La questione abitativa è una emergenza sociale e non un problema etico o morale
I giornali scrivono ogni giorno sui fatti di Milano e ne parleranno ancor di più se il Giudice dovesse decidere alcuni arresti eccellenti, tuttavia tra i corsi e ricorsi della Giustizia e le polemiche a mezzo stampa alcune questioni vengono eluse a partire dalla natura sociale ed economica del problema.
E' sufficiente soffermare l'attenzione sulle procedure e sulle autorizzazioni amministrative in relazione agli interventi realizzati o approfittare della occasione per aprire una discussione pubblica sul patrimonio di edilizia popolare tra alienazioni, poche e inadeguate manutenzioni o l' assenza di un piano casa nazionale da oltre 60 anni in un paese nel quale la richiesta di alloggi popolari è molto forte?
Nella società del libero mercato il legislatore spesso e volentieri si è nascosto dietro alla sacralità della concorrenza e degli interessi privati e di impresa ma ben poco è stato fatto per salvaguardare la natura sociale dell'edilizia o dare delle precise indicazioni sulla realizzazione dei piani urbanistici.
Da parte nostra siamo certi che i permessi a costruire dovrebbero ridurre in partenza il consumo di suolo, se la riqualificazione di aree abbandonate fosse stata incentivata prevedendo diversi interventi come abitazioni sociali destinate all'affitto, se avessimo rivisto le regole che disciplinano le varie tipologie edilizie, se i processi speculativi non fossero stati presentati come occasione imperdibile per la crescita dell'economia locale e nazionale, forse oggi il caso milanese non sarebbe agli onori della cronaca.
Molte case popolari nel corso del tempo sono state vendute per far cassa, qualcuno aveva ipotizzato la convenienza delle alienazioni a fronte delle future spese manutentive.
Ma se un appartamento destinato all'affitto e alla emergenza abitativa viene invece dirottato sul mercato alla lunga il patrimonio edilizio pubblico e a fini sociali uscirà impoverito
Cosa insegna allora la vicenda milanese?
Innanzitutto che le questioni abitative si intrecciano con quelle sociali, economiche e l'intervento pubblico diventa dirimente se il pubblico è disposto a gestire direttamente tutti i processi, ricordiamo che la pianificazione urbanistica comunale è ormai argomento solo per tecnici e lobby, a prevalere sono i processi di valorizzazione di alcune aree al posto di altre, la salvaguardia della rendita. E gli interventi pubblici, a seconda di dove sono indirizzati, determinano la fortuna o la decadenza di investimenti e quartieri.
Ci insegna che una amministrazione dovrebbe ad esempio prevedere l'aumento annuale del 20 per cento delle tasse da pagare per un immobile sfitto, il legislatore e l'ente locale dovrebbero agire insieme per la requisizione di appartamenti sfitti da 30 anni e per destinarli all'emergenza abitativa. Manca il coraggio e la volontà politica e quindi i bisogni sociali cadono nel dimenticatoio
Altro insegnamento è che la vendita degli immobili popolari impoverisce il patrimonio pubblico e penalizza i bisognosi di casa
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