Raccontando Luca Attanasio
Voci dal Congo
Chiara Castellani
racconta Luca Attanasio
Luca era dalla nostra
parte: documentava, fotografava, denunciava. Come si può fermare tutta questa
mostruosità? Smettendo di vendere le armi, anzi smettendo di scambiare armi con
minerali preziosi.
di Laura
Tussi
Intervista con Chiara
Castellani di Laura Tussi
Introduzione
all'intervista
L'ambasciatore italiano
nella Repubblica democratica del Congo Luca Attanasio, il carabiniere di scorta
Vittorio Iacovacci e l’autista congolese Mustapha Milambo sono morti a seguito
di un attacco all’auto su cui viaggiavano nella provincia orientale del
Nord-Kivu, a quasi 2.500 chilometri dalla capitale Kinshasa.
La vettura faceva parte
del convoglio di una delegazione del World food programme - Programma
alimentare mondiale dell’Onu, che andava da Goma a Rutshuru per ispezionare un
programma della stessa Pam per la distribuzione di cibo nelle scuole.
Luca Attanasio, Vittorio
Iacovacci e Mustapha Milambo, rappresentano una lunga serie di omicidi
ignorati sia dai media internazionali sia dal governo centrale di Kinshasa,
distante in tutti i sensi dal martoriato Nord Kivu.
Il genere umano esce nuovamente sconfitto dalla violenza incontrollata,
dall'assenza di giustizia, dall'affermarsi dell'assenza di speranza. E di
speranza ne portavano tanta l'ambasciatore Luca Attanasio, il giovane
carabiniere Vittorio Iacovacci e l'autista del WFP Mustapha Milambo: tre
persone che hanno creduto in un futuro migliore, senza povertà, ingiustizie,
violenza. Abbiamo la responsabilità di custodire quei valori caduti nel
territorio di Nyiragongo per far sì che possano mettere radici, che diventino
alberi e che un giorno possano nutrire gli affamati di speranza.
Chiara Castellani come
hai conosciuto Luca Attanasio, ambasciatore italiano in Congo?
Sono in Congo da
trent’anni ma nessuno, nessun ambasciatore era venuto a Kenge. Luca Attanasio
era venuto a trovarci, aveva dormito dalle suore, aveva partecipato alla messa
delle 6 del mattino, aveva visitato l’ITM, l’ISTM e tutte le nostre strutture
aiutandoci anche nella riparazione del tetto del Saint Esprit. Ma la cosa più
importante che ha fatto per me risale all’anno scorso quando mia madre è stata
molto male. Luca si è fatto in quattro per aiutarmi a tornare in Italia con un
volo umanitario nonostante le difficoltà causate dalla pandemia. Era tanto
buono, ve lo assicuro. Conoscevo benissimo anche l’autista Mustapha Milambo
perché Luca, sapendo che non ho la macchina, mi faceva accompagnare da lui fino
all’aeroporto. Conoscevo il giovane carabiniere Vittorio Iacovacci, un amico
anche lui, sempre disponibile ad aiutarmi. Porterò con me il bene che hanno
fatto. Con immenso dolore esprimo la mia totale vicinanza alle famiglie.
Ho conosciuto Luca grazie
a una piccola urgenza. Dovevo partire per l'Italia per trascorrere il Natale
con i miei. Per entrare in aereoporto devi pagare 50 dollari. Mia sorella me li
aveva inviati con Western Union, ma avevo paura di andare da sola e ho chiesto
al carabiniere di accompagnarmi. Luca era nel corridoio ha ascoltato e mi ha
dato la sua macchina e il suo autista.
Poi mi ha offerto la
stessa macchina per accompagnarmi in aereoporto il giorno dopo. Io non ho una
macchina, solo la moto, ma a Kinshasa è un rischio enorme.
A Kenge, Luca è venuto
con la moglie.
Poi è venuto in Diocesi e
ha visitato tutti i nostri centri sanitari.
Come me, ha trascorso la
notte nel convento e al mattino alle 5 era in chiesa per le lodi e io sono
arrivata solo alle 6 per la messa. La moglie era islamica, ma pregavamo
assieme. Loro dicevano "è lo stesso Dio" che riflette una grande
apertura mentale al dialogo interreligioso, unica via per evitare una guerra
fra cristiani e Islam sempre in agguato dietro le intolleranze.
