La circolare Ue sul salario minimo
Quando alcuni anni fa uscì la direttiva UE sul salario minimo molti pensarono ad un a svolta epocale all'insegna della rinnovata attenzione verso le istanze del mondo del lavoro.
Non era quella la corretta analisi della realtà, la direttiva era funzionale a mantenere degli equilibri interni ai paesi UE evitando un costo del lavoro troppo basso (in alcuni paesi) che avrebbe attirato capitali e investimenti extra comunitari o determinato squilibri e tensioni interne.
La circolare è rivolta anche ad evitare concorrenze sleali di paesi comunitari dove il costo del lavoro è minore e rappresenta anche una minaccia per le economie dei paesi piu' sviluppati che non è detto siano capaci di organizzare in questi paesi dei propri distretti (ad esempio la Dacia nell'orbita della Renault, i distretti industriali italiani tra Romania e Albania, la presenza del capitale renano in vari paesi che vanno della ex Jugoslavia a quelli dell'ex patto di Varsavia
- Stabilisce un quadro per l'adeguatezza dei salari minimi legali, promuovendo la contrattazione collettiva specie dove non c'è e senza dare indicazione alcuna sulla democraticità di questa contrattazione.
- Invita gli Stati membri a migliorare l'accesso dei lavoratori alla tutela garantita dai salari minimi e l'invito è rivolto a paesi meno sviluppati in termini capitalistici
- Lascia agli Stati membri il compito di stabilire le modalità per l'attuazione, il che significa lasciare tutto invariato
- Prevede che gli Stati con salario minimo legale adottino dei criteri specifici per garantire l'adeguatezza di questo salario che se non ricordo male varia da paese a paese in base al costo della vita.
- Per gli Stati senza salario minimo legale, e con scarsa copertura della contrattazione collettiva, è richiesto solo un piano per raggiungere un livello di contrattazione adeguato.
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