Le donne, custodi della pace contro la mercificazione della vita
Le donne, custodi della pace contro la mercificazione della vita
di Laura Tussi
Se la vita è essenzialmente merce, se tutto è qualificabile al dio soldo, se dobbiamo rassegnarci all’etica del successo e del superfluo, allora bisogna combattere questa “etica” perché colpisce valori e bisogni non misurabili in denaro. E’ necessario allora impegnare le forze sulla rieducazione delle coscienze e con le risorse umane, creative, che non mancano, ritrovare l’armonia tra noi stessi ed il cosmo. La parola guida della nostra azione deve essere “Eticità”, intesa non come generica onestà, ma come onestà impegnata.
La storia ci consegna esempi numerosi: dalle madri di Plaza de Mayo in Argentina, che con il silenzio e la tenacia hanno denunciato la violenza delle dittature, alle donne africane che hanno mediato nei conflitti civili, fino alle palestinesi e alle israeliane che, sfidando muri e pregiudizi, hanno saputo riconoscere nell’altra l’unica possibile compagna di cammino. La pace, nelle mani delle donne, assume un volto concreto: non è un concetto astratto ma il pane che manca a un figlio, la scuola che continua a funzionare nonostante le bombe, la cura che si fa resistenza quotidiana.
Le donne conoscono il prezzo della vita e la fragilità delle comunità. Per questo la loro voce si alza contro la mercificazione del corpo, del lavoro e dei sogni, diventando baluardo contro una logica di sfruttamento che considera le persone sacrificabili in nome del profitto. Custodire la pace significa allora custodire la vita, rigenerare l’umanità e restituire senso al “saper vivere” che l’etica capitalistica ha reso sterile.
E’ vero che esiste anche un clima di sradicamento generalizzato, ma è altrettanto vero che gli uomini del nostro tempo sentono anche vivo il bisogno di una rinascita. A questo bisogno di rinascita le donne possono dare un contributo di rinnovamento se sapranno fare buon uso, come fu per il passato, del loro “genio femminile”. Ma per far questo bisogna ritrovare e recuperare la memoria delle opere e degli atti che sono stati compiuti dalle donne in tutti i campi sociali lungo l’arco della storia: impegno protratto nella ricerca del bene comune per tutti, uomini e donne.
Le donne sono passate dagli atti compiuti nel silenzio a quelli durante i quali hanno fatto sentire la propria voce. Sul piano educativo il vecchio modello della donna subalterna all’uomo è superato, anche se rimane ancora da raggiungere l’obiettivo della reciprocità. Non solo per quanto riguarda la diversità sessuale, soggettiva e personale, ma piuttosto per la diversità che si presenta più complessa, rappresentata dalle differenze culturali, razziali e religiose presenti nella nostra società avviata a diventare sempre più multietnica. E’ da sottolineare il fatto che manca ancora una consapevolezza chiara sulle differenze ed in modo particolare sulla differenza sessuale.
E’ indubbio che non esiste solo una diversità fisica tra il maschile ed il femminile, ma esiste anche una differenza d’identità soggettiva anche nel modo di giudicare le situazioni dell’esistenza. Bisogna trovare un metro di acquisizioni e farlo accettare; un modo di essere al femminile che possa originare modi diversi di porsi davanti alle molteplici situazioni da parte delle donne. C’è ancora uno scavo culturale da fare, una verifica sui comportamenti ricorrenti, perché le giovani generazioni rischiano di non avere dei piani di formazione che tengano conto di questi cambiamenti. Urge la necessità di creare strumenti ed ambiti di confronto anche sulle esperienze che viviamo, su argomenti concernenti le pari dignità nella differenza. Riconoscimento della “differenza” come valore e non come causa di emarginazione; riconoscimento delle caratteristiche di ognuno come ricchezza da far emergere e condividere; riconoscimento della “parità” non come adeguamento agli stereotipi maschili; riconoscimento della dignità di ciascun essere umano, quindi anche della dignità delle donne, rifiutando il concetto di “massa senza dignità”; riconoscimento del diritto alla dignità in virtù dell’impronta in ogni creatura.
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