Un Governo desideroso solo di spendere per il Riarmo

 L’obiettivo del governo è quello di uscire  nel più celere tempo possibile dalla procedura di infrazione della Commissione europea che da un anno comporta all'Italia il non ambito status di sorvegliato speciale da parte di Bruxelles,  tenuta a interventi di forte riduzione della spesa per riportare il deficit sotto il 3 per cento. E in nome di questo sacro obiettivo si va delineando una manovra di Bilancio leggera, con scarsissimi investimenti, tagli ai ministeri e le spese militari in continua crescita.

 

Meloni sa bene di dovere accontentare le Banche, le grandi multinazionali che accumulano i risparmi auspicando la rapida revisione del rating da parte delle agenzie internazionali ma al contempo deve aumentare gli investimenti nel settore bellico pur raccontando che la spesa militare non crescerà troppo  e decisamente meno di quanto avverrà in altri paesi Nato. Qualche considerazione interessate, a confutare questo facile ottimismo, si può dedurre dalla analisi Milex
 
 
La riduzione dello spread presenta indubbi vantaggi, se il paese decidesse di privilegiare gli investimenti in sanità, istruzione, welfare, manutenzione del territorio avrebbe ritorni pratici ben maggiori, la differenza sta proprio nel ruolo della Finanza che spinge  nella direzione opposta agli investimenti sociali e a una legge di Bilancio basata su investimenti reali che poi avrebbero anche ricadute positive sull'economia.
Sotto sotto stanno tornando le solite litanie sull'aumento della pressione fiscale la cui crescita non allarma solo i sogni neoliberisti della Meloni ma il mondo della finanza.
Dovremmo in realtà guardare all'incremento della pressione fiscale come conseguenza dei nuovi posti di lavoro con una ripresa dal fronte occupazionale nel frattempo già tramontata ma sono proprio le agenzie di rating, il capitale Ue e mondiale a indirizzare le politiche fiscali e di Bilancio degli Stati.
 
Non avremo alcun intervento per la ripresa del potere di acquisto dei salari, questo vale per i dipendenti pubblici e per quelli privati con rinnovi contrattuali decisamente in perdita e in controtendenza rispetto agli altri paesi Ue (gli aumenti contrattuali nel nostro paese sono attorno al 5 per cento di fronte di un’inflazione pari al 17 per cento solo nel triennio 2022-2024).
 
La scelta del Governo  resta quella di portare a casa, nel 2026, la fine della procedura di infrazione , fare ben poco e soprattutto evitando  di affrontare i problemi strutturali del paese dalla soluzione dei quali dovrebbe dipendere il futuro. Evidentemente si naviga a vista, la quota dei profitti sul Pil è cresciuta a discapito di quella dei salari, veniamo da anni nei quali le imprese rinviano agli anni successivi gli interventi necessari per contenere la crescita dei prezzi ai quali la dinamica salariale non sta dietro con la progressiva perdita del potere di acquisto. E sono anni che lo Stato e la fiscalità generale intervengono sostituendosi ai datori di lavoro per aumentare i salari con interventi fiscali che privano il welfare di importanti risorse.
 
Quanti invocano la riduzione delle tasse per favorire il mercato chiedono allo Stato di sostituirsi ai padroni che non sborsano un euro per la ripresa del potere di acquisto dei salari. E sempre i padroni saranno i primi a scappare via qualora il nostro welfare necessitasse di aiuto per sostenere i crescenti costi sociali avendo per altro meno risorse a disposizione.
 

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