Tra rallentamento economico, crisi industriale e perdita di potere d’acquisto dei salari dove, ci stanno portando l’Ue e la Nato?
Conflitti, sanzioni e riarmo (parte II)
Tra rallentamento economico, crisi
industriale e perdita di potere d’acquisto dei salari dove, ci stanno portando
l’Ue e la Nato?
Atti dell’omonimo
dibattito della Festa Rossa 2025
Lo scacchiere europeo epicentro delle tensioni globali: il ruolo della
Nato
Nel contesto del
quadro delineato nella prima parte della presente relazione, l’escalation delle
tensioni fra le principali potenze trova origine in seno all’Europa,
sostanzialmente a seguito della trasformazione della Nato da organizzazione
politico-militare difensiva in strumento di ampliamento della sfera d’influenza
statunitense, avvenuta dopo la fine della Guerra Fredda (1989). Tale passaggio
è stato sancito, secondo il generale Mario Arpino ex Capo di Stato Maggiore
delle Forze Armate italiane, dalla “Dichiarazione di Londra” sulla
trasformazione dell’Organizzazione, la quale sottolineava l’esigenza di
cooperazione politica, economica e militare con i paesi dell’Europa
centro-orientale[1].
Tuttavia, gli atti
formali più significativi che stabilirono le linee di sviluppo del nuovo corso
della Nato presero corpo con l’approvazione della “Dichiarazione di Roma” e del
“Nuovo Concetto Strategico” durante il summit di Roma del novembre 1991, a
pochi mesi dallo scioglimento del Patto di Varsavia (1° luglio 1991) e uno
prima di quello dell’Unione Sovietica (25 dicembre 1991).
A questi iniziali,
fondamentali eventi, che segnarono il passaggio dall’ordine internazionale
strutturato su base bipolare a quello unilaterale a egemonia Usa/Nato, ne
seguirono, in ambito Nato, altri negli anni successivi che sfociarono nel primo
ampliamento ad est nel 1999 con l’ingresso di Polonia, Repubblica ed Ungheria
(carta 1).
Fino a quel momento,
anche alla luce del ridimensionamento economico e geopolitico della Federazione
durante la presidenza Eltsin, si era venuto a creare, peraltro su base
asimmetrica, un certo clima di collaborazione fra le parti che portò
all’istituzione del Consiglio permanente Nato–Russia a Parigi nel 1997.
Processo successivamente consolidato a Pratica di Mare nell’estate 2002 con la
firma, da parte di George W. Bush e Vladimir Putin, del documento “Nato-Russia
Relations: A New Quality” che sancì la normalizzazione “formale” delle
relazioni bilaterali, anche dal punto di vista strategico-militare, dopo un
decennale percorso di avvicinamento. Tuttavia, di lì a poco gli sviluppi
successivi, lasceranno intendere che probabilmente si era stati al cospetto di
una effimera stagione.
Infatti, alla fine
dello stesso anno, il 2002, al Vertice Nato di Praga venne data nuova enfasi
alla politica delle “Porte Aperte”, già contemplata nell’art 10 dello Statuto
della Nato, con l’invito a divenire paese membro offerto a Bulgaria, Estonia,
Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. I 4 paesi ex Patto di
Varsavia ed i 3 ex Urss, entrarono ufficialmente nell’Alleanza Atlantica nel
2004, portando a 10 gli stati dell’ex blocco Orientale in seno alla Nato. Ciò
al netto della Germania Est che vi fu inglobata a seguito della cosiddetta
Riunificazione tedesca del 1990, in realtà un’annessione della DDR da parte
della Repubblica Federale[2]
(carta 1).
