Esigiamo un disarmo nucleare totale: un appello che a 80 anni da Hiroshima è più urgente che mai

 Esigiamo un disarmo nucleare totale: un appello che a 80 anni da Hiroshima è più urgente che mai 

di Laura Tussi



La ricorrenza della bomba atomica su Hiroshima, una immensa barbarie giustificata ipocritamente con le precedenti barbarie della II Guerra Mondiale, della Shoah e degli altri stermini nazifascisiti, con tutte le degenerazioni di queste ideologie mortifere che stanno risorgendo, riporta di attualità l’appello lanciato da Stéphane Hessel e Albert Jacquard con il pamphlet dal titolo “Esigete! Un disarmo nucleare totale” (Ediesse, tradotto da Luigi Mosca). Un monito che suona cruciale, nel contesto delle guerre in corso in Ucraina e a Gaza. La minaccia del conflitto atomico — per errore, per incidente o per escalation — non è mai stata così reale: sistemi militari instabili, arsenali in crescita, e una fragilità collettiva esasperata mettono in pericolo la sopravvivenza stessa dell’umanità.

All’interno del volumetto, Emanuele Patti (ARCI Milano) e Antonio Pizzinato (ex segretario della CGIL e poi in PRC e presidente onorario dell’ANPI) introducono il testo, che prende le mosse dal progetto “Per non dimenticare” di Nova Milanese e Bolzano, sostenuto da associazioni come Energia Felice, ARCI, ANPI, FIOM e la rete “Fermiamo chi scherza col fuoco atomico”. L’obiettivo: coinvolgere la società civile e rivendicare un cammino di nonviolenza popolare.

Disarmo atomico: il dovere del presente

Il pamphlet richiama direttamente l’appello di Einstein: «L’umanità deve distruggere gli armamenti prima che gli armamenti distruggano l’umanità». Il testo condensa due direttrici culturali: il disarmo nucleare come imperativo etico-politico e il rilancio di un antifascismo moderno, contro l’egemonia dei mercati e dello strapotere finanziario.

Il disarmo deve emergere dal basso, attraverso mobilitazioni, referendum, forma diretta di protesta e pressione civica: solo così si può costruire una cultura di responsabilità, antimilitarismo e obiezione alle spese militari.

Nonviolenza attiva come via strategica

Hessel — partigiano, deportato a Buchenwald, Padre Costituente delle Nazioni Unite — rappresenta un ponte tra la memoria e la prospettiva di un futuro pacifico. Con il suo invito alle generazioni, egli propone una nuova Resistenza, capace di contrastare non solo il fascismo storico ma anche quello sistemico esercitato dal capitalismo finanziario armato.

La nonviolenza, lontana da essere passiva, è una forza di unità sociale, cooperazione e organizzazione condivisa, un antidoto concreto alle logiche belliciste che dominano oggi.

Una prospettiva globale

In un mondo in cui conflitti devastanti (come quelli in Ucraina e Gaza) mostrano ogni giorno il limite dell’uso della forza, il pamphlet richiama la necessità di un Trattato ONU per la proibizione delle armi nucleari, già sostenuto da oltre 130 Stati e promosso da iniziative internazionali nate a Oslo (2013) e a Nayarit (2014).

Questo trattato offre una svolta concreta: spostare la sicurezza dal dominio della deterrenza alla cooperazione globale, fondare la pace sui diritti umani anziché sulla forza bellica.
In un’epoca segnata da crisi climatica, guerre regionali, tensioni globali, l’appello di Hessel e Jacquard è un richiamo alla responsabilità collettiva: esigere oggi il disarmo nucleare totale è un atto che può salvare il futuro dell’umanità.

Come scriveva Hessel: «Non bisogna mai lasciarsi andare all’indifferenza. Esigete! Un mondo giusto. Un disarmo nucleare totale». Oggi, nel 2025, con conflitti che minacciano una escalation atomica, tale appello è più che mai attuale. Sta a noi ascoltarlo e trasformarlo in azione concreta.

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