Che tipo di aiuto possono
dare gli ambasciatori alla grande causa della pace tra i popoli?
Luca era dalla nostra
parte: documentava, fotografava, denunciava. Mi chiedo se non é per questo che
lo hanno assassinato, come nel 1996 uccisero il cardinale Munzihirva.
Il sangue versato del
giusto, reclama giustizia per 6 milioni di morti. Il governo deve denunciare i
massacri all'Est e smascherarne i mandanti.
Investire sulla giustizia
distributiva è investire sulla pace. Salute per tutti, scuola per tutti: queste
le sfide per costruire la pace.
Non vogliamo che Luca sia
morto invano.
Luca potrebbero averlo
eliminato perché denunciava il traffico dei minerali e lo sfruttamento dei
minori. E' solo un'ipotesi. Ma il suo agire fuori dagli schemi burocratici del
corpo diplomatico gli aveva creato dei nemici.
Luca l'ho conosciuto
quando mi ha aiutato a spostarmi a Kinshasa, città dura e aggressiva, anche se
difficilmente violenta. Ma l'ho conosciuto nel profondo solo quando è venuto in
Diocesi nell'aprile 2019.
Nel traffico dei minerali
in cambio di armi ci sono complicità dell'Occidente.
Luca ha preso distanza da
queste complicità, forse anche per quello era amato dai missionari.
Lui è venuto a Kenge con
sua moglie, che non ho più visto. Ora lei è tornata in Italia. Io avevo il
whatsapp solo di suo marito. Pensa che, fino a sabato 19 febbraio, gli avevo
inviato foto delle mie avventure in moto e delle mie studentesse madri. Le stesse
che spedivo a te Laura.
Fare memoria mi ha
rasserenato, sento che era un tributo che gli dovevo. Adesso dobbiamo
continuare noi per lui.
Non vogliamo che Luca sia
morto invano. Per questo dobbiamo investire su una solidarietà che sia anche
giustizia distributiva. Il progetto del tetto della maternità Saint-Esprit di
Kenge è solo un esempio. Lo chiameremo il sogno di Luca (le reve de Luc).
Io nel Bandundu, lui a
Kinshasa, lo vedevo una volta l'anno, ultimo incontro il 7 giugno quando mi
aveva trovato il volo umanitario per curare Mamma malata.
Mi aveva detto, dietro la
mascherina, "vorrei abbracciarti, ma il Covid me lo impedisce. Porta un
abbraccio da parte mia alla tua Mamma".
Il governo farebbe bene a
investire maggiormente nell’ambasciata italiana in Congo e nella missione di
mantenimento della pace e della sicurezza.
Quali richieste possiamo
fare al governo italiano per la situazione in Congo?
Il Governo deve riaprire
la cooperazione allo sviluppo in Congo. Non c'è solidarietà senza giustizia.
Non basta limitarsi all'emergenza e agli aiuti umanitari che aumentano
dipendenza. Vogliamo progetti di sviluppo.
A che è servita MONUSCO,
la forza di pace, i caschi blu? Non hanno protetto Luca. In Congo serve
giustizia distributiva, scuola gratuita, salute per tutti.
Se aiutiamo lo sviluppo
avremo la pace. E soprattutto bisogna smettere di vendere armi ai cosidetti
ribelli, longa manus delle transnazionali, coltan in cambio di kalachnikov: che
affare!
Scuola non per tutti, ma
per i ricchi. Idem per la salute. Milioni di morti ogni anno all'Est in Congo.
Come si può fermare tutta questa mostruosità? Smettendo di vendere le armi,
anzi smettendo di scambiare armi con minerali preziosi.
Kalachnikov in cambio di
coltan: che affare per i Signori della guerra!
Luca non é morto invano.
La sua morte ha smascherato 6milioni di morti anonimi di una guerra di
esproprio finanziata dalle transazionali.
E' un dovere da parte
nostra fare memoria e soprattutto per le tre bambine di Luca così piccole.
Quando saranno abbastanza grandi per capire, voglio che sappiano che loro padre
era un "giusto" il cui sangue versato seminerà più giustizia in Congo.
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