del futuro dell'auto e investimenti pubblici sull'elettrico, lo diciamo senza polemica di sorta invitando i lettori a consultare i documenti ufficiali scaricabili dai siti di queste organizzazioni

 Giorni fa scrivevamo che tra gli obiettivi di Stellantis c'era anche l'offerta di alcuni suoi stabilimenti per assemblare le auto cinesi e non ci riferivamo solo ai mezzi elettrici. E quando si offrono tecnologie e impianti a terzi la deduzione immediata è che i tuoi prodotti non abbiano sbocco sul mercato.

 Stellantis e  la cinese Leapmotors hanno un accordo ,   una Joint Venture con il 51% delle quote azionarie nelle mani italo francesi.

 Al salone dell'auto di Parigi, Tavares ha scoperto le carte, la sua idea è costruire, in funzione anche anti tedesca, una ampia rete di concessionari destinati alla vendita dei prodotti cinesi e, visto il grande calo delle vendite dei propri prodotti,  Stellantis  sta ripiegando su una nuova strategia: assemblare e completare i prodotti cinesi nei propri stabilimenti in Europa (ad oggi avviene solo in Polonia).

 La crisi del settore automotive non nasce da ora ma da quando la Fiat ha iniziato a delocalizzare produzioni, a ridurre al minimo i ritmi produttivi negli stabilimenti italiani, la strategia Marchionne si è rivelata fallimentare per la produzione industriale ma assai vantaggiosa per i dividendi degli azionisti.

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