Le donne, custodi della pace contro la mercificazione della vita

 

Le donne, custodi della pace contro la mercificazione della vita 

di Laura Tussi

disegno di Angela Belluschi


La mercificazione della vita che domina l’etica capitalistica frantuma gli equilibri del buon governo e del saper vivere. Gli uomini si fanno la guerra, deturpano i territori, fanno crollare le cattedrali e con la degenerazione nelle strutture sociali, si creano strumenti che annullano la partecipazione degli individui a favore di un individualismo di massa solo dedito al consumismo sfrenato che porta inevitabilmente al declino di un’etica che ha coltivato nel tempo nel cuore degli uomini; radici profonde di benessere e serenità accantonate per dar spazio all’etica del soldo. Questa denuncia non è soltanto una constatazione etica, ma il punto di partenza per interrogarsi su chi, oggi, abbia la forza di opporsi a un sistema che riduce le relazioni umane a merci e calpesta il valore della dignità. In questo scenario le donne emergono come custodi e promotrici di una pace autentica, capace di ricostruire legami laddove il potere, la guerra e il profitto hanno seminato divisioni.

Se la vita è essenzialmente merce, se tutto è qualificabile al dio soldo, se dobbiamo rassegnarci all’etica del successo e del superfluo, allora bisogna combattere questa “etica” perché colpisce valori e bisogni non misurabili in denaro. E’ necessario allora impegnare le forze sulla rieducazione delle coscienze e con le risorse umane, creative, che non mancano, ritrovare l’armonia tra noi stessi ed il cosmo. La parola guida della nostra azione deve essere “Eticità”, intesa non come generica onestà, ma come onestà impegnata.

La storia ci consegna esempi numerosi: dalle madri di Plaza de Mayo in Argentina, che con il silenzio e la tenacia hanno denunciato la violenza delle dittature, alle donne africane che hanno mediato nei conflitti civili, fino alle palestinesi e alle israeliane che, sfidando muri e pregiudizi, hanno saputo riconoscere nell’altra l’unica possibile compagna di cammino. La pace, nelle mani delle donne, assume un volto concreto: non è un concetto astratto ma il pane che manca a un figlio, la scuola che continua a funzionare nonostante le bombe, la cura che si fa resistenza quotidiana.

Le donne conoscono il prezzo della vita e la fragilità delle comunità. Per questo la loro voce si alza contro la mercificazione del corpo, del lavoro e dei sogni, diventando baluardo contro una logica di sfruttamento che considera le persone sacrificabili in nome del profitto. Custodire la pace significa allora custodire la vita, rigenerare l’umanità e restituire senso al “saper vivere” che l’etica capitalistica ha reso sterile.

Se il buon governo richiede giustizia, equilibrio e solidarietà, le donne dimostrano che tali principi non possono essere negoziati. La pace non è un lusso ma una necessità vitale, e solo attraverso la valorizzazione dell’esperienza femminile – fatta di ascolto, accoglienza e resistenza – si può immaginare un mondo meno dominato dalla violenza e più attento al futuro.Tutta la nostra esperienza è imperniata di conoscenze e sensazioni recepite lungo l’arco dell’esistenza, dalle genti e dalle cose con cui abbiamo convissuto, nell’ambiente usuale che ci ha circondato. La crescita individuale ha acquisito, passo dopo passo, in un percorso alquanto travagliato, un bagaglio culturale costruito con i frammenti del sapere che ci hanno trasmesso moltitudini di persone incontrate lungo il cammino della nostra vita, comunicando tramite la parola, i gesti espressivi, il senso pratico e tutti quei codici etici di comportamento utili per perseguire una buona convivenza sociale e familiare negli agglomerati urbani e nelle città.
Sin dai primi approcci, con il senso comune del bene e con gli elementi Dio, Madre, Terra, Patria, Paese ed i loro rispettivi significati, ci si orienta verso una crescita individuale e soggettiva, durante la quale si forma il senso dell’appartenenza, ma attualmente intesa in senso negativo imposto dalla politica di governo. Consapevoli dell’essere e coscienti di far parte di un popolo e di una specifica comunità, nel rispetto della vita individuale nell’ambiente che ci circonda. Il tempo scorre così in armonia con il cosmo e gli individui diventano collaboratori ideali nel mistero dell’universo.

E’ vero che esiste anche un clima di sradicamento generalizzato, ma è altrettanto vero che gli uomini del nostro tempo sentono anche vivo il bisogno di una rinascita. A questo bisogno di rinascita le donne possono dare un contributo di rinnovamento se sapranno fare buon uso, come fu per il passato, del loro “genio femminile”. Ma per far questo bisogna ritrovare e recuperare la memoria delle opere e degli atti che sono stati compiuti dalle donne in tutti i campi sociali lungo l’arco della storia: impegno protratto nella ricerca del bene comune per tutti, uomini e donne.

Le donne sono passate dagli atti compiuti nel silenzio a quelli durante i quali hanno fatto sentire la propria voce. Sul piano educativo il vecchio modello della donna subalterna all’uomo è superato, anche se rimane ancora da raggiungere l’obiettivo della reciprocità. Non solo per quanto riguarda la diversità sessuale, soggettiva e personale, ma piuttosto per la diversità che si presenta più complessa, rappresentata dalle differenze culturali, razziali e religiose presenti nella nostra società avviata a diventare sempre più multietnica. E’ da sottolineare il fatto che manca ancora una consapevolezza chiara sulle differenze ed in modo particolare sulla differenza sessuale.

E’ indubbio che non esiste solo una diversità fisica tra il maschile ed il femminile, ma esiste anche una differenza d’identità soggettiva anche nel modo di giudicare le situazioni dell’esistenza. Bisogna trovare un metro di acquisizioni e farlo accettare; un modo di essere al femminile che possa originare modi diversi di porsi davanti alle molteplici situazioni da parte delle donne. C’è ancora uno scavo culturale da fare, una verifica sui comportamenti ricorrenti, perché le giovani generazioni rischiano di non avere dei piani di formazione che tengano conto di questi cambiamenti. Urge la necessità di creare strumenti ed ambiti di confronto anche sulle esperienze che viviamo, su argomenti concernenti le pari dignità nella differenza. Riconoscimento della “differenza” come valore e non come causa di emarginazione; riconoscimento delle caratteristiche di ognuno come ricchezza da far emergere e condividere; riconoscimento della “parità” non come adeguamento agli stereotipi maschili; riconoscimento della dignità di ciascun essere umano, quindi anche della dignità delle donne, rifiutando il concetto di “massa senza dignità”; riconoscimento del diritto alla dignità in virtù dell’impronta in ogni creatura.

Commenti

Post più popolari