Difendiamo i salari dalla inflazione

 Da una recente pubblicazione Istat (https://www.istat.it/comunicato-stampa/contratti-collettivi-e-retribuzioni-contrattuali-iii-trimestre-2025/),


a inizio Ottobre di questo anno avevamo solo 46 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica pari a poco meno del 60% del totale dei dipendenti il che dimostra come numeri straordinari di lavoratori subordinati attendano il rinnovo dei CCNL e l'adeguamento economico dei salari. 
 
I ritardi sono facilmente spiegabili con quella miseria della indennità di vacanza contrattuale che non rappresenta certo un deterrente per il ritardo dei rinnovi, basti pensare che in un solo anno i tempi di attesa sono passati da 18,3 a 27,9 mesi; per il totale dei dipendenti da 9,6 a 12mesi.
 
Se la indennità ammontasse a 60 euro netti mensili in busta paga per il primo anno, 120 euro per il secondo e 240 per il terzo, se queste cifre non fossero parte degli aumenti contrattuali ma una sorta di compensazione del mancato rinnovo, probabilmente i tempi di attesa sarebbero assai inferiori agli attuali ma per un ragionamento del genere dovremmo mettere in discussione gli accordi, sottoscritti anche dalla Cgil anni or sono.
 
Cosa è l'indennità di vacanza contrattuale (IVC)?
Parliamo di un compenso provvisorio a sostegno del reddito minacciato dalla inflazione. Davanti all'aumento del costo della vita non esiste alcun meccanismo automatico a salvaguardia del salario, dal 1° aprile 2025 al 30 giugno 2025, l'import stabilito è lo 0,6 per cento dello stipendio tabellare per passare all'1 per cento dal 1 luglio dello stesso anno. Se l'importo fosse moltiplicato per cinque i ritardi sarebbero assai inferiori, se poi la somma non venisse assorbita dagli stanziamenti previsti nel rinnovo del contratto, la situazione cambierebbe e a favore della forza lavoro lasciando ben pochi spazi alle associazioni datoriali e all'Aran.
 
La retribuzione oraria media nei primi 9 mesi è cresciuta del 3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, se vediamo il reale costo della vita siamo al di sotto di cifre che permetterebbero di salvaguardare il potere di acquisto e prova ne sia che le retribuzioni contrattuali orarie crescono solo del 2,6% in ben 12 mesi. Ironia della sorte questi dati includono due settori nei quali gli aumenti sembrano più elevati, ad esempio i ministeri e il settore della difesa. Nell'arco di un anno  la crescita tendenziale delle retribuzioni contrattuali ha subito un forte rallentamento al pari del settore industriale. Le retribuzioni contrattuali in termini reali a settembre 2025 restano al di sotto dell’8,8% ai livelli di gennaio 2021
Dove sta allora il recupero del potere di acquisto
 

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