La coscienza dell’Europa. Perché non si ribella alla subordinazione agli USA e al riarmo?
La coscienza dell’Europa. Perché non si ribella alla subordinazione agli USA e al riarmo?
Una subordinazione che soffoca l’autonomia
Per decenni, l’Europa ha cercato di affermare la propria autonomia strategica, economica e diplomatica. Eppure, di fronte alle recenti crisi globali, questa aspirazione sembra essersi dissolta. Le decisioni in materia di politica estera, le sanzioni economiche e gli schieramenti militari appaiono sempre più in sintonia con gli interessi statunitensi, spesso a scapito di un’analisi indipendente e di una ricerca di soluzioni diplomatiche che potrebbero servire meglio gli interessi del continente.
Questa subordinazione non è solo una questione di geostrategia, ma una profonda crisi di identità. L’Europa ha rinunciato a essere un attore pacificatore e un ponte tra le diverse potenze mondiali, preferendo il ruolo di alleato subalterno. Questo asservimento non fa che indebolire la sua posizione, rendendola più vulnerabile agli effetti collaterali di conflitti non suoi e alienandola dalla sua vocazione originaria.
La pericolosa illusione del riarmo
Il secondo grande tradimento della coscienza europea è la frenetica corsa al riarmo. I bilanci della difesa in tutto il continente stanno lievitando, deviando risorse preziose che potrebbero essere investite in sanità, istruzione, protezione sociale e lotta contro la crisi climatica. La retorica del “bisogno di difendersi” sta giustificando un’espansione militare che alimenta l’industria bellica e spinge il mondo verso una nuova e pericolosa era di militarizzazione.
Il riarmo, lungi dall’essere una garanzia di sicurezza, non fa che accrescere le tensioni e perpetuare un ciclo di paura e sospetto. Un’Europa armata non è un’Europa più sicura, ma un continente che si allontana sempre di più dal suo ruolo storico di promotore del dialogo e del multilateralismo. Si sta abbracciando una visione del mondo basata sulla forza, dimenticando che la pace non si costruisce con le armi, ma con la fiducia reciproca e la cooperazione.
Un richiamo alla coscienza perduta
La coscienza europea, se non è del tutto scomparsa, è certamente silenziata. I movimenti pacifisti e le voci che chiedono un’Europa veramente indipendente e nonviolenta sono spesso emarginati nel dibattito pubblico. Eppure, la storia ci insegna che la vera forza di un’Europa unita risiede nella sua capacità di essere un faro di pace, un modello di convivenza civile e un punto di riferimento per la diplomazia globale.
È tempo che l’Europa si interroghi profondamente sul proprio percorso. È tempo di ribellarsi alla subordinazione e di disarmare gli animi, prima ancora degli eserciti. L’alternativa è un futuro in cui l’Europa non sarà altro che un’appendice militarizzata di una superpotenza, tradendo per sempre la sua missione storica e la memoria di milioni di persone che sono morte affinché potesse nascere un continente di pace.
La storia maestra di vita ripudiata
La storia costituisce la forma di coscienza attraverso la quale l’Europa interpreta se stessa. Questo non vale per tutte le culture. Per esempio le culture asiatiche e la sapienza cinese pensano il proprio passato non attraverso le categorie mentali europee, ma tramite un altro tipo di saggezza.
L’Europa si riconosce attraverso la propria storia e la storiografia, il modo in cui noi europei abbiamo preso coscienza di noi stessi, che conduce ad una prima interessante conclusione: cosa significa che l’Europa prende coscienza di sé tramite la storia? Vale a dire che l’Europa non si dà un destino precostituito, non è un continente terraneo come l’Asia, dove la determinatezza delle coordinate fisiche lascia individuare piuttosto un destino precostituito rispetto ad un divenire in fieri.
Qual è il punto di equilibrio fra questa passione da cui nasce l’evoluzione degli eventi e la sua scientificità? La filosofia: continua capacità di rimettere in discussione, in interazione il presente ed il passato in un punto di principio, quando si vede che l’Europa nella Storia proietta il continuo riflesso del proprio divenire e della propria presa di coscienza: un divenire di coscienze, di memorie, di eventi che scorrono nel fluire incessante dei tempi, dall’idea del divenire, che interessa la Realtà costituente e costituita dell’Europa, scaturisce il grande principio di libertà, valore in cui si identifica sommamente il nostro continente.
Il principio di libertà ha unificato la coscienza che gli Europei hanno di se stessi
La coscienza europea si formava, già in tempi antichissimi, da Erodoto, Aristotele e nell’epoca moderna da Machiavelli, Voltaire, Hegel, Croce, intorno al contrasto con la non libertà, perché alle origini l’Europa è contro l’Asia, la libertà contro il dispotismo, la cittadinanza contro la servitù. Hegel sosteneva che la caratteristica peculiare dell’Europa rispetto all’Asia terranea, caratterizzata dalla dimensione della terra, si connotava peculiarmente per la presenza prevalente dell’elemento acqua, il mare, origine, matrice, madre del tutto, che richiama, anche mitologicamente, l’idea di rischio, di viaggio: il divenire, la libertà, la storicità. Intorno a questi concetti si stringeva la consapevolezza che l’Europa prende di se stessa in un’identità peculiare.
Europa è fondamentalmente un’idea, uno stato d’animo, una sensibilità
L’Europa è fondamentalmente un’idea, uno stato d’animo, una sensibilità, un modo di essere, non un fatto geograficamente ed assolutamente determinato.
Queste riflessioni mettono in moto categorie di storia, filosofia, politica e filosofia della storia, ma si concentrano su un punto aspro: il concetto di libertà che apre un abisso liberatorio da dati immediati ed imminenti, un quid in movimento, di rischio, libertà, avventura, in un crogiolo di etnie, intelligenze, culture, appunto.
La forza del principio “libertà” in cui Europa ha riconosciuto se stessa ha sempre rappresentato un principio di grande tensione e lotta per la conquista della libertà, al punto che filosofi da Croce a Husserl sostengono che la Storia d’Europa è conflitto tra le filosofie e se non ci fosse stata disputa, tensione, lotta non ci sarebbe stata unità. Nella prima metà del 1900 è scaturita dalla cultura una vera diatriba tra diverse filosofie della vita, della storia, della politica, diversi modi di pensare l’organizzazione del mondo. In Europa sono convissuti drammaticamente degli opposti, in “enantiodromie” dominanti, conflitti radicali, dalla rivoluzione inglese alla rivoluzione francese: il continente dei diritti umani fondamentali da rivendicare con la ragione, la terra della resistenza antifascista attraverso i diritti umani, le rivendicazioni sociali al potere.
Quale prospettiva storica oggi?
I fantasmi dell’Europa si ripresentano continuamente esprimendosi nell’intolleranza, nel disconoscimento delle diversità, della non volontà di riconoscere e rispettare l’altro, il diverso: i fantasmi della Storia sono profondamente radicati nella mentalità comune, nella cultura nel ritorno irrazionale ai subnazionalismi, nei progetti assurdi ed obsoleti di localismi senza principio che rientrano nelle ataviche incongruenze della famosa dialettica storica, dove comunque la complessità, la ricchezza, il valore universale dell’idea di Storia d’Europa deve ancora accordare fiducia al genere umano. Dal Manifesto di Ventotene contro le politiche belliciste e militaresche del riarmo europeo.
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