Non può essere costruita una vera pace a Gaza finché si impone l’occupazione di Israele
Non può essere costruita una vera pace a Gaza finché si impone l’occupazione di Israele
di Laura Tussi
L’occupazione rappresenta un ostacolo insormontabile alla convivenza e alla ricostruzione di un tessuto umano e civile, non solo perché nega la sovranità e l’autodeterminazione, ma perché produce quotidianamente condizioni di vita inumane, con un popolo intero costretto a sopravvivere in una prigione a cielo aperto, tra macerie, bombardamenti e privazioni di ogni genere, e da oltre diciassette anni Gaza è sottoposta a un blocco che limita ogni libertà di movimento e di accesso ai beni essenziali, come acqua, cibo, elettricità e medicine.
Questa situazione ha determinato una crisi umanitaria senza precedenti, con tassi di disoccupazione elevatissimi, ospedali al collasso e un sistema sociale disgregato, dove intere famiglie vivono tra rovine e dolore, mentre il recente genocidio, con le sue devastazioni e i suoi sfollamenti, non è che l’ennesimo capitolo di una lunga storia di violenza e colonizzazione che ha radici profonde nella struttura stessa dell’occupazione.
Non si può continuare a raccontare Gaza come una sequenza di attacchi e rappresaglie, perché la violenza non è nata con gli eventi del 7 ottobre 2023, ma è la conseguenza di un sistema che da decenni impone check-point, confisca di terre, insediamenti illegali e bombardamenti ricorrenti, negando sistematicamente ai palestinesi il diritto di vivere liberi nella propria terra.
Secondo il diritto internazionale, ogni popolo sottoposto a occupazione ha il diritto di resistere, ma questa resistenza deve sempre rispettare le norme che vietano gli attacchi contro i civili, e spetta alla comunità internazionale non solo garantire che tale principio sia rispettato, ma anche impedire che la legittima lotta del popolo palestinese venga criminalizzata, perché la libertà di un popolo non può essere negata in nome della sicurezza di un altro.
Gli sforzi diplomatici e i cessate il fuoco negoziati negli ultimi anni hanno rappresentato soltanto pause temporanee in un conflitto che resta irrisolto nelle sue cause più profonde, perché nessuna tregua, per quanto necessaria, può trasformarsi in pace se non si affrontano le radici dell’ingiustizia, e finché si continuerà a ignorare la realtà dell’occupazione, ogni discorso di pace rimarrà vuoto e retorico.
La pace, per essere autentica e duratura, deve fondarsi su alcuni principi imprescindibili come il riconoscimento dei diritti fondamentali dei palestinesi, la libertà di movimento, il diritto alla casa, al lavoro, alla salute e all’istruzione, e soprattutto la fine dell’occupazione militare e degli insediamenti illegali, che rappresentano una costante violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite, e solo attraverso un impegno internazionale serio sarà possibile sostenere la ricostruzione e lo sviluppo di Gaza e dei territori palestinesi, restituendo dignità e speranza a chi oggi vive sotto assedio.
La pace non può essere ridotta a un equilibrio di poteri o a una tregua economica, perché nasce dal riconoscimento reciproco, dal rispetto e dalla giustizia, e costruire una vera pace a Gaza significa agire sulle cause e non solo sugli effetti del conflitto, comprendendo che nessuna sicurezza potrà mai esistere per Israele finché sarà negata la libertà al popolo palestinese.
La pace non è una concessione né una tregua imposta, ma un diritto universale che si fonda sull’uguaglianza e sulla libertà di tutti, e solo quando terminerà l’occupazione, Gaza potrà respirare, vivere e rinascere come simbolo di un’umanità finalmente riconciliata.
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