Carta 1: le tappe dell’ampliamento
della Nato
Questo secondo, imponente ampliamento
iniziò a destare serie preoccupazioni a Mosca ove, già dal 2000, Vladimir Putin
era asceso alla presidenza con un progetto politico teso a ristabilire adeguato
ruolo internazionale alla Federazione Russa, dopo circa un decennio di profonda
crisi.[3]
Le preoccupazione
russe vennero ufficialmente esternate nel 2007 alla 43esima Conferenza sulla
Sicurezza di Monaco di Baviera dal presidente Putin, quando denunciò l’egemonia
monopolistica degli Stati Uniti nelle contesto globale e il suo “uso eccessivo
e quasi incontrollato della forza nelle relazioni internazionali”. Evidenziando
come a seguito di tale dominio “nessuno si sente sicuro! Perché nessuno può
sentire che il diritto internazionale è come un muro di pietra che lo
proteggerà. Naturalmente una tale politica stimola una corsa agli armamenti”.
Il presidente della Federazione Russa citò, a sostegno, il discorso del 1990 di
Manfred Womer, Segretario Generale della Nato dell’epoca, nel quale promise che
la Nato non si sarebbe espansa verso est: “il fatto che siamo pronti a non
posizionare un esercito della Nato al di fuori del territorio tedesco
(unificato. ndr) dà all’Unione Sovietica una solida garanzia di sicurezza”. Per
poi chiedere retoricamente ai leaders occidentali:
“dove sono ora queste garanzie?”[4].
Nonostante le apprensioni e gli avvertimenti del Cremlino, al Vertice Nato del 2008 a Bucarest, il disaccordo fra i leaders europei e il presidente statunitense George Bush Jr, portò al compromesso della promessa di quest’ultimo ad un impegno dell’Organizzazione per una futura adesione di Ucraina e Georgia[5]. Una dichiarazione che assunse un’influenza significativa nel determinare la presa di coscienza del Cremlino che la Nato stava implementando una politica ostile per la sicurezza strategica della Federazione, vista la posizione geografica a ridosso della Russia, e che occorreva preparare le adeguate contromisure.
La delicata vicenda,
ormai significativo passaggio storico nell’escalation della crisi Ucraina, è
stata così descritta dall’allora cancelliera tedesca Angela Merkel nel suo
recente libro autobiografico, in relazione soprattutto alla percezione russa:
“il fatto che Georgia e Ucraina non abbiano ricevuto lo status di candidati per
l’ingresso nella Nato fu un ‘no alle loro speranze. Il fatto che la Nato abbia
offerto loro la prospettiva di un impegno generale per l’adesione è stato, per
Putin, un sì all’adesione alla Nato per entrambi i Paesi, una dichiarazione di
guerra”[6].
In sostanza il clima di distensione e di collaborazione di Pratica di Mare era
stato archiviato e si stava aprendo una nuova fase.
La Nato, incurante
delle preoccupazioni di Mosca, ha continuato ad implementare la sua politica
espansiva tant’è che l’anno successivo, il 2009, fecero il loro ingresso
nell’Alleanza Croazia e Albania, e successivamente nel 2017 il Montenegro e nel
2020 la Macedonia del Nord, portando i membri effettivi a 30, dai 16 del 1990
(carta 1). Ulteriore ampliamento che rafforzò i timori di Mosca rispetto ai
rischi per la propria sicurezza strategica.
Ciò anche a seguito
degli sviluppi delle vicende ucraine, con la destituzione nel febbraio 2014 del
legittimo presidente, il “neutralista“ Victor Janukovich, con il pucth filooccidentale di piazza Maidan,
l’avvicinamento di Kiev alla Nato dei successori Oleksander Turcynov e Petro
Poroshenko con ingresso di istruttori militari e armamenti nel paese dal 2014[7],
la revoca dell’autonomia linguistica nel Donbass, l’annessione russa della
Crimea confermata da un referendum, la dichiarazione di indipendenza delle
Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk e l’attacco delle Forze armate
ucraine contro queste ultime. Guerra che negli 8 anni successivi provocherà
13.000 morti, in prevalenza civili del Donbass.
