Indietro nel tempo: un premio nobel alla lotta contro le armi nucleari

 

Il valore di un Nobel: il premio a ICAN nel 2017 e il cammino verso un mondo senza armi nucleari 

di Laura Tussi


Il 10 dicembre 2017, la comunità internazionale ha assistito a un evento storico: il conferimento a Oslo del Premio Nobel per la Pace all’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN). Questo riconoscimento non è stato un semplice gesto onorifico, ma un potente segnale lanciato dalla Norvegia al mondo intero, che ha premiato l’impegno decennale di un’organizzazione nata per ottenere l’abolizione giuridica delle armi nucleari. Il premio è arrivato pochi mesi dopo un’altra pietra miliare: l’adozione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) il 7 luglio 2017, un accordo approvato da 122 Stati membri dell’ONU, che ha reso il sogno del disarmo nucleare una possibilità concreta.

Per i sostenitori di ICAN, il vero valore del Nobel non risiedeva nelle luci della ribalta di Oslo, ma nella partecipazione attiva e nel lavoro di base che ha reso possibile questo risultato. La cerimonia del 10 dicembre, con la direttrice esecutiva Beatrice Fihn a ritirare il premio, è stata solo la punta dell’iceberg. L’evento di Oslo è stato accompagnato da un intenso programma di incontri e seminari per gli attivisti di ICAN, dimostrando come il movimento non si limitasse a celebrare, ma continuasse a lavorare sul fronte del diritto internazionale e della mobilitazione. Il premio ha riacceso il dibattito su questioni fondamentali, come la possibilità di un disarmo nucleare senza stravolgere gli equilibri geopolitici e il ruolo di alleanze militari come la NATO. Il percorso, però, rimane complesso e richiede un impegno costante che va oltre i riconoscimenti ufficiali. Come ci ha insegnato la storia, con l’esempio del Patto Briand-Kellogg del 1928 che abolì la guerra sulla carta senza impedirne lo scoppio, le medaglie non bastano.

La battaglia per il disarmo nucleare non può essere combattuta isolatamente. Si intreccia, infatti, con altre due minacce esistenziali che mettono a rischio il futuro dell’umanità. Come sostenuto da diversi attivisti e pensatori, tra cui Alex Zanotelli, le tre “bombe globali” sono: la guerra nucleare, il pericolo imminente e più letale che il mondo continua a fronteggiare; la crisi climatica, una minaccia a lungo termine che richiede l’abbandono dei combustibili fossili e la transizione verso energie rinnovabili, come stabilito dagli accordi di Parigi del 2015; e la disuguaglianza economica, la profonda ingiustizia sociale, in cui l’1% della popolazione detiene risorse pari al restante 99%, che alimenta conflitti e instabilità.

Il Nobel a ICAN non è stato solo un riconoscimento per il passato, ma un potente sprone per il futuro. Ha legittimato la lotta per il disarmo nucleare e ha rafforzato l’idea che la soluzione a queste sfide globali richiede una mobilitazione collettiva e una visione integrata. La speranza e la partecipazione di cui si parlava nel 2017 sono diventate realtà. Il messaggio lanciato allora, con iniziative come la conferenza stampa al Senato di Roma, risuona oggi più forte che mai: non è l’appartenenza formale a un’organizzazione, ma l’azione concreta e l’impegno quotidiano che rendono ogni persona un potenziale artefice di pace. Il premio a ICAN è un inno a questo spirito. Ha dimostrato che le idee possono camminare sulle gambe di persone comuni e che un mondo più giusto, libero da guerre e disuguaglianze, non è un’utopia, ma un obiettivo raggiungibile attraverso la determinazione e la collaborazione di tutti

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