L’escalation della crisi ucraina
La decisione, presa al
Vertice Nato di Bruxelles del giugno 2021, di rendere operativa la promessa
fatta a Bucarest nel 2008 di effettivo ingresso di Kiev nell’Alleanza, tramite
l’attivazione del Piano d’azione per l’adesione (Map)[8],
spinse la Russia a chiedere un vertice internazionale per la definizione degli
assetti geopolitici nell’Europa dell’est che tenesse di conto delle esigenze di
sicurezza di tutti gli attori regionali. Il rifiuto statunitense e Nato del
dicembre 2021, anche di sottoscrizione di Accordo di pace Usa-Russia in 9 punti[9],
portò il Cremlino alla convinzione che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, col
suo corollario di basi militari con strutture missilistiche, andasse
scongiurato per salvaguardare la sovranità e la sicurezza della Federazione.
La Russia schierò
quindi una parte delle sue Forze Armate ai confini dell’Ucraina per esercitare
pressioni per l’apertura in extremis di una trattativa, fino a che il 23
febbraio i paesi occidentali comminarono la prima tranche di sanzioni
economiche contro Mosca.
Il giorno successivo, il 24, il Cremlino dette avvio
all’Operazione Militare Speciale in Ucraina con lo scopo di ottenere la
neutralità militare di Kiev, vale a dire il non ingresso nella Nato, lasciando
tuttavia facoltà di adesione all’Ue. Nei giorni e nei mesi seguenti gli stati
occidentali hanno comminato nuovi pacchetti sanzionatori contro Mosca,
arrivando quelli europei addirittura al 18° a luglio 2025, nel tentativo di
strangolarne l’economia e indurla al ritiro dall’Ucraina. Ma anche in questo
caso, come vedremo, gli sviluppi riserveranno risvolti inattesi per i leaders occidentali[10].
In definitiva, gli
eventi di fine febbraio-inizio marzo del 2022 costituiscono uno spartiacque
storico che ha determinato una profonda frattura geopolitica e geoeconomica
nell’Europa Orientale e l’apertura di una nuova fase caratterizzata da
crescenti tensioni internazionali, conflitti di varia natura, e, all’interno
dell’Ue, significative ripercussioni economiche con crisi industriali ripresa
dell’inflazione, rialzo dei tassi di interesse, perdita di potere d’acquisto
dei salari, crisi sociale ed ulteriore, significativa spinta alle politiche di
riarmo e alle spese militari.
Indubbiamente un
disastro evitabile, in presenza di una classe politica nazionale comunitaria
all’altezza dei propri ruoli e meno asservite agli interessi di Washington.
Andrea Vento
13 agosto 2025
Gruppo Insegnanti di
Geografia Autorganizzati
[1] https://www.limesonline.com/limesplus/nato-una-strada-in-salita-14654768/
[2] “L’Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa” di Wladimiro Giacchè. Imprimatur.
[3] “Russia: alla ricerca della potenza perduta, Dall’avvento di Putin alle prospettive future di un paese orfano dell’Urss” di Alessandro Fanetti. Eiffel editore 2021.
[4] https://www.fivedabliu.it/wp-content/uploads/2022/04/Discorso-di-Putin-alla-Conferenza-di-Monaco-di-Baviera-sulla-Politica-di-Sicurezza.pdf
[5] https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/11/21/lucraina-nella-nato-era-un-errore-angela-merkel-difende-la-scelta-del-2008-nelle-sue-memorie-per-putin-e-stata-una-dichiarazione-di-guerra/7776002/
[6] “Libertà” di Angela Merkel. Rizzoli novembre 2024
[7] Come dichiarato dallo stesso Segretario Generale della Nato Stoltemberg
https://www.kulturjam.it/news/stoltenberg-guerra-non-iniziata-a-febbraio-nato-supporta-kiev-dal-2014/
[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Relazioni_Ucraina-NATO
[9] https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2021/12/17/russia-offre-a-usa-e-nato-corposo-trattato-di-pace_1dcaf01b-af51-4d4a-b00b-79bd0a6aa679.html
[10] https://codice-rosso.net/crisi-ucraina-un-primo-bilancio-delle-sanzioni-contro-la-russia/
https://codice-rosso.net/crisi-ucraina-solo-la-mobilitazione-popolare-puo-fermare-la-guerra/
https://www.marx21.it/internazionale/leconomia-di-guerra-oggi/
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